Una bandiera nera dello Stato islamico sventola in cima all’Obelisco di Piazza San Pietro. È questa l’immagine di copertina che i terroristi hanno scelto per il quarto numero della loro rivista Dabiq, uscita domenica, intitolata “La crociata fallita”.
LA “CROCIATA”. Quando parlano di “crociata”, i jihadisti fanno riferimento alla coalizione di paesi occidentali e arabi guidata dagli Stati Uniti di Barack Obama per «distruggere lo Stato islamico». Da un mese la guerra si concentra a Kobane, città siriana di frontiera a un passo dalla Turchia. La città, abitata prevalentemente da curdi, è ancora sotto assedio nonostante gli americani bombardino da giorni le postazioni dello Stato islamico e i curdi difendano la città con i loro uomini.
GUERRA PER KOBANE. Dall’inizio della guerra per Kobane sono già morte più di 500 persone. Circa 200 mila curdi si sono rifugiati in Turchia lasciando la città, considerata strategica dai terroristi: la presa di Kobane consentirebbe infatti agli islamisti di consolidare il dominio nel nord della Siria, assicurando rifornimenti e vie di fuga ai miliziani di Raqqa, collegandoli senza interruzioni alla città di Aleppo.
TURCHIA E CURDI. La battaglia potrebbe essere decisa dal comportamento della Turchia, che per il momento ha deciso di non intervenire per fermare i terroristi ma ha bloccato i curdi che vorrebbero varcare la frontiera ed entrare in Siria per aiutare la città a difendersi. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non vuole aiutare i curdi che difendono Kobane perché sono affiliati al Pkk, in aperto conflitto con Ankara da 30 anni. Lo stesso Erdogan ha dichiarato nei giorni scorsi: «Per noi il Pkk è come lo Stato islamico».
Contro Erdogan hanno sfilato i curdi di tutta Europa, scendendo in piazza a Parigi, Barcellona e Dusseldorf. In Turchia, i curdi si sono scontrati contro i nazionalisti e le forze dell’ordine in diverse città. Decine di curdi sono stati arrestati, molte le vittime.