
La verità è che a noi italiani della Nazionale non frega una cippa

A metà strada tra l’Europeo vinto e il Mondiale che non vinceremo perché non ci andremo – Roberto Mancini dixit il contrario e io gli avevo creduto: Gianni, l’ottimismo è il profumo della vita – un fatto lo possiamo evidenziare: a noi (italiani) della Nazionale non ci frega una cippa.
«Chi vince lo scudetto?»
Sono il fondatore della Lega per la non citazione dei tassisti, dei baristi, dei linotipisti, degli edicolanti, insomma del cosiddetto uomo della strada negli articoli, ma questa ve la devo dire. Il giorno della partita con la Macedonia (del Nord lo direte voi, dove sta la Nazionale della Macedonia del Sud?) ho incontrato varie persone. Solo una mi ha chiesto qualcosa di calcio, il mio fitness (si fa dieci chilometri di bici in salita al giorno) edicolante. E l’argomento non era la Nazionale, ma il campionato e il tizio, milanista, a cui qualche mese fa avevo detto che lo scudetto lo vinceva il Napoli, mi ha chiesto se lo pensavo ancora, garrulo per il primo posto della banda Pioli.
A noi, della Nazionale, paradossalmente, interessa di più in un momento come questo, così possiamo dare il meglio di noi stessi, cioè straparlare, riprenderci il nostro ruolo primario, quello più diffuso, prima di essere soppiantato da altri. Cioè possiamo ritornare a essere 60 milioni di commissari tecnici, abbandonando per un momento i grembiuli da cuochi, i camici da virologi, le cartine da strateghi, le grisaglie da analisti di geopolitica.
I discorsi sulla crisi del calcio italiano, gli stessi dal 2010
Tutti hanno ragione, nessuno a ragione. Da chi voleva Scamacca e Zaniolo a chi pensa che Immobile, oltre il Tevere perda i superpoteri, da chi crede che gli stranieri uccidano i giovani talenti italiani a chi invoca una maggiore collaborazione tra Figc e club, ma i club sono guidati dal presidente della Lazio Lotito e costui la collaborazione la concederà solo quando, oltre alla Lega, controllerà anche la Federcalcio. Cari, sono discorsi che facciamo dal 2010, da quando finimmo la sbornia del Mondiale 2006 e in Sudafrica venimmo eliminati da un congrega di pippe mai viste, Paraguay, Slovacchia e Nuova Zelanda. E le riforme, e i settori giovanili, e il calcio sostenibile. Sono pallottole a salve e scusate la metafora guerresca. Non cambierà nulla.
Qui siamo. A un Paese di campanili e di ct che da dopodomani, via due giorni di sproloqui ve li concediamo, torneranno a cucina, pandemia e Ucraina, a seconda dell’argomento dominante. Liberi tutti. Ho sentito Adani esaltare l’umile Macedonia. Se la Juventus del suo nemico Allegri giocava allo stesso modo le sue pernacchie arrivavano fino a qua. Ho sentito di una Nazionale spenta dopo l’Europeo. Ma quando? Fratelli, una cosa che gli opinionisti non vi diranno mai (anche perché sarebbe finito il loro mestiere) è che nel calcio contano gli episodi, possiamo affrontare tutto lo scibile umano/calcistico da diverse angolazioni, ma alla fine, il pallone è come lo spirito, rotola dove vuole: se Jorginho segna uno dei due rigori contro la Svizzera, dominata sia all’andata che al ritorno (meno ma sempre dominata) adesso discorreremmo d’altro. Ma non ci possiamo lamentare, chi di rigori ferisce eccetera.
Ma quale dramma nazionale, a nessuno interessa
Domani avremo somatizzato, tranquilli. Siamo sopravvissuti alla grande al Mondiale 2018 davanti alla tv, certo, quello era tra giugno e luglio e si potevano fare i barbecue e gli aperitivi in terrazza, mettersi in bermuda e fare il bagno. Sopravviveremo anche a questo, anche se potremo distrarci di meno. Dodici anni senza il Mondiale, piangono i giornali. Eh, sì, i giornali, specie quelli sportivi, hanno bisogno dei grandi tornei, specialmente se l’Italia fa bene. Ma tutti voi da domani ve ne sbatterete come ve ne sbattete sempre della Nazionale per cui fate il tifo dalle semifinali in poi.
Post scriptum. Per favore, non cominciate con la solfa del dramma infantile, dei bambini che cresceranno senza il Mondiale, delle generazioni perdute. Ma dove? I bambini si adattano in situazioni peggiori, figuriamoci se possono sostituire il Mondiale con Netflix, Amazon, Disney Channel, le chat i social e via così. E poi non capisco perché dovrebbero soffrire con dei genitori menefreghisti dell’azzurro come voi.
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