«Non possiamo permetterci zone franche per il terrorismo internazionale, ma qui rischiamo che l’intera Africa diventi una piattaforma per il terrorismo e altri traffici». Non fa riferimento solo alla Libia Marco Minniti, sottosegretario con delega ai servizi segreti, ma anche al Mali, alla Nigeria, al Corno d’Africa.
«INVERNO ISLAMICO». Secondo un rapporto diffuso dalla fondazione Icsa – che raggruppa le migliori menti dei nostri apparati sui temi di difesa, sicurezza e intelligence – anche per l’Italia l’allarme terrorismo è concreto a due anni dallo scoppio della cosiddetta “Primavera araba” e della guerra in Siria. «Altro che Primavera – commenta in realtà il ministro dell’Interno Angelino Alfano – siamo di fronte all’Autunno arabo e ho paura dell’Inverno».
Secondo Icsa, il terrorismo islamico si rafforza alle porte del Mediterraneo: «In una vastissima area si sta realizzando una saldatura non solo ideologica ma permeata anche da interessi economico-criminali tra le diverse formazioni jihadiste, con la creazione di veri e propri santuari del terrorismo».
MIGRANTI FONDAMENTALISTI? L’Italia non è indenne da questo pericolo a causa del costante arrivo di migranti: «Con i migranti rischiamo di importare non il terrorismo, ma il fondamentalismo su tutto il territorio comunitario – afferma il capo della polizia Alessandro Pansa – Anche il tipo di accoglienza rischia di alimentare il fondamentalismo, e onestamente l’Europa non li accoglie bene».
Secondo Alfano, i migranti «vengono da noi perché cercano libertà, democrazia e benessere. E quando l’immigrato clandestino non trova quel che si attendeva, si genera frustrazione e quindi disponibilità a farsi reclutare».
ALLARME TERRORISMO. L’allarme è simile a quello lanciato dal ministro degli Esteri Emma Bonino due settimane fa: «Ci sono sospetti che dalla Libia fra i vari disperati ci siano anche provenienze di jihadisti o qaedisti su una via europea, che tra l’altro è uno dei metodi che hanno usato spesso. Terrorismo? Non so dire ma è una minaccia alla sicurezza».
Parole confermate dal ministro della Difesa Mario Mauro: «Noi abbiamo un mare di informazioni. In Libia ci sono trenta brigate che combattono una contro l’altra. Un contesto frammentato in cui si infiltrano gruppi di diverse tendenze. Ne abbiamo parlato con i servizi, che ci hanno messo sempre in guardia su questo».