L’Isis sgozza donne e bambini in un campo profughi

Di Redazione
04 Maggio 2017
Almeno trentasette civili uccisi nel campo profughi di Rejm Sleibi al confine tra Siria e Iraq. Sono stati attaccati da jihadisti armati di spade e coltelli
This photo provided by Azaz Media Office, a Syrian anti-government activist group, which has been authenticated based on its contents and other AP reporting, shows Syrian citizens and civil defense workers gathering next of burning car at the explosion scene, in Azaz town, north Syria, Wednesday, May 3, 2017. Syrian activists say a large explosion in a northern town along the border with Turkey has killed and wounded several people. (Azaz Media Office via AP)

Articolo tratto dall’Osservatore romano – Donne e bambini sgozzati o feriti gravemente con armi da taglio e decine di uomini rapiti. È questo il tragico bilancio di quanto accaduto nella notte tra lunedì e martedì nel campo profughi di Rejm Sleibi al confine tra Siria e Iraq. L’attacco è stato sferrato da militanti del cosiddetto stato islamico (Is). I miliziani provenivano dall’Iraq e hanno sorpreso le forze curde che pattugliano la zona vicina al fronte di guerra mentre era buio e imperversava una violenta tempesta di sabbia.

La notizia è stata diffusa da un operatore di «Un ponte per», organizzazione non governativa italiana che opera nella zona, secondo il quale i civili uccisi sarebbero non meno di trentasette. Secondo le fonti, l’attacco è avvenuto alle 2 circa di martedì mattina ed è stato sferrato prima contro un posto di blocco controllato dai curdi e poi contro un centro temporaneo di accoglienza di civili in fuga dalle zone nelle mani dei terroristi dell’Is nelle regioni siriana di Dayr az Zawr e irachena di Anbar.

Prima che arrivassero i rinforzi curdi per contrastare l’attacco, i militanti dell’Is sono riusciti a deportare in Iraq decine di uomini, di cui non si conosce il numero preciso né tantomeno la sorte. Nel corso degli scontri, aggiungono le fonti, sono stati presi di mira i civili, in particolare le donne e i bambini che sono stati attaccati con coltelli e con spade. Attualmente ci sono ancora trenta feriti negli ospedali locali e quindici persone sotto shock. Non si hanno invece dati certi sul numero di miliziani curdi e di jihadisti morti nell’attacco.

La strage si è verificata a ridosso del vertice tra il presidente russo, Vladimir Putin, e quello turco, Recep Tayyip Erdoğan, che si sono incontrati a Sochi con diversi obiettivi tra i quali quello di stabilire un piano d’azione diplomatico proprio sulla Siria. I due capi di stato si sono detti d’accordo sulla creazione di cosiddette «zone a tensione ridotta», che potrebbero essere quattro, nelle quali dovrà essere evitato ogni scontro tra ribelli e governativi.

L’idea sarebbe partita dai diplomatici russi e inoltrata anche ad Astana, dove è in corso il quarto vertice sulla Siria, per sottoporla alle delegazioni turca e iraniana. La proposta sembra piacere ai negoziatori. L’inviato speciale del segretario generale delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura, ha parlato di «progressi seri», malgrado i ribelli abbiano abbandonato il tavolo negoziale a causa dei raid aerei governativi nelle zone da essi controllate.

In conferenza stampa, Putin ha precisato che, se la tregua verrà rispettata scrupolosamente, in queste zone cuscinetto saranno anche «vietati i voli aerei». Si tratterebbe quindi di una «no-fly zone» che rappresenterebbe una novità sostanziale. Lo stesso Erdoğan, prima dell’incontro, si era detto «sicuro» che i passi che Russia e Turchia compiranno insieme in futuro «cambieranno il destino di tutta la regione».

Foto Ansa/Ap

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