«Oggi si compie un genocidio sotto gli occhi di tutta l’umanità e nessuno fa niente per questa gente»

Di Rodolfo Casadei
27 Dicembre 2014
Intervista a Nicodemus Daoud Matti Shara, arcivescovo metropolita di Mosul e di tutto l’Iraq settentrionale. Dal nostro inviato a Erbil

Immagine 2DAL NOSTRO INVIATO A ERBIL (IRAQ). Per i siriaci ortodossi, antica Chiesa pre-calcedoniana, è l’arcivescovo metropolita di Mosul e di tutto l’Iraq settentrionale, ma per il resto del mondo è il vescovo che piange: Nicodemus Daoud Matti Sharaf è un omone di 38 anni che ricorda Giuliano Ferrara nel fisico e nel colore della barba (però molto più curata), ma che si è sciolto in lacrime quando, in un’intervista videoregistrata di qualche tempo fa, ha ricordato che per la prima volta in 1.500 anni i siriaci non potevano celebrare la festa di santa Simona (la madre dei martiri Maccabei) nelle loro chiese, fra le quali una in Qaraqosh dove un’immagine della santa e dei suoi figli martirizzati apparirebbe miracolosamente su di una parete. Come gli altri vescovi costretti all’esodo da Mosul e da Qaraqosh, anche Sharaf oggi vive a Erbil, dove ci ha ricevuto e ci ha rilasciato un’intervista in inglese.

Metropolita, che giudizio dà su quello che è successo ai cristiani dell’Iraq settentrionale? Perché questo esodo?
I nostri problemi dipendono dal fatto che da dieci anni viviamo in un paese senza legge, senza un vero governo. Quando è un paese è senza legge, le prime a pagare sono le minoranze religiose: per loro diventa impossibile vivere in quel luogo. Nessuno può difenderci tranne la legge, ma siccome la legge non c’è più, non possiamo più vivere dove abbiamo sempre vissuto.

Come vivono ora i suoi fedeli, in che condizioni si trovano?
Nei centri per gli sfollati la gente è ammassata nei prefabbricati o nelle tende, in condizioni ambientali pessime. Non hanno più nulla perché hanno dovuto abbandonare le loro case senza riuscire a portare con sé nulla. Ora gli è stata tolta loro anche la dignità, perché non c’è più la privacy della vita familiare.

Ci sono dei non-cristiani che vivono insieme ai cristiani in questi centri per i profughi?
Sì, ci sono piccoli gruppi di yazidi e di kakai (un’altra minoranza religiosa – ndr) che vivono pacificamente coi cristiani, come pacificamente convivevano con noi nei villaggi e nelle cittadine della piana di Ninive, insieme a shabak e turcomanni. Non c’erano problemi, vivevamo in pace, così come ora.

Nella città yazida di Sinjar c’era una piccola minoranza di cristiani siriaci ortodossi. Che notizie ha di loro?
Sono fuggiti tutti prima che arrivassero quelli del Daesh, ma una famiglia di 10 persone che adesso si trovano a Kirkuk è stata intercettata e due uomini del nucleo familiare sono stati rapiti. Di loro non sappiamo nulla fino ad oggi.

State ricevendo aiuti, nazionali e internazionali? Chi vi sta aiutando?
Ci sono molte organizzazioni che ci aiutano. Quelle dell’Onu come l’Unhcr e il Pam, e quelle private come World Vision. Ma i nostri bisogni sono grandi, perché grande è il numero della nostra gente: solo i cristiani in condizioni di bisogno sono 120 mila, e il governo di Baghdad non ci dà nulla. Hanno deliberato di versare a ogni famiglia sfollata un milione di dinari (pari a 870 dollari Usa – ndr), ma fino ad ora solo la metà delle famiglie che ne hanno diritto li hanno ricevuti. È una cifra ridicola per famiglie che da quattro-cinque mesi non hanno più nulla. E hanno bisogno di tutto: cibo, vestiti, medicine, assistenza sanitaria, la scuola per i figli. Perché la loro vita è stata sconvolta.

Lei fa parte del Comitato dei vescovi che raccoglie e distribuisce aiuti. Come li state gestendo?
Facciamo quello che possiamo. Abbiamo pagato 250 prefabbricati per i profughi, stiamo versando gli affitti per 700 appartamenti; ci facciamo carico degli interventi chirurgici urgenti e contribuiamo per altri beni essenziali: cibo, acqua, elettricità. Gli affitti costano 500-700 dollari per case di tre stanze nella periferia di Erbil.

Che notizie avete degli edifici ecclesiastici nelle città occupate dall’Isis?
Poche notizie, oltre a quella che tutte le croci all’esterno delle chiese sono state rimosse. Io so che la mia cattedrale a Mosul è stata trasformata in una moschea e che usano le chiese come negozi, pensionati, magazzini, centri di detenzione. Ma quello che ci fanno dentro non lo sappiamo.

Lei sa dirci quanti cristiani della sua Chiesa hanno abbandonato l’Iraq e quanti restano?
No, posso solo dire che alcuni se ne sono andati. Ma il punto è che se questa situazione durerà, se ne andranno tutti.

Come ha vissuto questo Natale? In che misura è stato diverso da quelli del passato?
Abbiamo vissuto il Natale nella preghiera, nelle Sante Messe, dentro alle chiese; ma fuori dalle chiese non c’è stata festa. Come si può festeggiare quando la gente si trova in questa situazione? Non si possono provare i sentimenti di pace e letizia del passato, solo sentimenti amari.

Lei ha speranza per il futuro? In che cosa spera?
In quanto cristiani, siamo figli della speranza. Sempre abbiamo speranza. Ma la nostra speranza è in Dio, solo in Lui. Non nei governi, non nei politici. La nostra speranza è che Dio muova la Sua mano e cambi la nostra situazione.

Dagli uomini non si può sperare nulla?
Fra un anno sarà il centenario del genocidio degli armeni ma anche del genocidio assiro (fra i 270 mila e i 750 mila morti nel periodo 1915-1920) compiuto sul suolo turco. Oggi viviamo un nuovo genocidio contro la nostra gente, che non consiste tanto nell’uccisione dei corpi, ma nell’uccisione delle anime, della nostra stessa umanità, della nostra dignità: è una nuova forma di genocidio. Il primo genocidio avvenne quando non esistevano la democrazia, i diritti umani, le Nazioni Unite. Ma oggi, cento anni dopo, nell’era della democrazia e dei diritti umani, delle Nazioni Unite, si compie un genocidio sotto gli occhi di tutta l’umanità e nessuno fa niente per questa gente. Questo è male. Questo è una vergogna.

@RodolfoCasadei

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12 commenti

  1. Menelik

    Gli Italiani che si oppongono allo sfruttamento degli idrocarburi nel nostro sottosuolo e nei nostri mari sono indirettamente alleati dell’isis.
    Coloro che si oppongono a qualunque risorse energetica che faccia diminuire il fiume di petroldollari diretto dall’Occidente verso il Medio Oriente sono indirettamente alleati dell’isis.
    Coloro che si sono contrari all’uso delle armi per contrastare l’isis di fatto sono indirettamente alleati e fiancheggiatori degli stessi.
    L’Italia ha scelto la strada che ha portato l’isis ad essere ricchissima ed in grado di pagare mercenari ed armi, e ha deciso di allontanarsi da tutto ciò che non giovi all’isis.
    Non avremo risorse per l’autosufficienza, ma intanto per dare un bel ridimensionamento a quel fiume malefico di petroldollari, è nella nostra facoltà.
    Altra gente che moralmente ne esce con le ossa rotte, sono tutti quegli scoppiati nel cervello che vietano il presepe a Natale o favoriscono la rimozione dei crocefissi dalle aule per non offendere i musulmani, come quel preside di Bergamo o quello friulano.
    Quei presidi offendono l’italianità.
    In America mettono anche la bandiera nelle aule scolastiche, E FANNO BENE, da noi no, perché, con il crocefisso, potrebbe offendere la sensibilità dei ragazzi di famiglie musulmane i quali per la maggior parte, non potrebbe fregargliene di meno dell’islam, e l’ho constatato personalmente.

  2. Skanderbeg

    Purtroppo l’Europa non è più cristiana: gli occidentali non credono più o credono a quello che li fa comodo mentre anche chi crede vuole passare per progressista, emancipato, moderno o, come ha detto qualcuno, un “cattolico adulto”… Gli europei potrebbero essere spinti ad intervenire in nome dei “diritti umani” ma in realtà chiedete in giro se vogliono la guerra… No no no ma d’altronde ci sta la crisi, il senso d’impotenza, la chiusura in se stessi magari semplice codardia o egoismo chi sa…
    Ma io un po’ li capisco: se ripenso a com’era la Siria prima che Obama si mettesse a giocare a fare il rivoluzionario con il sangue degli altri, all’Iraq prima di conoscere le meraviglie della democrazia, alla Libia prima dello sbocciare della primavera araba. Insomma è l’Occidente è invischiato fino al collo nel disastro della fitna che attraversa il mondo arabo di oggi e non sembra fare nulla per cambiare passo e promuovere la stabilità.
    Per esempio si potrebbe sostenere l’introduzione del regime monarchico, magari di un discendente del profeta, anche negli altri paesi arabi: in Marocco e in Giordania lo Stato resiste ancora mentre Libia, Iraq, Egitto da quando hanno cacciato il re sono scivolati su una china di colpi di stato, guerre, instabilità. Queste sono solo parole in libertà ovviamente ma potrebbe essere una soluzione originale.
    Per quanto riguarda la Cristianità, io è da qualche mese a questa parte che predico: ri-evangelizzare il Continente, convocare una specie di Concilio di Trento che imponga disciplina morale e spirituale al clero, ricomposizione dello scisma almeno con la Chiesa Ortodossa.

  3. Mappo

    E’ semplicemente disgustoso che anche di fronte alla tragedia di un popolo qualcuno trovi l’occasione per tirare fuori il suo squallido antisemitismo accusando Israele di essere dietro l’ISIS e addirittura di comprarne il petrolio e questo contro ogni considerazione logica, economica, geografica e di puro buon senso.
    Vero signor Marco Sousa Ferrari? A quando la scoperta dei Protocolli dei saggi di Sion?

    1. Cisco

      @Mappo
      Perfettamente d’accordo, e’ una vergogna. Ma il complottismo e l’antisemitismo sono purtroppo capaci di far leva sull’ignoranza e la presunzione di certa gente, che la rete amplifica a dismisura. E’ il prezzo da pagare per avere un rete “libera”.

  4. Raider

    Se anche il mons. è convinto che dietro l’Isis ci sia l’Occidente, allora, non si capisce perché chieda aiuto all’Occidente: lo chieda a gente di cui si fida di più. Altri, presi nelle paranoie complottiste per cui tutto è complotto, se l’Occidente interviene contro i jihadisti che l’Occidente arma e foraggia per i suoi sporchi interessi,dirannio che l’Occidente lo fa per questi sordidi motivi e quindi ha torto, chissà che c’è sotto e cosa c’è da aspettarsi.
    D’altra parte, se dietro l’Isis c’è Israele, appllearsi all’Occidente è ugualmente senza senso, perché:
    – l’Occidente, nella sua accezione Ue, marcia verso il riconoscimento di Hamas e su Israele ha sempre meno ascendente;
    – gli U.S.A., malgrado l’attuale stato dei rapporti (pessimi) fra l’amministrazione di mr. Obama – sempre così ossequiosa verso l'”Islam, religione di pace” – e Israele, sono ancora alleati: quindi, auspicare che l’uno, come Occidente atlantico, intervenga su/contro l’altro equivale all’invocazione al jihad come suprema espressione del Cristianesimo da scatenare contro la “triade diabolica” o forse diade, dato che il Gran Muftì dell’Arabia Saudita e dunque, l’Arabia Saudita, ha sconfessato l’Isis come anti-islamica: anche in questo caso, un controsenso, se si parte dal presupposto che la colpa sia dell’Occidente.
    Sembra, poi, a sentire ora gli appelli, espliciti o larvati, contro IsIsraele, che i cristiani dell’Iraq e della Siria siano rimasti fermi, con la mente in blocco e con tutto il col cuore, ai regimi autoritari caduti o barcollanti, forse, anche un po’ sanguinari, di Saddam e di Assad pére, senza contare gli altri regimi islamici a doppio standard: quando i cristiani godevano di uno status privilegiato che, oggi, spiega risentimenti jihadisti e non di cui, però, far carico l’Occidente da cui ci si aspetta aiuto. Potevano protestare anche quando erano fatti a pezzi oppositori politici, minoranze tribali, appartanenti a clan rivali: invece, niente. Anche allora, attacchi a Israele, e va bene: e appelli all’Occidente a farsi i fatti suoi, per carità, facendo affari con i più o meno cari dittatori, ch noi stiamo bene così, grazie.
    Le dietrologie non finiscono mai: mentre quello cui assistiamo legittima gli egoismi di tutti: senza che questi spieghino, però, il jihadismo che gli islamici coltivano come un fiore del deserto, una pianta dalle solide radici fin dentro la modernità. Estirpare l’uno senza mortificare l'”Islam, religione di apoce”, sembra piuttosto difficile: e non si cpaisce perché questo dovrebbe essere compito degli occidentali, con tutti gli immigrati che ci siamo messi in casa. Si dica che è meglio smettere di acquisitare petrolio, sia dall’Isizs che dai suoi nemici: visto che sembra più realistico e non violento e anzi, cristianissimo auspicare guerre contro satana grandi, piccoli e di taglia media.

  5. Brun Dore

    Il vescovo non fa alcun riferimento ad Israele!!!!
    Piuttosto a chi compra il petrolio da ISIS.
    Per ragioni storiche, geografiche e per quanto posso documentarmi ritengo molto più probabile che i commerci avvengano attraverso la Turchia.
    Se sono disponibili serie prove del coinvolgimento di Israele rivedrò le mie considerazioni,.Nel caso contrario invito i responsabili a cancellare il commento. E

    1. yoyo

      E perché dovrebbe farlo? Mica è un antisemita paranoico come te.

      1. Bruno Dore

        antisemita paranoico??

        evidentemente non hai letto bene (o non sei in grado di comprendere quanto scritto)

        prova a rileggere compitando ad alta voce”

  6. Leonardo

    In altri tempi, tempi in cui l’Europa poteva ancora definirsi autenticamente cristiana, tempi in cui erano gli stessi Santi (Santa Caterina) a consigliare in tal senso i Pontefici, sarebbero state indette (ed a piena ragione) delle Crociate. Ma purtroppo questi sono i tempi in cui il massimo che si sente udire dai Pontefici sono cose del tipo “fermateli” (ripeto: “fermateli”, non arrestateli, o fateli tornare da dove sono venuti, ma “fermateli”) “senza bombardare”. Chiaro che poi quegli orchi dell’ISIS, abitanti di questo regno di Mordor contemporaneo, hanno gioco facile. Sarà forse Putin il nuovo Aragorn? Saluti.

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