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I siciliani non hanno nessuna fretta di sprofondare in Africa

Dopo la sòla Rosario Crocetta, ci penseranno bene prima di farsi un altro trip a Cinquestelle. Vedrete, plebisciteranno Nello Musumeci

Luigi Amicone
26/09/2017 - 3:00
Interni
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crocetta-ansa

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Citarsi è un po’ imbrodarsi. Però, adesso che quella brodaglia riscaldata che è la sinistra insiste nel patrocinare leggi scellerate – vedi lo Ius soli (e cose gli regalerete poi al migrante? Ottanta euro per farci una tessera Pd?) o vedi il povero Fiano dell’antifascismo militante (di nuovo? Ma leggetevi Giampaolo Pansa) – beh, penso che nonostante la buona compagnia di cardinali del sottozero di consenso popolare, i fessi con la cresta (Renzi), le pance piene (Bersani), i benpensanti (Pisapia), si debbano preparare a una bella serie di stangate elettorali (si comincia in Sicilia), previste in questa rubrichina già quattro mesi orsono, allorché conclusi il mio santino ambulante con un «Berlusconi secondo me non sbaglia a puntare a vincere le elezioni con il 20 per cento di Forza Italia, il 15 di Salvini e il 5 della Meloni» (Tempi, 8 giugno).

C’è ancora un po’ di lavoro da fare. Ma come state leggendo nei sondaggi, il finale azzurro, blu e tricolore, sembra sulla buona via di certificazione. Oggi il centrodestra unito è in testa con un buon 35 per cento. Ancora un piccolo sforzo da parte dei compagni della cittadinanza regalata (e perciò annunciata a tutta l’Africa e Medio Oriente: coraggio, venite qui in Italia a fare figli) e vedrete che quando giù a Roma si decideranno a farci votare il centrodestra arriverà al 40 senza neanche scomodare la magistratura democratica nelle retate o nel blocco dei conti che ha fatto fare bingo alla comunicazione leghista a Pontida. L’ho scritto anche al mio presidente. Certo, intanto bisogna vincere in Sicilia – è l’unica cosa giusta che ha detto D’Alema: «Cretino chi pensa che la Sicilia non sia un test nazionale». Ma è sicuro che vinceremo noi. Primo, perché i siciliani sono intelligenti. Secondo, perché tengono alla “roba”. Tranquillo, presidente. Hanno visto cosa ha combinato la Raggi a Roma e cosa non sta combinando l’Appendino a Torino. I siciliani non hanno nessuna fretta di sprofondare in Libia.Dopo la sòla Rosario Crocetta, ci penseranno bene prima di farsi un altro trip a Cinquestelle. Vedrà, plebisciteranno Musumeci. E il centrodestra. Che anche in Sicilia è il meno peggio che c’è.

Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome
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Dopo di che, non pago, ho descritto al mio capo politico quella che secondo me è la questione che giganteggia sull’orizzonte di qualsiasi partita elettorale. Locale, nazionale, europea. Ecco, se aveva ragione san Giovanni Paolo II (e aveva ragione, e anche di più) nel prevedere che «o l’Europa sarà cristiana o non sarà», Berlusconi è l’unico politico che abbia definito il proprio partito con l’aggettivo «cristiano». Un’intuizione portentosa. Visto poi che secondo gli intelligentoni è roba che non si porta, non fa trend, non cattura voti. E pure gli uomini di Chiesa se ne vergognano un po’ nella loro ansia di rendersi presentabili (leggi: mantenersi a cavallo). Pensando, gli uomini di Chiesa, che sia addirittura un “dare il buon esempio” la loro buona volontà di “farsi prossimo” ritirandosi davanti al nichilismo in nome di un astratto concetto di “dialogo” e di una falsa idea di “rispetto”. Si è visto cosa ci ha portato questo cosiddetto “buonismo”. Confusione nostra. E invasione altrui. Dunque, anche il semplice qualificarsi di partito e di un programma politico che vuole avere le basi lì, nel cristianesimo, sarà elettoralmente cruciale. Non per fare della semplice propaganda. Ma per riconoscere come stanno le cose. A livello elementare.

Ha già detto tutto Erdogan
Già, perché hai voglia a farti le “narrazioni” nativodigitali che ti fa la sinistra. Demografia e composizione sociale sono lì a dirci che la bell’epoque dei consumi narcisisti e dei miti della scienza non potranno a lungo sottrarsi al problema della visione religiosa della vita. Tra l’altro, cosa predicava politicamente Erdogan da capo di partitino islamico che a inizi anni Novanta non contava più del 2 per cento in Turchia? Predicava il «conquisteremo l’Europa come la conquistarono i ottomani, con i nostri migranti». E cosa predica l’Erdogan di oggi, da grande politico e padrone della Turchia (e del Mediterraneo?) qual è diventato, in perfetta consonanza con il proprio passato? Che «basta che ogni musulmano faccia cinque figli e l’Europa è presa».

Il terrorismo è un’emergenza grave, ma passeggera. La sfida radicale e duratura è questa. E non c’è che una soluzione: o loro si cristianizzeranno e godranno delle libertà cristiane. O noi ci islamizzeremo e godremo della restrizione delle nostre libertà. Questa è la situazione a livello popolare. Mentre a livello dei capitali che si muovono con un “clic” da un continente all’altro, è vero, non c’è alcun problema religioso alle viste. Talché, nel nome di “Franza o Spagna”, già adesso le élite concludono grandi affari sotto la moschea. E fanno un grande mazzo così a quelli che stanno sotto san Pietro.

@LuigiAmicone

Foto Ansa

Tags: africacentrodestraMovimento 5 StelleRecep Tayyip ErdoganRosario CrocettasiciliaTurchia
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