I pm allenati dai media truccano le partite per dare cappotto al premier
Dopo che bande di scalmanati avevano per l’ennesima volta assediato tutto il giorno il Parlamento, insultando e aggredendo i rappresentati eletti dal popolo, nella tarda serata di ieri i siti dei maggiori quotidiani nazionali (e le prime pagine odierne, per chi legga ancora i giornali) gridavano in esclusiva di Pulcinella una delle intercettazioni delle telefonate (“caso Tarantini”, in attesa delle altre centomila registrazioni) intercorse tra il presidente del Consiglio e l’ex direttore del quotidiano Avanti. Tutto ciò a riconferma che la pratica dello sputtanamento e della gogna hanno assunto in Italia forme così parossistiche e caricaturali da essere oggetto di una farsa irrefrenabile, diuturna, legale. E non è che ammettano: “E’ il commercio, bellezza, i clic e le tirature si fanno con le carte delle procure, le spiate, gli origliamenti e i buchi della serratura”. No, ammantano tutto lo sputtantour di “diritto all’informazione”.
E’ evidente che la Costituzione non c’è più, non c’è più alcuna distinzione tra un cittadino qualunque che finisce nei tabulati telefonici di un’inchiesta, testimoni, indagati; non c’è più alcuna presunzione di innocenza, nessuna necessità di fare processi nelle aule giudiziarie; non c’è più remora alcuna alla violazione della divisione dei poteri, della sovranità popolare, del diritto, della privacy, delle garanzie, del rispetto della dignità delle persone, eccetera. Siamo ormai come in un campionato di calcio completamente taroccato, dove è perfettamente inutile che le squadre scendano in campo (su convocazione dell’allenatore-elettore), giochino la loro partita (confronto parlamentare) e vinca il migliore (governa chi ha più voti). Niente di più insolito per una democrazia: giocano alcuni magistrati allenati dai media e la massa dei cittadini-elettori sta a guardare. Al momento si prospetta un cappotto contro il leader del centrodestra.
Ma non è escluso che via lui, risucceda quel che era cominciato con Totò Di Pietro e poi risuccesse al governo Prodi, con l’arbitro che decretò la fine del governo, si tolse la toga, indossò la casacca di partito, vinse la poltrona di europarlamentare e poi quella di sindaco di Napoli grazie al comitato elettorale di televisioni e giornali. Chissà, adesso, dopo vent’anni di dai e dai, magari può finalmente accadere che tra Napoli, Milano, Roma, Palermo e Bari, spunti una nazionale di fischietti e vinca lo scudetto. Complimenti. Continuate a mescolare crisi economica e odio per la politica. Scalmanati di piazza e ribalderia giudiziaria. Quando la miscela dei fuochi d’artificio esploderà, scommettiamo che, come la storia insegna, alla fine lo scudetto lo vince il caos o un fascismo qualsiasi?
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