
I 26 mila zombie cui San Patrignano ha ridato una testa, un cuore e due mani

Articolo tratto dal numero di gennaio 2021 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.
Questa è la storia di 26 mila risorti. Migliaia e migliaia di Lazzaro che la droga ha sepolto in una tomba che non è una tomba, in una vita che non è vita, in un limbo che è solo disperazione: zombie, “morti viventi”, appunto. Respirano, ma non ci sono. Si muovono, ma senza meta. Tutto in un abbraccio è il libro di Giorgio Gandola che già nel titolo ci dice il metodo con cui Vincenzo Muccioli ieri, e i suoi discepoli oggi, hanno “ridato vita” agli zombie che si accalcavano al cancello della comunità di San Patrignano. Un abbraccio fisico, possente, deciso in tutto: nel dettare le regole, nell’offrire affetto, nel comunicare in una stretta che la vita è sì “dipendenza”, ma non dalla droga.

Gandola fa parlare i protagonisti che hanno dato vita alla più grande comunità terapeutica d’Europa, dalle origini a oggi, passando dentro la carne di migliaia e migliaia di vite bucate che hanno poi avuto la loro resurrezione terrena (nessuna edulcorazione: è sempre una lotta). Quella del “Sanpa” è una grande storia di ospitalità senza secondi fini, senza interessi occulti, senza tornaconti (nessun ospite paga un euro).
La gigantesca sala da pranzo
Ci sono migliaia e migliaia di vicende, di vite stravolte e cambiate, oseremmo dire “indirizzate” verso un senso, un compimento, uno scopo. Sempre dentro un lavoro (il lavoro era una delle “sante fissazioni” di Muccioli), sempre dentro un ordine, sempre dentro una bellezza (altra “santa fissa” del fondatore) e sempre dentro, diciamolo con una parola, un grande senso di carità, cioè di un amore all’altro che non pone altra condizione se non quella di essere accettato. «In tutto il tempo che abbiamo vissuto insieme – dice Antonietta per spiegare chi fosse Muccioli – non ho mai visto nessuno che, avvicinandosi per chiedergli aiuto, sia andato via a mani vuote».
Sulla casa in collina migliaia e migliaia di zombie sono resuscitati. Molti sono rimasti per restituire ad altri quella stessa vita che a loro era stata restituita. È uno dei leitmotiv del libro: una gratitudine contagiosa che passa di racconto in racconto. Perché il problema degli zombie non è la morte, è la vita. Come diceva Muccioli, «questi ragazzi sono perfettamente in grado di intendere, ma gli manca la forza di volere. Hanno paura di vivere, non di morire». E vivere è una questione di «testa, di cuore e di mani». Quelle che da 42 anni, ogni giorno, apparecchiano i tavoli della gigantesca sala da pranzo di San Patrignano. Muccioli si arrabbiava se qualcuno la chiamava “mensa”. È una “sala da pranzo”, perché chi è lì invitato a mangiare non è un impiegato: è un amico, uno di famiglia, uno che è stato abbracciato.
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