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Ombre cinesi (e turche) sull’Etiopia

Di Rodolfo Casadei
11 Gennaio 2022
Pechino e Ankara riforniscono di armi il governo africano per domare la rivolta nel Tigrai. Espandendo così la loro influenza nell’Africa dimenticata dall’Occidente
Tank abbandonato lungo una strada a nord di Macallè, capitale del Tigrai, Etiopia
Tank abbandonato lungo una strada a nord di Macallè, capitale del Tigrai, Etiopia, 26 febbraio 2021 (foto Ansa)

Il 20 dicembre scorso lo Stato maggiore delle Tigray Defence Forces (Tdf) ha ordinato ai suoi combattenti di abbandonare tutte le posizioni occupate nelle regioni Amhara e Afar e di riposizionarsi all’interno della regione del Tigrai dalla quale si erano mossi nel mese di luglio puntando a sud verso la capitale Addis Abeba, giungendo fino a 150 chilometri dalla stessa. Era quello che americani ed europei chiedevano da tempo ai ribelli tigrini come parte delle concessioni reciproche col governo federale etiopico necessarie ad avviare una soluzione negoziale del conflitto che, a partire dal novembre 2020, ha causato un numero imprecisato di morti, dell’ordine delle decine di migliaia.
Tuttavia il gesto apparentemente distensivo dei tigrini non è stato il risultato delle pressioni diplomatiche e degli sforzi umanitari di Washington e Bruxelles: a produrre la ritirata delle Tdf sono state le sconfitte sul campo, collezionate tutte nelle prime tre settimane di dicembre. Sconfitte ...

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