Settimana horror grillina

Di Leone Grotti
29 Ottobre 2018
Il M5s è in crisi. Dopo la figuraccia di Di Maio su Draghi, le proteste su Tap e Tav, le fughe di Appendino e Raggi, il Corriere spiega che dal reddito di cittadinanza non arriveranno più di 200 euro in media a testa
Un momento della protesta dei No Tap sul lungomare di San Foca, Melendugno (Lecce), 28 ottobre 2018. Alcuni attivisti che partecipano alla manifestazione hanno bruciato le proprie tessere elettorali e le foto che ritraevano i volti dei parlamentari del M5S eletti in Salento, compresa quella del ministro del Sud, Barbara Lezzi, e il simbolo del Movimento pentastellato. ANSA/CLAUDIO LONGO

«C’è un complotto per farci vincere». Quando Paola Taverna, vicepresidente grillina del Senato, pronunciò nel 2016 queste parole, memorabili e profetiche al tempo stesso, si riferiva alle elezioni comunali di Roma. Virginia Raggi vinse e tutti oggi si rendono conto che, se complotto c’è stato, ha funzionato alla perfezione. Ma le stesse parole potrebbero valere anche per il Movimento 5 stelle al governo, che ha appena passato una settimana “difficile” (eufemismo).

REDDITO DI CITTADINANZA

Il M5s ha investito la maggior parte del suo capitale politico nel reddito di cittadinanza. Il vicepremier Luigi Di Maio ha promesso, per abolire la povertà, di versare 780 euro nei conti correnti di tutti gli italiani che vivono sotto la soglia della povertà. Integrerà anche le pensioni che non raggiungono la soglia. Sono stati stanziati 9 miliardi ma, come nota il Corriere della Sera, un miliardo dovrebbe servire per potenziare i centri per l’impiego (Cpi), che dovranno farsi carico di gestire le domande di chi vuole ricevere il reddito e di trovare per ciascuno tre offerte di lavoro.

SOLO 200 EURO A TESTA

Dell’inadeguatezza dei cpi vi abbiamo già parlato. Ora il Corriere fa i conti in tasca alla misura:

«Secondo le ultime rilevazioni dell’Istat, le persone in condizioni di povertà assoluta sono in Italia circa 5 milioni per un totale di quasi 1,8 milioni di famiglie. Anche ipotizzando che tutti i 9 miliardi previsti per il 2019 fossero spesi a partire da aprile, cioè per un totale di 9 mesi, si ottiene che in media i 5 milioni di poveri assoluti potrebbero ricevere mediamente a testa 200 euro al mese. Facendo lo stesso calcolo sul numero di famiglie risulta che ciascuno dei 1,8 milioni di nuclei in povertà assoluta prenderebbe mediamente 555 euro al mese. È vero che il sussidio integrerà i redditi esistenti fino a 780 euro, ma 9 miliardi sembrano comunque insufficienti rispetto all’obiettivo proclamato dal M5S, senza contare le difficoltà tecniche di far partire l’assegno da aprile».

FIGURACCIA SU DRAGHI

Il reddito di cittadinanza non è l’unico grattacapo di Di Maio. Il vicepremier ha fatto una figuraccia colossale criticando il presidente della Bce, Mario Draghi: «Siamo in un momento in cui bisogna tifare Italia e mi meraviglio che un italiano si metta in questo modo ad avvelenare il clima ulteriormente», ha detto. L’ha sparata così grossa che perfino il più grande sostenitore del governo grillino, il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, ha sferzato così il vicepremier:

«Draghi non è un euroburocrate in campagna elettorale. Non è neppure un nemico dell’Italia, visto che si è scontrato duramente con gli ultrà tedeschi, filo-tedeschi e anti-italiani allergici alle cannonate del Quantitative easing, che con l’acquisto massiccio di titoli di Stato ha aiutato per cinque anni i Paesi europei più indebitati, Italia in primis. I cinquestelle dovrebbero cambiare linguaggio e uscire dall’infantilismo che ha portato Di Maio a mandare a quel paese Draghi, cioè l’unica autorità europea che non fa campagna elettorale contro l’Italia e tenta, per quel che può, di aiutarla».

VOLTAFACCIA SULLA TAP

I cinquestelle si sentono accerchiati. L’incapacità di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale ne sta logorando il consenso. Soprattutto in Puglia, dove il «non partito» ha preso camionate di voti giurando che avrebbe bloccato la Tap (Trans Adriatic Pipeline). Ora, il M5s ha definitivamente confermato che la Tap si farà (meno male), perché altrimenti l’Italia dovrebbe pagare penali (che poi penali non sono, come ha osservato giustamente Carlo Calenda, ma eventuali richieste di risarcimento danni) per 20-35 miliardi di euro. A Melendugno, dove approderà il gasdotto, ieri i residenti hanno bruciato le bandiere del Movimento e accusato di «tradimento» i grillini. Il governatore pugliese del Pd, Michele Emiliano, si è subito buttato a pesce nella vicenda per capitalizzare consenso: «La delusione che provo per il voltafaccia del M5s su Ilva/Tap è davvero devastante. Bugiardi e spregiudicati nel dire agli italiani: “Che volete? Non sapevamo che c…. stavamo a di’”».

CHIARA APPENDINO SCAPPA

Sorvolando sulle proteste degli operai edili a Genova, che hanno manifestato contro la possibile chiusura del Terzo Valico, oggi il mondo produttivo scende in piazza a Torino, dove i grillini dovrebbero schierare il Comune contro la Tav. Di Maio, per rifarsi dalle battute d’arresto degli ultimi giorni, ha assicurato che «le promesse sulla Tav si devono mantenere». E il pentastellato ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ha aggiunto: «Stiamo per completare sulla Tav un’analisi costi-benefici finalmente oggettiva, così da indirizzare i soldi dei cittadini verso le vere priorità infrastrutturali del paese».
Il voto che dovrebbe schierare oggi il Comune di Torino contro la Tav è un passaggio fondamentale verso lo stop definitivo all’opera ma il sindaco grillino, Chiara Appendino («quella brava» rispetto alla Raggi), ha deciso di non presentarsi neanche in Consiglio. Sarà a Dubai per attrarre investimenti nella vana speranza che la decisione odierna non venga associata alla sua faccia.

TAV: DANNI PER 4 MILIARDI

Difficile, soprattutto perché l’eventuale stop, che dovrà comunque essere deciso dal governo, farà saltare migliaia di posti di lavoro e commesse milionarie per aziende italiane, senza parlare di quanto ci rimetterà il paese:

«Fermando la Tav non dovremo pagare penali», dichiara a Repubblica Paolo Foietta, presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione, «ma i costi per il paese saranno oltre 4 miliardi. Anziché i 2,9 miliardi che ci servono per avere un’opera nuova, aggiornata, di rango europeo. Il governo dovrà spendere almeno un miliardo e mezzo per rinnovare la vecchia linea ferroviaria, che comunque non sarà mai in grado di ospitare treni di ultima generazione. Gli esperti dicono che il rapporto di degrado prodotto dai mezzi pesanti rispetto al trasporto su rotaie è di 1/36. Significa che gli effetti negativi prodotti dalle merci che viaggiano sulle autostrade sono 36 volte superiori. I dati delle Società concessionarie di autostrade e trafori (Aiscat) parla di 3,5 milioni di mezzi pesanti che transitano sui tre valichi ogni anno. E l’Italia si è impegnata a ridurli del 30% entro il 2030. Sono accordi sottoscritti per ottenere i finanziamenti. Salterà questo obiettivo, oltre a tutti i danni economici per il Paese».

RAGGI CHIUDE LE SCUOLE

Se Appendino è scappata a Dubai, anche Virginia Raggi avrebbe voluto partire ieri sera per Buenos Aires, per sfuggire alle critiche dopo la tragica morte di Desireé, ma qualcuno l’ha convinta a restare, anche per gestire l’allerta meteo che incombe oggi sulla capitale. Il sindaco grillino, dopo aver ignorato la protesta di ieri in Campidoglio, bollandola come «un’operazione del Pd», e per non rischiare altri problemi, ha deciso di scansare possibili difficoltà chiudendo tutte le scuole. Un altro modo di scappare. Le famiglie romane non l’hanno presa bene: «Invece di chiuderle, perché non le mettete in sicurezza?». La stessa cosa che era stata rimproverata al ministro Toninelli all’indomani dell’allarmismo sollevato sullo stato della A24-25.
Se qualcuno ha ordito un complotto per far vincere il Movimento 5 stelle, sta funzionando. A spese degli italiani.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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