Giuseppe Gulotta, 22 anni in galera da innocente e nemmeno le scuse
Leggete la sua storia nella scheda, e domandatevi se sia possibile un disastro del genere. Il suo caso, uno degli errori giudiziari più incredibili nella storia d’Italia, inizia nel febbraio 1976, quando a 18 anni il muratore viene arrestato per quella che passerà alle cronache come “la strage di Alcamo”, l’omicidio di due poveri carabinieri trovati morti nella loro caserma. A fare il suo nome è un vicino di casa: si chiama Giuseppe Vesco ed è stato arrestato per alcuni concreti indizi, a partire da una pistola con la matricola abrasa e compatibile con quella che ha ucciso. Su di lui i militari che indagano sulla morte dei colleghi infieriscono per una notte. Gli impongono torture di ogni genere. Lo denudano, lo picchiano, con l’imbuto gli fanno bere litri di acqua salata, gli bruciano i genitali con l’elettricità. Alla fine Vesco parla, «confessa», coinvolge i primi tre che gli vengono in mente, tre giovani che abitano a pochi passi da lui. Tra loro c’è Gulotta. Anche i tre vengono catturati, seviziati, torturati. Confessano, che altro devono fare?
Intanto Vesco muore nel carcere di Trapani, lo trovano impiccato, ma anche questo è un mistero, visto che gli manca una mano. Parte il processo, e a nulla serve che i tre giovani denuncino le torture subite. Non vengono creduti. Quando scade la custodia cautelare, solo Gulotta resta alla sbarra, i suoi due coimputati scappano, si rifugiano in America Latina. Ovvio, la giustizia s’incattivisce su di lui. Gli danno l’ergastolo. Va in galera. Gli strappano anche il figlio nato nel frattempo.
Gulotta trascorre 6.400 giorni in cella prima che uno dei torturatori di Trapani abbia un soprassalto di coscienza: nel 2008 un carabiniere si denuncia, ammette le sevizie, scagiona il condannato. Si rifà il processo, ma prima di essere riabilitato Gulotta fa ancora quattro anni di carcere. Quando viene assolto, il 13 febbraio 2012, piange per dieci minuti nelle braccia del suo avvocato, Pardo Cellini.
Tutto finito? Macché. Sono trascorsi tre anni e Gulotta ha chiesto un risarcimento milionario, ma non ha ancora ottenuto un solo euro per la sua vita tradita, massacrata, svanita per errore. Nessuno gli ha nemmeno chiesto scusa. L’avvocatura dello Stato, in tribunale, ha risposto che nulla è dovuto, perché il processo (e l’errore giudiziario) è partito da una sua confessione. E lancia ancora dubbi sulle violenze del 1976. Un circolo vizioso che fa impazzire. E lascia sgomenti.
Foto giustizia da Shutterstock
Articoli correlati
2 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
NON ESISTONO PAROLE PER COMMENTARE QUESTA TRISTE VICENDA “ALL’ITALIANA”…ULTIMAMENTE MI STO VERGOGNANDO SPESSO DI ESSERE ITALIAGIUSEPPE! GRAZIE.
Io invece mi vergogno che esistano dei magistrati -italiani- che si comportano così, ed uno Stato -italiano- nel cui nome questi magistrati sentenziano, che ha il coraggio di pagare un suo avvocato per contestare un tale risarcimento. Queste sono vere vergogne!