Le corna di Fedez e Ferragni spiegate con la Pepsi

Di Caterina Giojelli
02 Febbraio 2025
Il feed sponsorizzato sui fattacci dei Ferragnez si fa ogni giorno più patetico. Ma funziona come un vecchio spot decostruito da David Foster Wallace
Fedez e Chiara Ferragni si scattano dei selfie insieme ai fans durante la presentazione della trasmissione televisiva
Fedez e Chiara Ferragni si scattano dei selfie insieme ai fans durante la presentazione della trasmissione televisiva "The Ferragnez" a Milano, 17 maggio 2023 (foto Ansa)

Il trambusto di assurdità intorno a quel feed sponsorizzato che è la vita di Chiara Ferragni e Fedez diventa ogni giorno più patetico. Almeno quanto il tentativo dei due di rifarsi una verginità narrativa. Il Che Guevara della Costa Crociere e la Luxemburg di CityLife hanno smesso di fingersi marito e moglie e hanno iniziato a fingersi separati: embè?

Il passo non è lungo e nemmeno originale: sono sette anni che la farsa sentimentale dei Ferragnez, trasformata in format e franchise per consumatori seriali, vive di credulonità, moralismo e colpi di scena (e colpi bassissimi) passati alle loro cheerleader nei media. Eppure non è questo, il gossip sulle corna, gli accordi multimilionari presentati alla stregua di servizio pubblico, i sermoni da quinta elementare sui diritti umani, l’inno alla resistenza di Francesco Merlo, l’egomania presentata come una forma di autorealizzazione e attivismo dai giornali pronti a santificarli o cheguevarizzarli, a funzionare.

La bramosia di scoreggiare a Saint Barth

Progettati per il consumo, l’esposizione pubblicitaria, la mitopoiesi del lusso democratico, di quel capitalismo che vende la brama furiosa di scoreggiare a Saint Barth mangiando sushi con le infradito, figli e cani in braccio, e un anello da venti carati al dito – e al contempo la possibilità di disapprovare e disgustarsi per tutto questo -, i Ferragnez stanno agli italiani quanto un vecchissimo spot della Pepsi ai bagnanti e al personaggio di Joe Valigetta di David Foster Wallace.

Ripasso, è il 1985: un furgoncino con tanto di altoparlanti arriva su una spiaggia affollatissima, fa un caldo torrido e il giovane alla guida apre una lattina di Pepsi e la versa in un bicchiere vicino al microfono. Appena il suono frizzante delle bollicine si spande nell’aria le teste dei bagnanti si voltano verso il furgoncino come burattini tirati dai fili. Quando si diffonde il suono del sorso voluttuoso e dell’aspirare ed espirare rinfrescato dell’autista, il furgoncino viene preso d’assalto: una folla impazzita implora una, dieci, mille lattine fino all’intonazione del claim “Pepsi: la scelta della nuova generazione”. Un concetto di scelta presente nello spot almeno quanto tra cane e campanello nell’esperimento di Pavlov.

Fedez e Ferragni funzionano come uno spot della Pepsi del 1985

Ecco, Fedez e Ferragni funzionano come uno spot della Pepsi del 1985, che «mette in luce con la tipica franchezza ciò per cui gli spot sono largamente disprezzati – scrive Foster Wallace nel suo famoso saggio sulla televisione intitolato E unibus pluram -: l’uso di un tipo di seduzione primitiva e ingannevole per vendere merda zuccherata a persone la cui identità si esaurisce nel consumo di massa». Il suo platonico americano-medio Joe Valigetta, cinico veterano delle tv e dell’umorismo nero, lo sa ed è soprattutto a lui che si rivolge lo spot, istigandolo a sentirsi estraneo, superiore e al contempo parte di quei milioni di occhi di spettatori, complice in una specie di «scherzetto tra amici il cui bersaglio è il pubblico» che abbocca e si beve la Pepsi.

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Sono passati 40 anni e checché ne dicano i puristi dei new media a decretare la riuscita della formula per promuovere la “merda zuccherata” piazzata per anni da Fedez e Ferragni sono ancora burattini e volponi che la sanno lunga, e li vogliono piazzati ovunque: tv, giornali, radio, podcast, sfilate, concerti, Festival, Saloni, palchi per i diritti, dagli Lgbt ai migranti, dai malati oncologici alla salute mentale. Perfino oggi, che dalle messe cantate i due sono passati a balbettare giustificazioni sulle loro attività extraconiugali rivelate niente meno che a (e da) Fabrizio Corona. Uno che da giorni banchetta (e guadagna) sulla carcassa della coppia costruita dai due pubblicando sul suo canale Falsissimo (nientemeno) chat, registrazioni di telefonate, screenshot che sputtanano tutti i rampolli smaterassati dai due influencer (il suo video “Il vero amore di Fedez” ha raccolto quasi 4 milioni di visualizzazioni in 4 giorni – per i nuovi iscritti e i soldi guadagnati con una manciata di minuti a pagamento citofonate agli arrapati di engagement rate).

«Fedez vincerà Sanremo», il festival delle corna

Fedez e Ferragni erano un brand e lei la disse giusta vaneggiando di “errore di comunicazione” quando il pandoro-gate inceppò il meccanismo facendo crollare il monte-reaction di entrambi fino alla separazione. Ora i due, con Fedez canzonato da tutta Italia (il racconto di lui che sotto anestesia crede di parlare con Corona e gli confessa di amare da sempre tale Angelica Montini per la quale avrebbe anche voluto mollare la Ferragni sull’altare, mentre dall’altra parte del telefono c’è la Ferragni, ha dell’incredibile, altro che errore di comunicazione), e Ferragni riciclatasi Lady Tronchetti Provera e rinviata a giudizio per truffa aggravata, puntano sul rebranding dell’”esperienza vissuta”.

Dicesi esperienza vissuta quella tendenza tra influencer, non appena commettono un errore, a fare di dolore o ingiustizia percepita una ortodossia totalizzante e indiscutibile: ho amato incondizionatamente, dice lei, l’ho sposata senza esitazioni dice lui, Corona mente, dicono entrambi, mentre questi manda in preorder per Piemme il libro Il vero grande amore di Fedez – Chiara, Angelica, tutta la verità, annuncia un podcast contenente nuovi «dettagli sporchi» sulla Ferragni e proclama: «Fedez vincerà Sanremo».

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«Fedez vincerà Sanremo», il festival delle corna

Sanremo, un altro spot che scatenerà la dipendenza di naïf e moralisti dato che all’Ariston, con Fedez che canterà Bella stronza con Masini, ci sarà anche Achille Lauro (presunto amante dell’ex Ferragni), Tony Effe (quello del dissing col rapper «fai i figli solo per postarli», ex di Taylor Mega, presunta amante di Fedez), e al Dopofestival Selvaggia Lucarelli, autrice dell’inchiesta diventata libro Il vaso di Pandoro. Ascesa e caduta dei Ferragnez secondo la quale sarà presente a Sanremo anche Fabio Damato (ex stylist-migliore-amico-braccio-destro di Ferragni) come stylist di Irama, ex di Giulia De Lellis, nuova fidanzata di Tony Effe, ma anche ex di Andrea Iannone che ora sta insieme ad Elodie che duetterà con Achille Lauro.

Lo stesso Lauro che si dice abbia una relazione con Giulia Toscano, sorella di Sarah Toscano, in gara all’Ariston, ma soprattutto che appunto ne abbia avuta una con Ferragni già co-conduttrice di Sanremo. Una fiera dell’est che se non finisce col duello alla pistola dovrebbe dirci qualcosa sulla Brigata CityLife che non si estingue per la gioia di polli e guardapolli: si ricicla.

Chiara Ferragni e Amadeus al Festival di Sanremo, 2023 (Ansa)
Chiara Ferragni e Amadeus al Festival di Sanremo, 2023 (Ansa)

L’ennesima televendita di Fedez

Ora però diciamolo che nelle stories non esiste un lieto fine come nelle favole, ma solo la programmazione di un altro post, sincero come una televendita: «Sono stata zitta perché volevo girare pagina senza rimuginare sul dolore subito e perché ho due figli che sentiranno tutto quello che i loro genitori dicono l’uno dell’altro e soffriranno per certe dichiarazioni», posta Ferragni. «Mi allontano da un modo di apparire che non mi appartiene più (e forse non mi è mai appartenuto). So come funziona questo gioco: per anni ne ho fatto parte, ora penso a me stesso e ai miei figli. Il resto lo lascio a chi ha bisogno di questo tipo di spettacoli. Per quanto possibile, voglio scegliere la realtà», posta il rapper lingualunga. A chi vogliono darla a bere? La realtà non si sceglie come una Pepsi.

Tre esempi. Dal 2016 al 2020 la coppia di youtuber americani Myka e James Stauffer sono stati l’immagine del sogno americano del 21° secolo: matrimonio felice, bellissimi bambini e un impero di vlogging su YouTube autocostruito. Finché fecero il botto annunciando l’adozione di Huxley, un bambino cinese di due anni e mezzo con problemi di salute. «Mio figlio non è restituibile, lo ameremo con tutto il cuore, non importa in quale stato sia», proclamavano prima di dare in pasto ai follower i video del bambino. La prima clip fece 5 milioni di visualizzazioni, follower e introiti da view e sponsorizzazioni aumentarono a dismisura in meno di un anno.

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Fin quando il bambino sparì dal feed e dopo qualche mese gli Stauffer furono costretti a confessare di averlo riportato nell’istituto in cui viveva prima dell’adozione: la realtà era che quel bambino era più che semplicemente la loro star, era il loro figlio. «Finché non lo fu più», commentarono i produttori di un docufilm sulla loro vicenda, An Update on Our Family, uscito lo scorso anno in America (degli Stauffer, travolti dall’odio degli americani, nessuno seppe più nulla).  

Huxley, Shari, Wren: l’incubo dei bambini influencer

Ruby Franke, influencer statunitense e madre di sei figli, gestiva il popolare canale YouTube “8 Passengers”, dove condivideva ogni minuto della sua dorata vita familiare. Nel 2023, è stata arrestata con l’accusa di abusi aggravati su minori: la figlia maggiore, Shari (Tempi aveva raccontato la sua storia qui), depose a novembre alla Camera dei rappresentanti dello Utah presentandosi «come vittima del vlogging familiare». La realtà era che dietro alla divertente sit-com da un miliardo di visualizzazioni pubblicata dalla madre c’erano carte di credito aziendali, manager strategie di marketing e dipendenti impegnati h 24, 7 giorni su 7, sotto le telecamere, anche nei momenti più difficili e privati. Solo che quei dipendenti erano i suoi bambini.

Wren Eleanor a 3 anni aveva già 17 milioni di follower su Tik Tok grazie alle foto e ai video condivisi da sua madre Jacqueline: nel 2022 diventò un caso, i video della piccola venivano scaricati troppe volte (375 mila quello in cui mangiava un corn dog), i commenti erano inquietanti, troppi i seguaci e le pagine di “fan” aperte che la sessualizzavano. L’“effetto Wren” portò in fretta migliaia di genitori a rimuovere immagini e video dei propri bambini e innescò un dibattito sulla necessità di estendere le leggi sul lavoro minorile anche ai social network.

Dallo scaffale alla realtà

Potremmo andare avanti all’infinito con i casi di successo “sabotati” dalla realtà che prima o poi presenta alla fiction costi superiori a ogni calcolo, multa, processo. Da qualche mese, da quando i due si sono separati e hanno dovuto trattare legalmente anche la questione delle foto dei bambini, i figli di Fedez e Ferragni – cresciuti a pane e telecamere sotto gli occhi di una legione di milioni e milioni di sconosciuti -, sono stati sospesi da quegli scaffali merceologici che sono gli account dei loro genitori. C’è chi accusa i due di non essersi mai preoccupati dei bambini (“solo di mostrarli”, rinfaccia Corona a Ferragni) e chi li invita a non preoccuparsene adesso: da grandi si scopriranno figli di cornuti “come tutti”. Ma dimettersi da genitore è più complicato che da un’azienda o “un modo di apparire”.

Del resto sono passati 40 anni ma la formula funziona ancora: basta sostituire “figli” a “Pepsi”, “la scelta” dei nuovi Ferragnez tutti realtà e zero apparenza, invitare i moralisti a sgamare l’imbroglio a cui l’orda di follower sta abboccando, magari inventarci una miniserie da algoritmo. Fino al prossimo caso, o casino, e tentativo di rifarsi una verginità narrativa.

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