
E se vincesse Romney? La vittoria di Obama non è scontata
La sfida per la presidenza degli Stati Uniti d’America è apertissima. Anzi, probabilmente non è mai stata così aperta dall’inizio della campagna elettorale americana ormai giunta agli sgoccioli. Da questo punto di vista, la situazione elettorale è certamente molto diversa dallo scenario di successo che la grande stampa italiana ha voluto dipingere in queste ultime settimane fino a pochissimi giorni fa, parteggiando apertamente per Barack Obama. L’attuale presidente degli Stati Uniti, infatti, ben incarna il modello perfetto di candidato di una certa cultura europea progressista-umanista (ormai di riferimento) che progetta un mondo dove si possa non sentire più il bisogno di appellarsi a un dio, e dove il sentimento di finitezza della vita ceda il passo ad un senso di controllo e dominio, in una civiltà in cui l’uomo, grazie ad una classe di pochi illuminati, possa utopicamente dominare la natura, cancellandone le diversità e selezionando cinicamente ciò che ha diritto di esistere, in nome di un progetto di benessere globale. Ma lo scenario elettorale reale – che a breve si andrà a delineare – mostra che il popolo e, generalmente, la stampa americana vivono qualcosa di molto diverso dagli entusiasmi dei nostri media.
NUMERO PER NUMERO. Venendo ai sondaggi più recenti, ad oggi Romney si aggiudicherebbe il voto popolare con un margine, calcolato sulla media di tutti i sondaggi eseguiti, intorno all’1 per cento, anche se alcuni fra i più seri e rinomati istituti statistici del paese assegnano a Romney un vantaggio più ampio, tra i 2 ed i 6 punti percentuali. Più incerta sarebbe la situazione dei cosiddetti swing State, ossia quegli Stati che, a prescindere dal voto popolare, sarebbero in grado di determinare l’elezione del 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America attraverso l’assegnazione dei così detti grandi elettori. Verrà eletto chi raggiungerà il numero di 270 grandi elettori, di cui, al momento, 237 sono quelli certi attribuiti ad Obama e 191 quelli certi attribuiti a Romney. Dei 110 grandi elettori incerti, da assegnare a chi si aggiudicherà gli Swing States (Ohio – 18, Colorado – 9, Florida – 29, Iowa – 6, Nevada – 6, New Hamphsire – 4, North Carolina – 15, Virginia – 13 e Wisconsin – 10), ad Obama basterebbe conquistarne solo 33, mentre Romney dovrebbe aggiudicarsene ben 79. Le rilevazioni più recenti danno Obama favorito in 4 swing State che assicurerebbero al Presidente 20 grandi elettori. Romney invece prevarrebbe al momento nei restanti 4 Stati, tuttavia, con maggioranze molto strette. Inoltre, Obama sarebbe avanti, sebbene di soli 2 punti percentuali, anche in Ohio, Stato che, con l’attribuzione di 18 grandi elettori, assicurerebbe, di conseguenza, la rielezione dell’attuale Presidente, e che sembra destinato a rivestire il ruolo chiave svolto nel 2004 dalla Florida, nel corso della rielezione di G.W. Bush: per molti osservatori, infatti, il vincitore dell’Ohio sarà anche il 45esimo presidente degli Stati Uniti. Tutto ciò spiega numericamente perché, a detta di molti, il presidente in carica resterebbe ancora il grande favorito di questa campagna elettorale.
GLI IMPREVISTI. Vanno però sottolineati almeno due fattori che potrebbero portare alcune sorprese rispetto agli scenari ipotizzati dalla media delle rilevazioni eseguite dagli istituti statistici. Innanzitutto, il fatto che, dalle media delle rilevazioni più recenti, due Stati, fino a poco tempo fa considerati certi per Obama (Michigan e Pennsylvania), vedrebbero il presidente in carica in vantaggio per meno di 5 punti percentuali su Romney, e, in entrambi i casi, con un numero di indecisi ancora rilevante. Inoltre, a prescindere dalla media dei sondaggi svolti, l’istituto Rasmussen – che, a giudizio di molti, sarebbe il più attendibile per il metodo di rilevazione a campione di persone, a differenza della maggior parte degli altri istituti, non pre-iscritte – vedrebbe in Ohio Romney al pari di Obama.
INDICE DI GRADIMENTO. Vi sono poi ulteriori fattori che potrebbero mettere in discussione la rielezione dell’attuale presidente. Innanzitutto il dato circa l’indice nazionale di gradimento per il lavoro svolto, che si aggirerebbe pericolosamente di poco al di sotto al 50 per cento, in una nazione in cui mai nessun presidente è stato eletto con un indice di gradimento inferiore a tale soglia. Inoltre, oltre al voto della popolazione bianca, da alcune recenti rilevazioni, Obama sembrerebbe avere perso la maggioranza del voto femminile, nonché, sembrerebbe avere subito un forte arretramento persino nel voto dei cittadini afroamericani. Da ultimo, Romney prevarrebbe nettamente anche fra i votanti indipendenti (vale a dire, non iscritti tra i votanti abituali democratici o repubblicani), il che fa pensare che gran parte degli indecisi potrebbe preferire il voto a Romney.
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Da due mesi sto lavorando a una proposta per un progetto in America. Tutti quelli che incontro (clienti, fornitori, partners commerciali) sono per Romney. Non ne possono più del “comunista” Obama che ha fatto ancora più debiti e non ha creato posti di lavoro. Gli dico dei sondaggi che diffondono i media americani (fedelmente ripresi da quelli nostrani), e tutti mi dicono “negli Stati Uniti la maggior parte dei media e della gente che vi lavora è di sinistra, questo è tutto”.