Lettere dalla fine del mondo

È da questo pulpito sgangherato che viene la predica. Ma l’attrattiva non sono io

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Pubblichiamo la rubrica di padre Aldo Trento contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

La mia vita come modalità attraverso cui il Mistero si rende presente all’altro. Come è bello sapere che non è il buon esempio che comunica Gesù al mondo, ma è Gesù che attraverso di me si rende presente alla libertà di chi sta al mio fianco o di chi in qualche modo ha a che fare con me. Educati da sempre a pensare che il soggetto della testimonianza sia l’Io, questa posizione ci obbliga a capovolgere la questione per cui l’Io è solo la modalità attraverso cui Gesù si rende visibile agli altri.

Non sono io il punto di partenza della testimonianza, ma l’Avvenimento che si serve di me, si serve del mio io. Per cui può accadere e accade che l’Avvenimento cristiano diventi affascinante per un altro passando attraverso un soggetto la cui vita è stata – e lo è tuttora – non certamente un esempio di coerenza. Una volta si diceva: «Ma da che pulpito viene la predica». Oggi, guardando la mia esperienza di fede, posso dire: «È proprio da questo pulpito che viene la predica», è proprio attraverso questo “Io” sgangherato, miserabile, pieno di peccato che il buon Gesù si rende presente al mondo.

[pubblicita_articolo]Ciò che può affascinare l’uomo di oggi, un uomo spesso smarrito nel buio di una esistenza insignificante, non è un altro uomo ma Gesù che si manifesta attraverso l’umanità di una persona scelta per grazia ad essere il ponte attraverso il quale il Figlio di Dio si rende visibile al mio compagno di lavoro, di studio, eccetera. Per cui è Gesù che affascina l’uomo passando attraverso di me.

Ma è Lui l’attrattiva vincente, non io. Questa posizione, maturata in questi anni, mi ha permesso di mettere l’Io al suo posto giusto. Per questo mi riecheggiano gioiose le parole di santa Caterina da Siena: Chi sono io Signore? Niente! Chi sei Tu? Tutto. Apparentemente sembra l’annientamento dell’Io, ma in realtà è la sua esaltazione, come è accaduto alla Vergine Maria attraverso la quale Gesù si è manifestato alla cugina Elisabetta.

Quando la Madonna ha visitato la sua cugina Elisabetta, il piccolo Giovanni di sei mesi non ha esultato nel ventre della sua vecchia madre perché era arrivata la cugina, ma per Colui che quella giovane donna portava nel ventre. Maria aveva chiarissimo tutto questo e il Magnificat ne è l’espressione più bella: un Io che sembra nella penombra in realtà emerge in tutta la sua grandezza. «Perché l’Onnipotente ha fatto in me grandi cose».

Tutti i giorni faccio esperienza di questo e ciò rende bella e grande la vita. Chi incontra me non incontra me ma Colui che vive in me. Sono lontano ormai, grazie alla Madonna, da quella posizione per cui il protagonista della testimonianza ero io attraverso il mio modo di vivere, mentre oggi è Lui il protagonista che si impone al mondo usando me. Ed è ciò che cambia, che genera in me anche un modo di vivere più bello, più umano.

Grande pace e ironia
Ma il punto originante la testimonianza è l’Avvenimento cristiano che usa me per mostrarsi al mondo. Ma che bella questa posizione! Perché se la testimonianza dipendesse da me che sono un povero diavolo, chi rimarrebbe affascinato? Come aveva chiara questa posizione l’apostolo Paolo quando diceva «non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me».

Ma se non fosse questa certezza che abbraccia tutte le mie miserie e le mie incapacità a definire il mio Io, come potrei accompagnare a morire i miei figli ammalati di Aids? «Padre non sei tu ad affascinarmi, ma Colui che è evidente essere la ragione, la consistenza della tua vita, ed è per questo che ti sento amico», mi diceva recentemente una persona parlando del mio caratteraccio.

Abituati a uno schema di santità in cui domina il buonismo e il volontarismo, questa posizione ribalta la concezione stessa della santità, donando alla persona posseduta da Gesù una grande pace e l’ironia di fronte ai propri limiti, che invece spesso sono vissuti come impedimento al manifestarsi di Cristo.

Dio si è servito di un poveraccio per costruire questa «grande opera di Dio», come l’ha chiamata papa Francesco, ma ciò che suscita interesse è l’evidenza della misericordia divina che abbraccia coloro che soffrono, non padre Aldo che prima o poi il Signore porterà con sé.

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