

«Se non se ne va Berlusconi c’è il rischio che ci scappi il morto». Così diceva settimana scorsa e così ripete oggi, l’ex pm pulito che viaggiava con i prestiti restituiti in scatole delle scarpe. Ecco chi è Antonio Di Pietro, l’uomo che fece il magistrato giurando che lo faceva per disinteressata giustizia, non per fare carriera politica. L’uomo probo e onesto è questo qui: quello che da parlamentare, politico e leader di un ricco partito, davanti ai colleghi parlamentari e al governo che vorrebbe vedere entrambi dimissionari per andare lui e il suo partito a guidare Parlamento e governo, ha minacciato di nuovo: «Sta per arrivare la violenza del Paese reale. E i mandanti siete voi».
Di Pietro è uno che negli anni Settanta, prima di laurearsi in soli tre anni solari in Giurisprudenza, lavorando di giorno e studiando di sera, faceva il poliziotto. Prima di vincere il concorso in magistratura faceva il celerino, o qualcosa di simile. Dunque dovrebbe ricordare, Di Pietro, come e quanto i celerini, cioè i proletari poliziotti meridionali, le prendevano (e le davano anche, ci mancherebbe che le prendessero soltanto) dai ragazzotti figli di borghesi (come denunciò Pasolini) che volevano fare la rivoluzione.
Ma Di Pietro dimentica facilmente tante cose. Così, eccolo oggi in parlamento a fare l’extraparlamentare e a infoiare gli estremisti, a fare quello che fecero i manutengoli rossi e neri del secolo scorso: cioè nient’altro che speculare sulla crisi economica e strumentalizzare il malcontento della gente per andare al potere.
Di Pietro, quello che da rispettabile e onesto proletario immigrato in Germania è diventato il demagogo e navigato leader di un partito che è la longa manus del partito giudiziario di alcuni magistrati avanguardisti.
Che tengono saldamente in pugno l’Italia. E che stanno tentando l’assalto finale a un governo che vogliono abbattere per vie extraparlamentari.
L’obiettivo è sempre lo stesso: far fare la stessa fine che fece Craxi all’uomo che, salvandoci dal regime sinistra-pm, scese in campo nel 1994 e da allora è inseguito con tutte le inchieste e atti di accusa possibili e immaginabili.
Però si sbaglia, Di Pietro. Così come ci fu una volta un popolo, magari minoritario ma ci fu, a contrastare l’extraparlamentarismo violento e figlio del Palazzo negli anni Settanta.
Così c’è e ci sarà, davanti alla demagogìa antidemocratica, violenta e che chiama alla violenza, una resistenza di popolo. Resistenza alla quale questo giornale si iscrive, subito.
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