La preghiera del mattino
La Germania in crisi può essere un bene per l’Italia
Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «L’Ue sta perdendo il punto archetipale (la Germania) del suo meccanismo di ricerca dell’ordine istituzionale sempre più precario per l’auto-referenzialità crescente della sua tecnocrazia burocratica».
Mentre si avvia il confronto tra le politiche di bilancio italiane e le scelte della Commissione europea e della Bce, è opportuno tener conto (lo spiega bene Sapelli) come sia in crisi quella Germania che ha guidato con una certa durezza l’Unione Europea negli anni Duemila, di fatto privilegiando un continente tedesco su una Berlino europea.
* * *
Su Huffington Post Italia Claudio Paudice scrive: «Le due manovre a specchio. Mentre Meloni studia tagli e privatizzazioni per finanziare una legge di bilancio senza soldi, Scholz prevede miliardi di sussidi alle imprese e puntella lo stato sociale. Nel frattempo in Ue riparte il solito stantio dibattito su deficit e debito: Berlino pretende rigore, Roma è angosciata dal ritorno alle vecchie regole».
Angela Merkel ha dominato un decennio di politica comunitaria, vantando la superiorità della politica tedesca; ora, crollati o messi in discussione due pilastri di questa “politica” (l’energia russa e il commercio con la Cina), Berlino non ha più le basi morali e materiali per imporre la sua leadership, peraltro gestita con una Francia oggi in grande difficoltà. È in questo contesto che l’Italia ha diverse chance per evitare scelte catastrofiche del tipo di quelle del governo Monti.
* * *
Su Open si scrive: «“Dobbiamo trovare entro la fine dell’anno un’intesa sulle regole fiscali, sul patto di stabilità e crescita. Sono soddisfatto del fatto che i governi stiano lavorando sulla base della proposta della Commissione e sono ottimista, se volete per necessità, sul fatto che sia possibile raggiungere un’intesa entro la fine dell’anno”. A mostrare cauto ottimismo su uno degli argomenti più spinosi dell’autunno che arriva è il commissario europeo per l’Economia Paolo Gentiloni, il quale – durante il forum Ambrosetti in corso a Cernobbio – ha escluso categoricamente la possibilità di prolungare la sospensione del Patto di stabilità, decisa per 3 anni in seguito alla pandemia di Coronavirus. “Abbiamo deciso di sospendere le regole del Patto di stabilità il 17 marzo del 2020, qualche giorno dopo la dichiarazione della pandemia, le abbiamo prolungate direi abbastanza facilmente nel 2021 con qualche discussione nel 2022, con molte discussioni nel 2023: non le prolungheremo”».
Il povero Gentiloni cerca di mantenere un buon rapporto con il governo Meloni, ma essendo espressione del partito francese nel Pd e del catastrofico governo rosso-giallo, non ha molto peso. Roma nelle prossime partite conterà innanzi tutto sul peso che Mario Draghi (anche grazie ai suoi legami con Washington) ha in Bce e più in generale sull’establishment finanziario: nelle partite sul Patto di stabilità e il Pnrr il peso dei draghiani sarà molto forte. Lo sarebbe stato di più con Draghi al Quirinale, ma il centrodestra non ebbe sufficienza intelligenza politica per capirlo.
* * *
Su Affaritaliani si scrive: «Sul blog della Bce, il prossimo governatore di Banca d’Italia lancia l’allarme su due criticità in particolare del sistema finanziario dell’Ue».
Fabio Panetta fa bene intendere come l’Italia cercherà spazio italiano nelle prossime scelte economiche europee.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!