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«Criticare il Partito comunista a Hong Kong diventerà un crimine»

L'attivista democratico Albert Ho a tempi.it: «Soppressa la libertà di espressione, perfino cantare sarà vietato»

Leone Grotti
25/05/2020 - 3:00
Esteri
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Albert Ho

«Ha presente la canzone “Gloria a Hong Kong”, che viene intonata dovunque ormai ed è diventata l’inno delle proteste anti-estradizione? Bene, chi la canta potrà essere arrestato». Quando il 28 maggio, esautorando il Consiglio legislativo di Hong Kong, il Congresso nazionale del popolo, il Parlamento fantoccio cinese, approverà la nuova legge sulla sicurezza nazionale, nella città autonoma cambierà tutto. Il regime comunista non ha ancora annunciato i dettagli della norma che punirà ogni attività sovversiva e secessionista, oltre a qualunque interferenza estera e terroristica a Hong Kong. Questi verranno decisi dalla Commissione permanente del Congresso, che si riunirà a giugno e darà il via libera alla legge entro agosto. L’unica cosa certa è che «libertà di espressione e stampa saranno soppresse: se non è la fine del modello “Un paese, due sistemi” poco ci manca», dichiara a tempi.it Albert Ho. L’avvocato, ex parlamentare, già presidente dell’Alleanza di Hong Kong, tra gli attivisti democratici più in vista della città, spiega perché la mossa a sorpresa della Cina rischia di porre fine per sempre all’autonomia del terzo centro finanziario più importante del mondo.

L’articolo 23 della mini Costituzione di Hong Kong, la Basic Law, stabilisce che la città debba avere una legge sulla sicurezza nazionale. Ma non è mai stata approvata. Ora ci ha pensato Pechino.
La Cina ha violato la Costituzione e il trattato con il Regno Unito, perché l’articolo 23 prevede che sia Hong Kong a farsi «da sola» questa legge. Sta a noi decidere come e quando fare la legge. Pechino invece ce la impone e non ha il diritto di farlo.

Nel 2003 il governatore Tung Chee-hwa provò ad approvare una legge simile, ma 500 mila persone sono scese in piazza e gliel’hanno impedito. Perché?
Noi non vogliamo perdere le nostre libertà e del resto non c’è alcun bisogno di quella legge. Hong Kong ha già norme adeguate per tutelare l’ordine pubblico. Basta guardare le proteste antiestradizione dell’ultimo anno: sono state arrestate più di 8.000 persone, condannate oltre 1.000. Io stesso mi ritrovo a processo con altri 14 attivisti con tre capi di imputazione gravissimi solo per aver manifestato pacificamente contro una legge scellerata del governo. Non mi sembra davvero che sia urgente una legge sulla sicurezza nazionale.

E allora perché Pechino vuole imporvela?
L’unico motivo è sopprimere la libertà di espressione e di stampa. Dal giorno successivo all’approvazione della legge, infatti, esprimere qualunque tipo di opinione che, direttamente o indirettamente, metta in dubbio la legittimità del governo centrale cinese o chieda più autonomia per Hong Kong diventerà un crimine.

Può farci qualche esempio concreto?
La canzone “Gloria a Hong Kong” ha due versi che recitano: “Possa la libertà regnare” e “possa il popolo regnare, liberate la nostra Hong Kong”. Cantarli potrebbe essere visto come un tentativo di sostenere l’indipendenza della città nei confronti della Cina. E pertanto sarà proibita, anche se si tratta solo di una glorificazione del coraggio della popolazione.

Cos’altro sarà vietato?
Io ho molta paura che un giornale come l’Apple Daily, che dal primo giorno ha sostenuto le proteste, verrà soppresso. Oggi chi commette un atto violento viene arrestato, domani basterà criticare il Partito comunista o condurre una qualsiasi attività democratica per diventare un criminale e un sovversivo. E aggiungo una cosa: Pechino potrà proibire a chi “mette in pericolo” la sicurezza nazionale di dirigere aziende, holding e giornali.

Lei è stato presidente dell’Alleanza di Hong Kong a sostegno dei movimenti patriottici e democratici cinesi, che organizza ogni anno la veglia di commemorazione delle vittime di Piazza Tienanmen. Che fine farà l’organizzazione?
Poiché da sempre chiediamo la fine della dittatura del partito unico in Cina potremmo essere accusati di invitare alla sovversione del potere statale e quindi potremmo essere messi al bando. Queste sono conseguenze ragionevolmente prevedibili.

Hong Kong potrebbe fare resistenza passiva e non applicare la legge, però.
Dubito. Anche se i dettagli della legge non sono ancora stati diffusi, secondo alcune indiscrezioni a occuparsi dell’applicazione della legge sarà un apposito Ufficio per la sicurezza nazionale che la Cina aprirà a Hong Kong come filiale locale del proprio Ufficio. Anche se i dipendenti saranno residenti a Hong Kong, dovranno obbedire alla Cina, su questo non c’è dubbio. Sarà il braccio esecutivo del regime a Hong Kong e potrebbero anche mettere in piedi una polizia cinese in città.

Questi compiti non dovrebbero spettare alle istituzioni cittadine?
In teoria sì ed è per questo che una governatrice come Carrie Lam sarà di fatto esautorata, avrà sempre meno poteri nella gestione della città. A comandare davvero sarà il capo dell’Ufficio per la sicurezza nazionale.

Questa è la fine anticipata del modello “Un paese, due sistemi”?
Praticamente sì. Ovviamente Pechino ora afferma che ci sarà molta tolleranza, che le libertà saranno rispettate, ma quanto durerà la fase della tolleranza? Non è un segreto che il Partito comunista voglia controllare tutto, basta vedere quello che succede in Cina, la fine che ha fatto Liu Xiaobo. Quando useranno la mano pesante, la gente protesterà e il governo diventerà sempre meno tollerante. Fino a quando saremo ancora liberi di dire ciò che pensiamo? Nessuno lo sa.

Perché Pechino interviene a gamba tesa proprio ora?
È dal 2003 che la Cina infiltra tutte le istituzioni della città. Hanno cercato di controllarci con il cosiddetto “soft power”, ma dopo il Movimento degli ombrelli del 2014 qualcosa si è rotto. Pechino si è rimangiata le promesse fatte sulla concessione di un vero suffragio universale e la situazione è sfuggita di mano. Hanno capito che stavano perdendo il controllo e hanno avuto paura delle proteste dello scorso anno. Così hanno deciso di proteggersi con questa legge draconiana, il cui unico obiettivo è soffocare ed eliminare tutte le forze di opposizione e democratiche.

Il quadro che ci ha fatto è molto cupo.
Sì, la situazione peggiora ogni giorno di più ma la popolazione di Hong Kong è ancora molto determinata. Siamo impegnati a resistere a Pechino e a combattere per la democrazia, l’autonomia e lo stato di diritto. Ma sarà sempre più difficile, temo.

A settembre il fronte democratico potrebbe ottenere una vittoria schiacciante alle elezioni.
Sì, ma chi ci dice che la nuova legge non verrà utilizzata per impedire di candidarsi a tutti coloro che appoggiano l’autonomia di Hong Kong? È già successo in passato e ancora non c’era questa legge.

La comunità internazionale vi ha dimostrato vicinanza?
Sì, ma la Cina si fa sempre più aggressiva e non so se l’Unione Europea e gli Stati Uniti riusciranno a non farsi intimidire. Sarete voi a dover insistere con le vostre istituzioni perché ci aiutino, perché noi non potremo più farlo.

Perché?
Invocare l’aiuto di potenze straniere con la nuova legge diventerà un crimine di alto tradimento verso la madrepatria. Dovremo stare attenti a quello che diciamo.

La legge non c’è ancora, ma lei si ritrova già a processo con altri 15 attivisti solo per aver partecipato a una marcia pacifica.
La prossima udienza sarà a giugno. È un processo farsa ma rischio dai due ai sette anni di carcere. Se pensano di intimidirmi così, però, si sbagliano.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: Cinalibertà di stampa
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