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Divieti e arresti a Hong Kong. «Con la scusa del virus, vietano tutto»

Parla Lee Cheuk-yan, tra i 15 attivisti arrestati ad aprile: «Il partito comunista cinese sta aumentando la repressione»

Leone Grotti
19/05/2020 - 2:00
Esteri
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«Ieri si sono svolte solo le fasi procedurali del processo, ma è già evidente che si tratta di un tentativo di privare Hong Kong dei suoi diritti umani e civili». Così dichiara a tempi.it Lee Cheuk-Yan, segretario generale della Confederazione dei sindacati di Hong Kong ed ex presidente dell’Alleanza a sostegno dei movimenti democratici e patriottici in Cina, tra i 15 famosi attivisti arrestati a fine aprile per aver «organizzato e partecipato ad assemblee non autorizzate». Ieri si è svolta la prima udienza del processo senza precedenti che sancirà se esistono ancora nella città autonoma libertà di espressione e di assemblea. «Qualunque cosa succeda, vogliamo che il governo e il Partito comunista cinese sappiano che continueremo a combattere», spiega Lee, che a novembre è stato ospite a Milano di Tempi in occasione dell’incontro “La libertà è la mia patria. Da Piazza Tienanmen a Hong Kong” (riguardalo qui).

Lee, che cosa è successo durante la prima udienza del processo?
Si trattava di un’udienza procedurale ma sono avvenuti due fatti gravi e indicativi. Il primo è che, insieme ad altri, sono stato accusato non solo di avere “organizzato e partecipato ad assemblee non autorizzate”. È stato aggiunto un terzo capo di imputazione: “Incitamento a prendere parte consapevolmente a una assemblea non autorizzata”.

E il secondo fatto?
Il processo è stato rimandato a giugno per permettere al procuratore di passare il caso a una corte distrettuale. Questo tipo di corte a Hong Kong ha facoltà di comminare pene più severe: da due a sette anni. L’obiettivo è chiaro: vogliono instillare la paura nella popolazione di Hong Kong.

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Le “marce non autorizzate” cui fa riferimento l’accusa sono quelle avvenute contro la legge sull’estradizione del 18 agosto e dell’1 ottobre. Alla prima c’erano 1,7 milioni di persone, ma hanno arrestato proprio voi.
È ridicolo. È un processo politico e il messaggio che vogliono mandare è chiaro. Già 8.400 persone sono state arrestate dall’inizio delle proteste, nel giugno 2019, e 1.400 condannate. Io dunque sono solo uno dei tanti arrestati. La differenza però è che finora la maggior parte delle persone è stata arrestata dopo essersi scontrata con la polizia. In quei tafferugli gli agenti sono stati violenti e brutali, ma al di là di questo il punto è che finora veniva arrestato chi era in prima linea.

Ora invece?
Adesso il messaggio è: se protesti con la violenza ti arresteremo, ma anche se protesti contro il governo in una marcia pacifica e non violenta ti prenderemo lo stesso. In questo processo sono in gioco le libertà di Hong Kong, i nostri diritti umani, è un deterrente per intimorire la popolazione.

Il 9 giugno si terrà il primo primo anniversario della protesta antiestradizione. Qual è il suo bilancio?
È già passato un anno e che cosa abbiamo ottenuto? La legge è stata ritirata, certo, ma è l’unica delle nostre cinque richieste a essere stata soddisfatta. Il governo continua a ignorare il popolo di Hong Kong e sul fronte della democrazia non ha concesso nulla. Così come non ha investigato sui metodi brutali utilizzati dalla polizia. Non possiamo che andare avanti a manifestare.

Cos’è cambiato nell’ultimo anno?
La situazione è peggiorata perché il Partito comunista cinese sta cercando di aumentare la repressione. L’ufficio cinese incaricato di tenere i rapporti con Hong Kong ha ad esempio dichiarato che Pechino può interferire negli affari interni di Hong Kong. Questo non solo è vietato dalla nostra mini Costituzione, ma non era mai stato rivendicato prima dal regime comunista. Stanno alzando i toni e vogliono approvare nuove leggi, come quella sull’inno nazionale, per squalificare in futuro nuovi deputati democratici eletti regolarmente ma non abbastanza “sinceri” nel dimostrare il loro “amore” alla Cina.

Pechino dice che voi manifestanti siete alla radice dei problemi di Hong Kong.
La Cina conduce la sua guerra con la propaganda. Fuori dal tribunale c’era un piccolo gruppo di esagitati che ci chiamava “traditori”, perché le televisioni del regime accusano noi 15 attivisti arrestati di essere al soldo dell’Occidente. Ci accusano di dirigere la popolazione di Hong Kong contro il governo per conto dei paesi occidentali. Queste accuse ovviamente sono ridicole.

Anche quest’anno organizzerete una grande veglia al Victoria Park per commemorare l’anniversario del massacro Piazza Tienanmen il 4 giugno?
Vorremmo farlo, ma non sappiamo ancora se ce lo permetteranno. Il governo ha infatti trovato una scusa buona per impedirci di manifestare: il coronavirus. So che in Italia state soffrendo molto e vi siamo vicini, ma qui a Hong Kong ci sono stati appena 1.056 casi e 4 morti. Eppure il governo vieta ogni riunione di più di otto persone anche all’aperto. Ogni manifestazione così è di fatto vietata nel nome della salute, mentre è soltanto una mossa politica.

Non pensate che sia necessario prendere le dovute precauzioni?
Certo, infatti faremo rispettare il distanziamento sociale ma il governo pensa che non sia abbastanza e vuole vietare ogni manifestazione. Se prolungheranno il divieto per altri 14 giorni, quest’anno non potremo celebrare gli anniversari di Piazza Tienanmen e del primo anno della protesta contro la legge sull’estradizione.

Che cosa farete allora?
Di sicuro non potremo manifestare come sempre fatto perché, anche volendo violare l’indicazione del governo, nessuno ci affitterebbe il palco o l’impianto audio. Bisogna considerare che l’anno scorso al Victoria Park c’erano 800 mila persone. Se però non ci lasciano riunire porteremo la celebrazione ovunque.

In che modo?
Vogliamo chiedere ai nostri amici in tutto il mondo di accendere una candela la notte del 4 giugno per commemorare la strage degli studenti del 1989 insieme a noi. Noi potremmo chiedere a tutti gli abitanti di Hong Kong di uscire di casa singolarmente con una candela in mano. Così non sarà una riunione e nessuno potrà essere fermato. Arriveremo in ogni strada e se anche voi ci aiuterete arriveremo in tutto il mondo.

È preoccupato per la sua Hong Kong?
Sì, il rispetto dei diritti umani si sta deteriorando, il regime comunista è sempre più influente e il governo utilizza con sempre maggiore frequenza la legge contro il popolo. Ma è importante che, anche attraverso il nostro processo, il Partito comunista capisca che non smetteremo mai di lottare.

Lei no, magari, ma la popolazione? Non è impaurita o stufa?
Nessuno è spaventato, la gente combatte con noi. I giovani continuano a riunirsi nei centri commerciali per cantare, come espressione di libertà. la polizia dà loro la caccia e li arresta per questo ma stiamo dimostrando al mondo con i fatti che continueremo a combattere per la nostra città, per Hong Kong. Pechino è avvisata.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: Lee Cheuk-yanlegge inno nazionalepartito comunista cinese
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