Caso Tortora. Il pm chiede scusa dopo trent’anni: «Mi sono sbagliato. Chiedo perdono per ciò che ho fatto»
Con un’intervista al Garantista di Piero Sansonetti, per la prima volta l’ex pm Diego Marmo, che condusse l’arringa al processo contro Enzo Tortora, ha chiesto scusa: «Ho richiesto la condanna di un uomo dichiarato innocente con sentenza passata in giudicato. E adesso, dopo trent’anni, è arrivato il momento. Mi sono portato dentro questo tormento troppo a lungo. Chiedo scusa alla famiglia di Enzo Tortora per quello che ho fatto. Agii in perfetta buona fede». Poche parole, al termine di una lunga intervista incalzante: Marmo, attuale assessore alla Legalità del comune di Pompei, fu immortalato in immagini televisive poi divenute tristemente celebri, mentre, durante l’arringa, con foga escludeva ogni possibile dubbio sull’innocenza di Tortora. Ma l’ex magistrato ha definito quello che è stato un clamoroso «caso di macelleria giudiziaria», come scrive il Garantista, «un episodio della mia lunga carriera».
«NESSUNO ME LO HA MAI CHIESTO». Marmo, nel corso dell’intervista, spiega che ha provato rammarico per il caso: «Che non lo provassi è quello che ha sempre pensato il circo mediatico. Quello che avete sempre pensato tutti voi. Il rammarico c’era da tempo. L’unica difesa che avevo era il silenzio». Tuttavia, al giornalista che gli chiede perché non abbia mai parlato prima, Marmo risponde in modo tranchant: «Perché nessuno prima d’ora me lo aveva mai chiesto. Vi siete sempre accaniti contro di me. Mi avete condannato. Venivo sempre aggredito. Ma nessuno ha mai pensato di interpellarmi o ascoltarmi».
Marmo non ha mai subìto alcun provvedimento disciplinare, né, dopo il caso Tortora, la sua carriera ha avuto intoppi. Al contrario, è stato promosso procuratore aggiunto a Napoli e poi nominato procuratore capo a Torre Annunziata, dove ha concluso la sua carriera andando in pensione. Lo scorso 17 giugno è giunta la nomina nella nuova giunta di Pompei (a Marmo anche la delicata delega alla Difesa del patrimonio archeologico e ambientale).
«CHIESI UN TERZO DI ASSOLUZIONI». L’ex magistrato prosegue: «Gli elementi raccolti in fase istruttoria mi sembrarono sufficienti per richiedere una condanna. Tortora non era l’unico imputato di quel processo. Insieme a lui c’erano altri 246 imputati. Io chiesi un terzo di assoluzioni». Non per il giornalista presentatore che, durante l’arringa, Marmo definì «un uomo della notte ben diverso da come appariva a Portobello».
A quell’arringa l’ex pm dedica pochi ricordi: «La requisitoria durò circa una settimana, quella nei confronti di Tortora solo alcune ore. Certamente mi lasciai prendere dal mio temperamento. Ero in buona fede. Ma questo non vuol dire che usai sempre termini appropriati, e che non sia disposto ad ammetterlo. Mi feci prendere dalla foga».
«TORTORA SI COMPORTO’ DA UOMO». Il pm, poi, negando di aver sostenuto (come invece fece) che Tortora era stato eletto con i voti della Camorra, si sofferma su un ricordo. «Tortora si comportò da uomo vero, ma lo capii successivamente»: «Fu un imputato esemplare. Più passa il tempo e vedo l’Italia che ho intorno, e più mi rendo conto della differenza tra lui e chi lo chiama in causa oggi a sproposito». E ancora: «Tortora avrebbe potuto appellarsi all’immunità ma non lo fece. Volle farsi la galera pur di difendere la sua innocenza. E mi fanno arrabbiare certi quaquaraquà di oggi che invocano il suo nome per nascondere magagne e miserie e ottenere visibilità».
«MI SONO SBAGLIATO». È solo alla fine dell’intervista che Marmo ammette: «Mi sbagliai. Dopo le sentenze di assoluzione, mi resi conto dell’innocenza di Tortora e mi inchinai». Al giornalista che chiede come mai però non avesse chiesto scusa nemmeno privatamente alla famiglia Marmo spiega: «Ho creduto che ogni mia parola non sarebbe servita a niente. Che tutto mi si sarebbe ritorto contro. Ho preferito mantenere il silenzio. Ero l’assassino morale di Tortora. E dovevo tacere». E rispetto alla famiglia del giornalista aggiunge: «Ci ho pensato a lungo. Ma alla fine non l’ho mai fatto. Mi sono detto che indietro non si poteva tornare, e che niente che potessi dire o fare sarebbe servito a qualcosa. “Sì, potrei anche provare a incontrarli” ragionavo. Ma temevo che il mio gesto potesse risultare sgradito».
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3 commenti
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Chi sbaglia dovrebbe pagare, in qualche modo, come quasi tutte le altre categorie.
Questo aiuterebbe a crescere tutta la magistratura.
In questo caso il valore è enorme perché la posta in gioco é la LIBERTÀ O LA VITA.
Le scuse del Dottor Marmo, che dire? Forse che Parigi val bene una messa.
Che bastardo! Gli ci vorrebbe si un processo così vede cosa vuol dire… RESPONSABILITÀ!!! L’unica cosa che questi non uccidono (almeno non ancora) è il corpo, per il resto sono assassini non solo morali, distruggono la vita della gente e dei loro cari e poi fanno spallucce! Dei veri criminali!