Al grido di “camionisti terroristi” Trudeau testa il credito sociale in Canada

Di Piero Vietti
22 Febbraio 2022
Per fermare la protesta contro l'obbligo vaccinale il governo invoca poteri speciali, tratta le critiche come terrorismo e blocca i conti di chi sostiene i manifestanti. Giusta reazione, abuso di potere o prove di distopia?
Cana, fine gennaio 2022, il Freedom Convoy blocca le strade di Ottawa
Fine gennaio 2022, il Freedom Convoy blocca le strade di Ottawa per protestare contro l'obbligo vaccinale per gli autotrasportatori (foto Ansa)

Per gli standard delle proteste che si vedono normalmente in giro per il mondo, il “Freedom Convoy” dei camionisti canadesi contro l’obbligo vaccinale a Ottawa è catalogabile al massimo come una «seccatura. Il numero dei manifestanti, circa 8.000, è modesto; non ci sono stati feriti gravi o scontro, i camionisti hanno smesso di suonare il clacson dopo che i residenti hanno chiesto un’ingiunzione temporanea del tribunale contro di loro e la maggior parte dei canadesi non sostiene né i camionisti né la loro causa. Eppure ciò che sta accadendo in Canada merita molta attenzione negli Stati Uniti e in tutto il mondo».

A scrivere così, alcuni giorni fa, è stato il New York Times. Sottolineando come la polarizzazione politica contemporanea abbia dato alla protesta dei camionisti visibilità e interesse globali, tanto da trasformare i manifestanti in “eroi” agli occhi di molti, il giornale liberal con una naturale simpatia per primo ministro canadese Justin Trudeau metteva in guardia il giovane leader progressista dalle tentazioni troppo autoritarie.

Il «diritto a essere chiassosi» dei manifestanti

«Non siamo d’accordo con la causa dei manifestanti», scrivevano, «ma hanno il diritto di essere chiassosi e persino dirompenti. Le proteste sono una forma di espressione necessaria in una società democratica, in particolare per coloro le cui opinioni non ottengono un ampio sostegno popolare. I governi hanno la responsabilità di prevenire la violenza dei manifestanti, ma devono essere disposti ad accettare un certo grado di interruzione da parte di coloro che cercano di essere ascoltati».

Trudeau è pur sempre quello che aveva simpatizzato per le proteste di Black Lives Matter e degli agricoltori indiani che un anno e mezzo fa bloccarono le strade per Nuova Dehli, avrebbe certamente vinto la sfida di gestire una protesta in fin dei conti pacifica senza l’uso della forza. Forse il premier canadese non legge il New York Times, fatto sta che pochi giorni fa ha deciso di usare il pugno duro contro i manifestanti: ha dichiarato lo stato d’emergenza, ha assunto poteri speciali, ha classificato come terrorismo le proteste dei camionisti e fatto bloccare i conti correnti loro e di chi li ha aiutati.

Per il WSJ è «un inutile abuso di potere»

«Il compito del governo è mantenere l’ordine pubblico nel rispetto delle libertà civili», ha scritto in un editoriale il Wall Street Journal pochi giorni fa. «Il Canada ha fallito entrambi gli obiettivi. Per settimane le autorità hanno cercato di risolvere il problema. Non essendoci riusciti, il signor Trudeau ha esagerato, invocando nuovi poteri prima che le giurisdizioni canadesi cercassero di far rispettare la legge esistente». Le azioni con cui la polizia ha ristabilito l’ordine nei dintorni di Ottawa, posti di blocco, arresti, cariche, si sarebbero potute compiere nel rispetto della legge già vigente.

Trudeau ha invece scelto di gonfiare la protesta arrivando a trattarla come un complotto terroristico per rovesciare il governo. Gli estremi per lo stato d’emergenza non c’erano, denuncia la Canadian Civil Liberties Association. Non solo, il premier democratico ha chiesto alle istituzioni finanziarie di bloccare i conti dei manifestanti e di chi li ha aiutati anche solo con una donazione online. A Toronto e sul confine con gli Stati Uniti, quando la polizia è intervenuta, il blocco dei camion è stato tolto, in molti casi senza l’uso della forza.

Negli ultimi anni in Canada, fa notare il WSJ, le proteste contro gli oleodotti da parte di ambientalisti e aborigeni hanno provocato ingenti danni economici al paese, molti più di quelli causati dai camionisti in queste settimane. Eppure Trudeau ha invitato al dialogo con loro, così come si è unito alle manifestazioni di BLM fatte in violazione delle normi anti Covid. Il primo ministro si è invece rifiutato di incontrare i rappresentanti dei camionisti e di scendere a compromessi, anche se nel frattempo i singoli stati del Canada allentavano le varie misure restrittive. Ora è sempre più evidente che il problema, nella protesta canadese, non sono i no vax (sono pochissimi i camionisti canadesi non vaccinati), ma quello che l’editorial board del Wall Street Journal chiama «un inutile abuso di potere».

Camionisti razzisti e suprematisti, of course

«Quando l’Emergencies Act è stato approvato per la prima volta, ai critici era stato assicurato che “i poteri di emergenza possono essere utilizzati solo quando la situazione è così drastica che nessun’altra legge del Canada può affrontare la situazione”. Abusando di questi poteri per una non emergenza, Trudeau ha oltrepassato una linea democratica». Lo ha fatto accompagnato dall’armamentario retorico solito, tra l’altro: nella sua narrazione (fatta propria anche da gran parte dei media mondiali, italiani compresi) i camionisti erano razzisti, suprematisti bianchi, “agitatori di svastiche”.

Una volta messi i manifestanti dalla parte dei cattivi, Trudeau ha usato l’Emergencies Act, una legge del 1988 finora mai utilizzata, motivandone la necessità per “intimidazioni, molestie ed espressioni di odio”, nessuna delle quali è contemplata dalla legge come motivo valido per invocare lo stato d’emergenza. Il crescendo di misure molto poco democratiche introdotte da Trudeau in queste settimane è stato descritto su Common Sense da da David Sacks, già fondatore e Ceo di Yammer ed ex Coo di PayPal.

Conti bloccati ai “terroristi”

Martedì scorso Trudeau ha invocato una legge sulla guerra al terrorismo ordinando alle istituzioni finanziarie, comprese banche, cooperative di credito, cooperative, società di prestito, trust e persino portafogli di criptovaluta , di smettere di “fornire qualsiasi servizi” a chiunque sia associato alle proteste (le cosiddette “persone designate”). Sono gli istituti e le banche a decidere chi dei loro clienti è “persona designata”, sapendo che questa definizione può riferirsi a chiunque partecipi “direttamente o indirettamente” alla protesta.

Qualche giorno fa i dati dei donatori al sito di crowdfunding GiveSendGo sono stati violati, e si è scoperto che la maggior parte degli 8 milioni di dollari raccolti dai manifestanti sono stati donati da canadesi. Canadesi che ora rischiano ritorsioni finanziarie per avere sostenuto una protesta antigovernativa. Il risultato è che alcuni dei sostenitori dei camionisti sono stati licenziati, altri hanno chiuso il loro negozio, e il ministro della Giustizia David Lametti ha detto in tv che «chiunque contribuisca a “un movimento pro-Trump” dovrebbe essere “preoccupato” per il congelamento dei propri conti bancari».

La scusa del fanatismo

«La paura di essere intrappolati nella rete a strascico avrà sicuramente un effetto raggelante sulle prospettive commerciali di coloro che sono sospettati di avere “punti di vista inaccettabili”, creando una casta di intoccabili con cui nessuno oserà avere a che fare», scrive Sacks.

Come si è arrivati a questo punto? «Per anni, gli ideologi hanno usato l’accuse di fanatismo per cacciare le persone dal lavoro, bannarle dai social media e revocare il loro diritto a partecipare all’economia online. Tuttavia, da tutti questi casi sono stati considerati particolari e marginali, episodi che potevano essere ignorati perché colpivano individui antipatici. Ma ora abbiamo un gruppo ad ampio raggio di persone della classe operaia e dei loro sostenitori che vengono colpiti finanziariamente per disobbedienza civile. I camionisti canadesi sono stati chiamati offensivamente razzisti e bigotti dai media senza che nessuno pensasse alle implicazioni da incubo per i cittadini comuni. Tv e giornali di Canada e Stati Uniti hanno acclamato e incoraggiato Trudeau mentre optava per l’autoritarismo».

Il credito sociale in Canada

Con la scusa di non dare spazio a chi contestava l’obbligo vaccinale (pur essendo in larga parte vaccinato) è diventato accettabile che i governi allargassero poco per volta i propri poteri, tanto era “per una buona causa”, la fine della pandemia. C’è qualcosa di distopico in questa scelta di bloccare i conti correnti di chi non è d’accordo con le politiche governative, anche perché una volta accettato come giusto questo principio per i vaccini, nulla impedirà che tale misura venga applicata a nuove emergenze, di volta in volta decise da chi è al potere.

A febbraio «il Dipartimento per la sicurezza interna ha apportato un cambiamento notato da pochi nella sua definizione di terrorismo interno, citando “la diffusa proliferazione online di narrazioni false o fuorvianti riguardanti frodi elettorali diffuse e infondate e COVID-19” come un fattore chiave per considerare un ambiente a rischio crescente di minaccia terroristica. Come abbiamo visto da oltre 20 anni, “terrorismo” è la parola magica con cui può essere giustificata qualsiasi limitazione dei diritti e qualunque espansione del potere di governo», nota Sacks. Finita la vacanza dalla Costituzione, è bene che la politica riprenda in mano la situazione, conclude. Che il Canada sia il primo paese occidentale ad applicare un sorta di credito sociale à la cinese non è una buona notizia.

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1 commento

  1. ANDREA ZOFFOLI

    Salve Vietti, Salve redazione,
    continuo a non comprendere come possiate pubblicare questo tipo di articoli definendo applicazione di credito sociale il comportamento del governo Canadese nei confronti di chi dissente dalla linea governativa, e contemporaneamente continuare a tacere riguardo al sistema di credito sociale de facto che vige in Italia tramite l’applicazione insensata del Green Pass e del Super Green Pass o dell’obbligo vaccinale per gli over 50 che vieta a chi di loro decide di non vaccinarsi di potersi mantenere e sostenere con il proprio lavoro. Quale sia la privazione più grave, se il congelamento dei propri beni o l’impossibilità di lavorare e quindi di provvedere al sostentamento della propria famiglia è duro da discriminare. Direi che se ci togliessimo il paraocchi e usassimo un po’ più di coraggio, prima di guardare in casa del Canada dovremmo guardare in casa nostra, o meglio dovremmo guardare sia in casa nostra che in quella altrui. L’impressione che ho è che chi non è toccato sul proprio lavoro o sulle proprie abitudini di vita e di spesa dalle conseguenze del Green Pass e super green pass, non riesca proprio a immedesimarsi e a capire cosa significhi perdere la possibilità di una vita sociale minima, la possibilità di lavorare e di guadagnare il necessario per sostenere la propria famiglia, la possibilità di muoversi e viaggiare, la possibilità per i propri figli di fare sport e vita sociale. E’ falso pensare che queste limitazioni possono essere semplicemente superate vaccinandosi e quindi la responsabilità sia delle persone stesse che non fanno questa scelta. La capacità di compassione, di immedesimazione nel prossimo, nei suoi bisogni, nelle sue necessità, è la prima vera vittima di questi 2 anni di covid. Oggi è permessa ogni nefandezza contro chiunque, purché non mi tocchi in prima persona. Un giornale come Tempi su questo punto dovrebbe avere un giudizio chiaro, se non altro per la propria storia editoriale. Non è questione di VAX o No VAX, è questione di libertà individuale e di scelta, di possibilità di dissentire senza essere messi al bando da tutto.
    Andrea

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