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Bologna, referendum scuole paritarie. Firmate il manifesto. Zamagni: «Sarà un bel segnale per l’Italia»

Intervista a Stefano Zamagni, professore presidente del comitato che da sabato riunisce il fronte a sostegno delle scuole paritarie: «I referendari fanno campagna su informazioni sbagliate».

Emmanuele Michela
26/03/2013 - 11:08
Interni
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Bologna, i bambini cantano "Fischia il vento"
Alla fine è arrivato anche l’appoggio del Pd bolognese: dopo essersi quasi diviso sul referendum consultivo che porterà il capoluogo emiliano ad esprimersi in merito al sistema pubblico integrato della scuole d’infanzia il prossimo 26 maggio, ieri il partito di centrosinistra, che in Comune ha la maggioranza, ha aderito alla piattaforma contraria ai referendari. Da sabato, infatti, il fronte che sostiene le scuole paritarie si è stretto intorno ad un manifesto: 10 punti, sottoscrivibili da tutti, che hanno accolto come primi 18 firmatari diverse figure di spicco della città, vicine al mondo cattolico e non. «È la prima volta che a Bologna un partito che raccoglie più del 50 per cento delle preferenze prende un’iniziativa al seguito della società civile: nessuno dei primi 18 sottoscrittori ha qualche carica politica», spiega a tempi.it. Stefano Zamagni, professore ordinario di Economia politica all’università di Bologna, presidente del comitato e primo firmatario. «La conferenza stampa di presentazione del manifesto ha avuto un seguito enorme: tutti i giornali ne hanno parlato. E da quando abbiamo messo on-line quei 10 punti abbiamo già ricevuto tantissime adesioni».

Dove sta la forza della posizione che state assumendo?
Qui a Bologna le scuole paritarie sono tutte cattoliche, eccetto due. Noi però abbiamo voluto sposare una strategia che non ci individuasse solo come “il gruppo dei cattolici”: la battaglia che si gioca è prima di tutto di civiltà, ha come fine il bene comune di tutta la città, la civitas bolognese. Far cogliere questa caratterizzazione ha avuto grande impatto: la gente pensava che la nostra fosse solo la posizione della Curia, e basta. Per questo motivo tra i primi 18 firmatari ci sono, quasi pariteticamente, sia persone vicine al mondo cattolico, come me, sia non-credenti, come il professor Luciano Vandelli o l’ex-sindaco Walter Vitali.

REFERENDUMB-come-Bologna copiaCi aiuti allora a capire che cosa sta piacendo così tanto di questo manifesto.
I punti di forza sono tre: il primo è che i referendari hanno basato la loro campagna su informazioni sbagliate. Io voglio credere nella buona fede, però non è vero che le scuole paritarie non fanno parte del sistema pubblico: sono a gestione privata, ma la legge 62 del 2000, detta “Berlinguer”, dice che partecipano al sistema pubblico. Secondo punto: l’articolo 33, cui appunto si appellano anche nel nome del comitato i referendari, dice che gli enti privati possono istituire scuole, però «senza oneri per lo Stato». Attenzione però, oneri viene dal latino onus, “peso”: la costituzione prevede quindi che all’ente pubblico sia risparmiato di far fronte ad un peso, non ad un semplice pagamento. Nello specifico delle scuole bolognesi, il Comune dà 1 milione all’anno, ricevendo però in cambio un servizio di 6 milioni: è quindi il contrario, l’onere è sulle spalle della società civile. In questo l’argomentazione dei referendari è ribaltata di 180 gradi, a maggior ragione se si attinge alla relazione di accompagnamento dell’articolo 33: Corbino, Labriola e Mortati, i tre costituenti che all’epoca la firmarono, spiegavano esattamente questa interpretazione della parola “oneri”.

E il terzo punto?
In questa fase storica di ristrettezza economica gli enti pubblici non possono prescindere dalle materne paritarie; se si vuole preservare il diritto universalistico che bisogna aiutare tutti, serve indirizzarsi verso un’alleanza strategica tra l’ente pubblico e i soggetti della società civile, sul principio di sussidiarietà. Il giorno in cui l’ente comunale si rintanasse nel proprio nucleo, questo determinerebbe un abbattimento della qualità dell’insegnamento e del servizio. Sa che in questi giorni stiamo girando per incontrare le famiglie nei quartieri: tante mamme non avevano capito questo punto, credevano fosse una battaglia puramente cattolica. Appena realizzano che il rischio cui si va incontro è un peggioramento del servizio, capiscono subito da che parte schierarsi. E lo sa che sabato i referendari hanno fatto una manifestazione in Piazza Maggiore: si aspettavano migliaia di persone, erano solo in 120. Ai bambini hanno fatto cantare “Bella Ciao”, “Il Resistente” e altre canzoni di quel repertorio: non mi vengano a dire che rispettano la libertà di quei bambini di 4 anni, che chissà se sanno la storia di quelle canzoni. Io però sono molto fiducioso: sono convinto che vinceremo, e dato che Bologna non è un paesino, sarà un bel segnale per l’Italia: qui è in gioco il bene della gente, e la stessa cosa varrà per la sanità, l’assistenza degli anziani, ecc…

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Sabato l’ex sindaco Vitali, nella conferenza stampa di presentazione del manifesto, ha detto come «si vuole tornare a una concezione di pubblico superata da vent’anni. Far crescere la macchina comunale è segno di modernità? No, così si torna indietro».
È positivo quanto detto da Vitali. Fu proprio lui, nel ’95 da sindaco, ad avviare questo sistema di interazione nelle scuole: è sempre stato uno molto vicino al mondo cattolico, per quanto di sinistra. Non dobbiamo aver paura di dialogare con nessuno: dobbiamo partire dai bisogni e dai desideri della gente.

A Torino la scorsa settimana i rappresentanti delle scuole paritarie sono scesi in piazza per una protesta pacifica contro i ritardi del Comune nel pagamento dei contributi promessi. A Bologna questo referendum mette a rischio una cooperazione biunivocamente vantaggiosa tra Comune e paritarie. Perché tanta fatica a comprendere la forza di questi sistemi integrati?
Ci sono due ragioni. La prima è la disinformazione: anche alcuni dei promotori del referendum non conoscevano i particolari di questa cooperazione tra Comune ed enti privati, e quando ne abbiamo parlato, mi han detto che dovevano ripensare alla loro posizione. E poi pesantissima è la componente ideologica: se delle 27 scuole paritarie che abbiamo a Bologna, 2 fossero cattoliche e le altre 25 steineriane, con rapporti quindi invertiti, credo che questo referendum non ci sarebbe mai stato. C’è un forte astio nei confronti della Chiesa, nessun altra ragione oggettiva. Non ci sono motivi politici, né economici, né giuridiche: rimane solo il fattore ideologico, di fronte a cui io mi fermo, perché la ragione qui non potrà mai vincere. Però, se devo dire la verità, nel muovermi per questo referendum mi sto divertendo, perché mi sto accorgendo ancora una volta che la cultura vince: quando incontro la gente e chiacchiero con loro, è difficile trovare persone che non siano d’accordo. In fondo, ringrazio anche i referendari, perché con la loro proposta hanno dato la possibilità di alimentare un vero dibattito di tipo democratico. 

@LeleMichela

Tags: bolognamovimento 5 stellePdreferendumscuole materneScuole ParitarieStefano zamagniVitali
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