Quelli che fanno i libertari con i rave party ma guai ai medici non vaccinati

Pier Ferdinando Casini e Licia Ronzulli
Il senatore eletto come indipendente nelle file del Pd Pier Ferdinando Casini con Licia Ronzulli di Forza Italia (foto Ansa

Su Startmag Paola Sacchi scrive: «Casini, eletto da indipendente nel Pd, osserva che “il tema della legalità non può essere regalato alla destra”. E auspica: “Un’opposizione seria ora si deve impegnare in Parlamento in modo unitario per migliorare il decreto che era già in gestazione dallo scorso governo”. Quindi, dall’ex presidente della Camera viene un no al ricorso all’”ideologia”. Casini sollecita una “capacità emendativa unitaria dell’opposizione”. Che invita a prendere atto della sconfitta elettorale e la vittoria del destracentro, con un equilibrio interno diverso da quello dei “passati governi di centrodestra”. Quindi, osserva: “Avendo Meloni quasi il doppio dei consensi degli alleati messi insieme è normale che faccia valere l’identità di Fdi”».

Una norma che vuole contrastare «l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un  pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica» può sicuramente essere meglio precisata e così possono essere meglio calibrate le pene che questa norma prevede. Che, poi, si sia di fronte a un’iniziativa in sé liberticida e incostituzionale, mi sembra un giudizio affrettato e impreciso. Peraltro, che, mentre ci si preoccupa di frenare eccessi repressivi, poi si contesti il reintegro (dopo pur la giusta e inevitabile sospensione), terminata la fase di emergenza, di medici che per motivi di coscienza non si erano vaccinati, dà la misura dell’”amore per la libertà” di certe forze politiche. Credo che la sinistra farebbe bene ad ascoltare lo stagionato topino nel formaggio politico, Pier Ferdinando Casini, non certo un maestro di coerenza, ma un buon conoscitore delle vicende italiane. Con un governo politico, c’è finalmente un Parlamento che può funzionare, è bene metterlo alla prova.

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Sul Post si scrive: «Netanyahu è già il primo ministro rimasto in carica per più anni nella storia di Israele, e la vittoria allungherà ancora il suo primato. Il suo dominio sulla politica israeliana è talmente incontrastato che anche nell’anno e mezzo appena trascorso all’opposizione gran parte del dibattito pubblico girava intorno a lui, ai suoi processi per corruzione, all’eredità dei suoi anni da capo del governo, e alle critiche che muoveva all’esecutivo in carica, formato da forze diversissime, che secondo una descrizione efficace del Wahington Post “non erano d’accordo praticamente su nulla, tranne che sulla necessità di tenere fuori Netanyahu”».

Ecco un interessante commento alle vicende israeliane che dovrebbe insegnare come le alleanze tra ampi settori dell’establishment, con un particolare ruolo della magistratura e dei media, e un contorno da fronti popolari contro immaginari nemici della democrazia tendono a essere fragili e a poter essere messe in discussione costantemente dal voto popolare.

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Su Huffington Post Italia Gianfranco Rotondi scrive: «Si pensi alle candidature: scaricati brutalmente da Forza Italia, e men che ignorati dalla Lega, tutti i partiti centristi sono stati letteralmente presi in carico da Fratelli d’Italia, che ha ridotto il numero dei propri collegi cedendone una quota a due cifre alla costellazione centrista».

Rotondi osserva come il ruolo dei movimentini ex Dc, tradizionalmente presenti nelle coalizioni di centrodestra dal 1994, è entrato in crisi. Ciò è dovuto, credo, al fatto che si è passati da uno schieramento a centralità liberaldemocratica a uno che tende a essere organicamente conservatore. Peraltro non è vero che in questo secondo schieramento non c’è un ruolo assegnato agli ex dc: per capire quale è la tendenza in atto si consideri solo la centralità di un ministro come Raffaele Fitto. L’ex governatore della Puglia è il politico di Fdi più impegnato a dialogare con Manfred Weber, con i popolari spagnoli che stanno tornando in orbita aznariana e con i gollisti, se prevarrà Éric Ciotti, per costruire una saldatura tra conservatori moderati e radicali sotto il segno di un nuovo europeismo-atlantismo.

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Su Open si scrive: «Massimo D’Alema è da qualche tempo molto vicino a Giuseppe Conte. A dirlo è lui stesso in un’intervista rilasciata oggi a Repubblica. Nella quale consiglia al Partito democratico di tornare al dialogo con il Movimento 5 stelle. Per battere il centrodestra. Anche perché, secondo il suo ragionamento, il centrosinistra (sommando quelli del M5s) ha preso più voti della destra: “Un milione e 600 mila, per l’esattezza. La destra ha preso dodici milioni di voti, gli stessi del 2018. Noi nel 2006 ne prendemmo 19 milioni. Semplicemente la destra ha saputo interpretare la legge elettorale voluta dal Pd, fondata sulle coalizioni elettorali”. A questo bisogna ovviare con una nuova alleanza, anche se Conte ha fatto cadere Draghi: “A parte il fatto che Meloni ha fatto l’opposizione a Draghi, e non mi pare che questo l’abbia danneggiata elettoralmente, né ha impedito a diversi ministri di Draghi di schierarsi con lei. Conte non aveva tutti i torti a sollevare i problemi che sollevò, ma anche considerando quel passo un errore non credo che avrebbe dovuto impedire a partiti che avevano governato insieme, e bene, di allearsi”».

D’Alema ricorda un po’ Mario Balottelli, un giocatore pieno di classe che però quando entra in campo combina solo disastri. Così la sua storia post ’92: è passato dalla Lega costola della sinistra a Romano Prodi, alla Goldman Sachs, a puntare tutto su Pier Luigi Bersani, poi su Michele Emiliano, infine su Pechino e quindi su Conte. Se fossi nei panni di quel mediocre avventuriero che è l’avvocato di Voltura Appula, mi terrei stretto Rocco Casalino che è molto più efficace nella comunicazione, e Beppe Grillo, che è molto più bravo nel raccogliere voti. Quanto al Pd, si decida: o una socialdemocrazia occidentale o un massimalismo filocinese come gli suggerisce lo stordito D’Alema.

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