“Risorgerà”, “è morto”. Da Travaglio a Ferrara, da Mauro a Feltri, tutti gli editoriali dopo la condanna Berlusconi

Di Redazione
02 Agosto 2013
Ferrara, Polito, Travaglio, Feltri e gli altri editoriali di oggi sulla sentenza Mediaset. Tutti accomunati da una domanda: resisterà il governo Letta?

Pubblichiamo alcuni stralci degli editoriali che compaiono oggi sui maggiori quotidiani italiani dopo la sentenza di condanna di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset.

GIULIANO FERRARA, Accanimento ad personam e viltà in una sola sentenza, Il Foglio
E perciò è chiaro quel che c’è da fare, a parte il solidale dispiacere per una condizione difficilissima in cui adesso è piazzato l’uomo simbolo di questi vent’anni. C’è da rimboccarsi le maniche e da ricostruire, nelle forme possibili, l’identità integrale di una personalità che ha espresso intorno a sé un movimento popolare immenso e che ha una funzione basilare di equilibrio nella politica italiana. Nessuno può togliergliela né per legge né per sentenza: almeno in una democrazia matura in cui, fatta salva la sottomissione ai dettati dei tribunali, resta aperta, e Berlusconi ha tutte le risorse personali e politiche per tenerla bene aperta, la prospettiva di un combattimento politico, per le riforme e per la giustizia.
Saranno ore e giorni di forte tensione, ma chi è amico di Berlusconi, e sopra tutto chi è amico di questo paese in grave crisi, guarderà oltre e cercherà, si spera con prudenza istituzionale e con saggezza, di determinare nuove condizioni anche a partire dal fatto che la guerra dei vent’anni oggi ha fatto un prigioniero, il più notevole dei suoi protagonisti. Un prigioniero libero.

ANTONIO POLITO, Siate seri, tutti, Corriere della Sera
La condanna di Berlusconi non può essere certo considerata un fatto «privato». È anzi un fatto pubblico e politico al massimo livello. Produrrà dunque certamente conseguenze politiche. Per esempio metterà il Pdl di fronte alla realtà di una leadership menomata, impedita o agli arresti domiciliari, aizzando quelli che non aspettavano altro per rinchiudersi nel bunker e dare l’ultima battaglia e forse allontanando, invece di avvicinare, il tema della successione.
Per esempio obbligherà il Pd a fronteggiare un nuovo attacco del partito giustizialista, il quale pretende che sia Epifani a rendere esecutiva la sentenza aprendo una crisi di governo. Ma proprio chi ha strillato, da un lato e dall’altro, che la giustizia deve essere indipendente dalla politica e viceversa, dovrebbe oggi dimostrare coerenza accettando il principio della separazione dei poteri, l’invenzione su cui si basa lo Stato di diritto. Non sarà affatto facile. La sorte del governo resta precaria. L’unico modo di ammortizzare il colpo micidiale subìto ieri dal sistema politico italiano sarebbe quello di seguire l’invito rivoltogli dal capo dello Stato ad accettare la realtà, a tracciare una linea nella sabbia, a mettere un punto a capo e ripartire, anche affrontando finalmente il grande problema dell’amministrazione della giustizia. D’altra parte chi propone soluzioni diverse avrebbe il dovere di spiegare anche che cosa ci si guadagnerebbe a ricominciare oggi da dove partimmo 19 anni fa. Avrebbe il dovere di spiegare a chi e a che cosa servirebbe una crisi di governo.

MARCO TRAVAGLIO, Il pregiudicato costituente, Il Fatto
Sarebbe interessante sapere con che faccia il Pd possa restare alleato con un pregiudicato prossimo all’arresto purché non faccia troppo casino: come se qualche parola o manifestazione scomposta fossero più gravi che mettere in piedi una monumentale frode fiscale. (…) Ora i soliti idioti dicono che la Cassazione ha condannato 10 milioni di elettori del Pdl (che sono molti di meno): no, ha condannato un solo eletto. Ma anche, simbolicamente, tutti quelli che – sapendo chi era – l’hanno legittimato, favorito, riverito, salvato, strusciato, addirittura promosso partner di governo e padre costituente: da Napolitano in giù. Vergognatevi, signori. E rassegnatevi: la legge, ogni tanto, è uguale per tutti.

ANTONIO PADELLARO, Larghe intese con uno così?, Il Fatto
Un necrologio lo merita anche il governo del Letta nipote che assomiglia molto a un morto che cammina. Già nella primavera prossima in coincidenza con le elezioni europee si potrebbe tornare alle urne. (…) Gli italiani per bene possono esultare: per la prima volta dopo vent’anni la legge è davvero uguale per tutti.

MAURIZIO BELPIETRO, Risorgerò, Libero
Quello che non è riuscito a fare Bersani, lo hanno fatto i magistrati. (…) Se dovessimo scommettere saremmo pronti a puntare sul fatto che la sentenza di ieri, pur avendo chiuso la carriera parlamentare di Berlusconi, non abbia spento la sua leadership. È vero, l’uomo è stanco e provato, ha 78 anni e potrebbe anche decidere di gettare la spugna limitando i danni, ma fossimo nei suoi nemici non lo daremmo per vinto come invece ha fatto ieri Beppe Grillo. Anche se messo fuori gioco bruscamente dai giudici, il Cavaliere potrebbe tornare. O lui o qualcuno a nome suo. E a nome degli italiani che non sono di sinistra.

EZIO MAURO, Le conseguenze della verità, La Repubblica
L’unica salvezza per la sinistra e per le istituzioni è leggere con spirito di verità quanto è avvenuto in questi anni e la Cassazione ha certificato ieri, dando un giudizio preciso sulla natura di questa destra e del suo leader, senza nascondere la testa dentro la sabbia, perché su questa natura si gioca la differenza per oggi e per domani tra destra e sinistra, cioè il nostro futuro.
Non è la destra che deve decidere se può restare al governo dopo questa sentenza. E’ la sinistra. Perché la pronuncia della Cassazione non è politica: ma il quadro che rivela è politicamente devastante. Per questo chi pensa di ignorarlo per sopravvivere avrà una vita breve, e senz’anima.

VITTORIO FELTRI, Così si decapita la democrazia, Il Giornale
A un certo punto, Berlusconi indagato o processato non faceva più notizia. Era una consuetudine. Tant’è che nessuno immaginava che egli potesse essere condannato. Anche ieri, in attesa del verdetto della Cassazione, eravamo tutti tranquilli: non lo condanneranno mai. La nostra fantasia, pur fervida, non contemplava l’ex premier privato della libertà personale. Viceversa, è successo anche questo: in galera. O ai domiciliari. O ai servizi sociali. Non sono i dettagli che contano ma la liquidazione di un personaggio con le maniere forti. Quelle della legge. Che non si discute. Chissà perché, poi, una sentenza emessa in nome del popolo italiano non può essere discussa, ma solamente rispettata. C’è qualcosa di abnorme, di assurdo.
Quale futuro ci attende? Non lo sappiamo. Sappiamo però che stiamo sprofondando. E la chiamano giustizia.

ALESSANDRO SALLUSTI, “Berlusconi, non è finita”, Il Giornale
Ci hanno messo 18 anni ma alla fine lo hanno braccato (…). In tutto questo c’è malafede e imbroglio. Lo stesso imbroglio con cui berlusconi è stato convinto, accompagnato sul baratro e poi spinto giù. Sono più esplicito. Napolitano aveva giocato la sua faccia e la sua ricandidatura assicurando una pacificazione nazionale sul cui presupposto è nato il governo delle larghe intese. Ora, o il capo dello Stato ha preso in giro il pdl oppure è stato a sua volta preso per i fondelli. (…) Non so che cosa accadrà nelle prossime ore ma una certezza ce l’ho. L’avventura politica di Berlusconi non finisce qui e nessuno si illuda di spartirsi il bottino. Se al Pd fa un po’ schifo stare al governo con un partito, il PdL, il cui leader è stato condannato, si sappia che il sentimento è assolutamente ricambiato.

MARCO TARQUINIO, Prima l’Italia, Avvenire
C’è semplicemente da augurarsi che la stragrande maggioranza dei cittadini di questo Paese piuttosto si interessi, ragioni e a suo modo “faccia il tifo” per la tenuta e per l’efficacia di un quadro di governo che – nella condizione data – è essenziale per mantenere l’Italia sulla troppe volte vagheggiata invano “via d’uscita” dalla sua triplice crisi: economica, politica e sociale. (…)
La scelta anche in questo caso non è lieve e, purtroppo, non è del tutto scontata. Grava su persone e partiti, e certamente – ultimo lascito del leaderismo berlusconiano e antiberlusconiano – più sui vecchi e nuovi capipartito che sulle vecchie e nuove formazioni da essi guidate. E per quanto qualcuno si affanni a dire che la storia, magari anche con la “S” maiuscola, ha ieri voltato una volta per tutte pagina, non c’è dubbio che di nuovo una specialissima e inevitabile responsabilità tocchi al protagonista principe di tutta la vicenda: Silvio Berlusconi. Il leader del Pdl ritiene di aver subito, a ripetizione, torti persino più gravi della condanna che gli è stata ora inflitta. E protesta da sempre non solo la propria innocenza, ma il proprio totale disinteresse personale nell’azione politica e di governo. Oggi il Cavaliere ha l’occasione per dimostrare in modo inequivocabile a tutti, ma proprio a tutti, che questi sono i suoi sentimenti e il suo impegno. Prima l’Italia.

STEFANO FOLLI, Il sasso che rotola a valle, Il Sole 24 Ore
Ora siamo sul crinale e davvero è complicato restare in equilibrio. C’è un governo che Berlusconi al momento non intende o non può far cadere. Ma stiamo parlando di una grande coalizione che aspettava l’occasione di decollare, superando un certo “tran tran” che ne ha segnato i primi cento giorni. C’è qualcuno che pensa che d’ora in poi l’alleanza fra Pd e Pdl sarà più forte e determinata, anziché più debole e incerta?
(…) In altre parole, la questione di fondo riguarda la stabilità della maggioranza. Nella quale è rappresentato quel 30 per cento circa di italiani che alle elezioni ha dato fiducia a Berlusconi. Questa è la forza residua dell’ex premier: una forza che a nessuno conviene sottovalutare. Nemmeno al Pd che mai come oggi è esposto alla pressione proveniente dai grillini e dalla sinistra di Vendola. La sentenza di Roma parla anche ai democratici, li sfida sul terreno del riformismo. E le parole corrette di Epifani non bastano per capire se il centrosinistra riuscirà a non soccombere sotto il peso di contraddizioni che adesso appaiono più esasperate.
Se Berlusconi, passato lo smarrimento delle prime ore, tenterà di usare il peso che gli viene da quel 30 per cento in vista di una battaglia populista e forse persino eversiva, allora il quadro potrebbe farsi realmente drammatico. Ma in tal caso l’Italia moderata, l’Italia che ha votato a ripetizione Berlusconi ma non si riconosce nell’ultimo berlusconismo, dovrebbe far sentire la sua voce. Che non è mai propensa al populismo e all’estremismo.
Questa opinione moderata ha bisogno più che mai di una rappresentanza parlamentare, dopo le disavventure del Centro e da ultimo i tormenti di Scelta Civica. Non si può credere che Berlusconi voglia o possa trascinare l’intero Pdl sulla linea intransigente, quando lo stesso Napolitano ha chiesto ieri sera più coesione e più solidarietà fra le forze politiche. La logica delle larghe intese nate a febbraio si ripropone oggi in forme diverse ma non meno cogenti.

MARIO CALABRESI, Ma il conto non lo paghi il paese, La stampa
Gli italiani assistono, la gran parte come spettatori, a questo finale. Guardano da fuori chi ha in mano il loro futuro e scrutano per vedere se verrà appiccato l’incendio. Sono convinto che quelli che lo auspicano siano una minoranza, non perché la maggioranza ami l’idea di un governo di larghe intese ma perché prevale lo sfinimento e la nausea verso la guerra totale. Una guerra che non ha costruito nulla e che ha trascinato la politica in fondo alla scala del gradimento e della stima.
I prossimi giorni saranno cruciali, la navigazione sarà difficilissima, ma la domanda fondamentale è se la maledizione italiana, essere sempre prigionieri del passato, condannati a vivere con la testa che guarda all’indietro, sia destinata a protrarsi o possa svanire.
La Cassazione mette la parola fine, è sempre così, a un percorso e a una storia giudiziaria. E non deve certo essere l’inizio della nostra fine.

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7 commenti

  1. Giulio Dante Guerra

    Possibile che nessuno si sia accorto di quello a cui veramente serve tutto questo “canaio” sulle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi? A distrarre l’opinione pubblica! A far sì che la gente non s’accorga della legge liberticida sulla c.d. “omofobia”, che sarà approvata fra il disinteresse di tutti, mentre sula stampa e sulle spiagge si discuterà sulla condanna del CAV. Signori, non illudetevi, noi non ci faremo distrarre.

  2. Il Re Sole: La Legge sono IO
    I Romani: Dura Lex, sed Lex
    Il “saggio” Bondi: “o soluzione o guerra civile”
    Gli amici: vogliono andare da Re Giorgio per la Grazia.
    Il Re Giorgio non pare sia d’accordo.

    Propongo una soluzione:
    Perché non andare da Papa Francesco e chiedergli che
    venga dichiarato con procedura d’urgenza SANTO SUBITO,
    SANTO E MARTIRE.

    Nella Costituzione e nelle aule esiste una parola
    che non si è capita molto bene: UGUALE.
    Non esiste qualcuno più UGUALE di altri.

    L’Italia è il Paese che ama?
    Avrebbe dovuto dire: L’Italia è il Paese che mi deve amare.

  3. Saverio

    Princeps legibus solutus, il principe non è soggetto alla legge.
    Da ragazzino restavo allibito nel considerare come un Toni Negri (princeps “democratico” dei nostri giorni) potesse trincerarsi dietro l’immunità parlamentare per non scontare le proprie colpe.
    Con il tempo, approfondendo nel corso degli studi l’art. 68 della Costituzione, che a quell’epoca era in fase di riforma, mi feci trascinare come, così almeno mi parve, tutti nel vortice del giustizialismo – di quello moderato, non di quello giacobino – di strada.
    Nulla di particolare contro Craxi, sia chiaro: Tangentopoli mi parve anzi una farsa crudele ed unilaterale.
    Ma l’idea immeditata che anche i parlamentari in carica – i principes dei nostri tempi, appunto – dovessero essere soggetti ad un giudice senza un eccesso di filtri, in caso di commissione di reati non politici, mi sembrava scontata.
    Passano gli anni, e rimediti le cose alla luce dell’esperienza: la tradizione ha spesso un senso che noi, uomini iconoclasti e superficiali di quest’epoca, non sappiamo cogliere.
    La tradizione del princeps legibus solutus aveva trovato una sua formulazione moderna e mitigata proprio nell’art. 68 della Costituzione, in un consesso di costituenti la cui componente maggioritaria non era di certo data da residuati storici di epoche passate.
    Dai democristiani, ai comunisti, ci si trovò d’accordo nel riconoscere che l’immunità parlamentare – non quella falcidiata dei nostri giorni – costituiva il necessario contrappeso ai poteri della magistratura, per evitare che il potere politico divenisse ostaggio di una casta di dipendenti statali soggetti alla legge, ma in fondo, quali interpreti e tutori della stessa, capaci di farsi legge e super-potere (e cioè potere che sta sopra tutti gli altri poteri) essi stessi.
    Nella relatività delle cose umane non esiste una soluzione perfetta, ma quella di garantire un adeguato grado di immunità al princeps è necessaria per evitare che quest’ultimo, da soggetto ai vertici del sistema, si trasformi in suddito delle migliaia di (teorici) “esecutori giuridici” statali che indossano una toga.
    Ovviamente la Costituente non usò una termininologia cruda come quella qui proposta, ma il senso sostanziale dello sbarramento che l’immunità parlamentare poneva dinanzi ai magistrati era questo.
    Definire i contorni di questa immunità è un’operazione ardua, inutile nasconderselo, ma necessaria.
    Senza un’immunità più piena, infatti, il potere politico transita inevitabilmente dalla politica alla magistratura, viene espropriato al popolo sovrano, che sceglie i propri rappresentanti, finendo nelle mani di una categoria di impiegati del tutto autoreferenziale; autoreferenziale in quanto soggetta alla legge da essa stessa interpretata.
    E cioè in quanto soggetta a se stessa.

    1. Marco

      Ciao scusa ho una domanda: xk dici che adesso l’immunita’ parlamentare è cambiata? Lo dicevi in qst frase:

      …riconoscere che l’immunità parlamentare – non quella falcidiata dei nostri giorni…

      Non studio legge, ma volevo capire qll che dicevi, che cosa c’è di differente da allora?

      Se puoi rispondi

      Marco

  4. Michele

    Questa sentenza evidentemente politica potrebbe comunque avere un effetto benefico: facilitare qualche resa dei conti nella galassia della cosidetta destra parlamentare, fino all’emergere di una leadership magari ereditaria ma aberlusconica. E’ una cosa naturale, anche difficile e gravida di conseguenze, ma inevitabile, non fosse altro che per l’eta’ del Cav. E cosi’ se ne andranno nell’oblio i troppi berluscones, falchi, commissari del finto partito e cortigiani tutti. Grazie giudici non imparziali, in questo ci fate un grande regalo. La vita e’ piu’ forte di una forza Italia rediviva, e’ di una nuova stagione e di una nuova aria che abbiamo bisogno

  5. Enrico

    Il Berlusca fuori dal Palazzo è un problema per la sinistra; sono loro gli orfani e le vedove.
    Il Berlusca fuori dal Palazzo sarà più interessante di prima, per chi non è di sinistra. I compagni avranno sempre da rosicare, è la loro condanna definitiva.

  6. francesco taddei

    la sentenza è stata emessa e tale è. avrei voluto che la sollecitazione del corriere della sera per non far cadere il processo in prescrizione fosse venuta anche per penati.

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