La Francia sapeva che l’attentatore della Torre Eiffel poteva uccidere
Parigi. Armand Rajabpour-Miyandoab, 26 anni, francese di origini iraniane, era schedato “S”, ossia la lettera con cui l’intelligence marchia gli individui considerati pericolosi per la sicurezza dello Stato. Nel 2016, per aver progettato un attentato islamista in un centro commerciale del quartiere La Defense, a ovest di Parigi, era stato condannato a quattro anni di prigione. All’epoca pianificava anche di fare il jihad in Siria, come molti altri foreign figthers sul suolo francese.
L’attentato vicino alla Torre Eiffel
Ma non è tutto: Armand Rajabpour-Miyandoab era in contatto con Larossi Abballa, l’assassino islamista di due poliziotti, Jean-Baptiste Salvaing e la compagna Vanessa Schneider, nel loro domicilio di Magnanville, con Adel Kermiche, uno dei due jihadisti che ha sgozzato padre Jacques Hamel sull’altare della chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray, e persino con Abdoullakh Anzorov, il jihadista ceceno che ha decapitato il professore di storia e geografia Samuel Paty, “colpevole” di aver mostrato le vignette di Charlie Hebdo su Maometto in classe.
Eppure, nonostante tutti questi precedenti e legami incontestabili col radicalismo islamico, era ancora in libertà, e sabato sera, al grido di Allah Akbar, attorno alle 21.40, ha assalito dei turisti armato di un coltello e di un martello nella zona della Tour Eiffel, uccidendo un infermiere di nazionalità tedesca e filippina in vacanza nella capitale francese davanti agli occhi della moglie, prima di ferire altre due persone, un cittadino inglese e uno francese.
A Parigi torna l’incubo del terrorismo islamista
A Parigi torna l’incubo del terrorismo islamista, a poche settimane dall’attentato di Arras, dove ha perso la vita il professore di lettere Dominique Bernard, assassinato davanti al liceo dove insegnava da un ex studente radicalizzato. «Sono le stesse situazioni, gli stessi individui, gli stessi profili. L’autore di questo attacco terroristico nel centro di Parigi che ha ucciso un turista tedesco non era soltanto schedato per radicalizzazione, ma era appena uscito di prigione (nel 2020, ndr)», ha tuonato Jordan Bardella, presidente del Rassemblement national, il principale partito sovranista francese. «La debolezza di Gérald Darmanin (ministro dell’Interno, ndr) nel proteggere il popolo francese provoca questi drammi e questi morti», ha aggiunto Bardella.
Armand Rajabpour-Miyandoab soffriva di forti disturbi psichiatrici, e secondo quanto riferito dallo stesso ministro dell’Interno aveva smesso da alcuni mesi di assumere le medicine che gli avevano prescritto i medici. «Perché un islamista in contatto con altri islamisti, condannato per terrorismo nel 2016 a solo 4 anni di prigione, caso psichiatrico e schedato “S” era ancora in libertà? Ancora una volta il lassismo giudiziario e l’incoscienza del governo hanno ucciso!», ha reagito Nicolas Dupont-Aignan, presidente dei Debout la France!.
«Stufo di vedere i musulmani morire a Gaza»
Secondo la ricostruzione della stampa parigina, un tassista che ha assistito alla prima aggressione, costata la vita al turista tedesco-filippino, ha cercato di fermare il terrorista, che ha in seguito attraversato il ponte di Bir-Hakeim e assalito altre persone in avenue du président Kennedy. L’intervento delle forze dell’ordine presenti nell’area ha permesso di evitare un bilancio ancora più pesante. Ai poliziotti, l’attentatore ha detto di essere «stufo di vedere i musulmani morire in Palestina e in Afghanistan».
Secondo quanto dichiarato dal ministro Darmanin, Armand Rajabpour-Miyandoab avrebbe anche detto di essere passato all’azione in risposta a quello che sta accadendo a Gaza, accusando la Francia di essere complice di ciò che sta facendo Israele nel Vicino Oriente.
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