È iniziato il processo per l’orrenda morte di padre Hamel

Di Mauro Zanon
17 Febbraio 2022
«Lo hanno massacrato, ordinava "Vattene Satana". Finché è stato sgozzato». La Corte d'assise di Parigi affronta il barbaro omicidio del sacerdote francese. Alla sbarra, i complici dei terroristi uccisi dopo l'attentato
Al via il processo per i complici dei terroristi islamici che nel 2016 sgozzarono padre Jacques Hamel a Saint-Étienne-du-Rouvray (foto Ansa)

Parigi. Guy Coponet festeggiava 87 anni il 26 luglio 2016, nel suo comune di Saint-Étienne-du-Rouvray, in Normandia. Aveva deciso di andare a messa quella mattina, assieme alla moglie, Janine, l’amore di una vita. «La messa si stava svolgendo come di consueto. Il parroco, Jacques Hamel, era contento perché partiva in vacanza con la sua famiglia. Non eravamo molti, 5 o 6», ha detto a France Info Guy Coponet.

«Padre Hamel ordinava “Vattene Satana”»

Poi, d’un tratto, qualcuno bussa violentemente alla porta della sacrestia: due ragazzi chiedono di poter parlare con padre Hamel. Una delle suore presenti in chiesa risponde ai giovani di passare più tardi, perché il prete sta celebrando la messa. Passano pochi istanti, e i due entrano bruscamente intimando a tutti di non muoversi. «Avevano delle armi. Tutti erano immobili. È in quel momento che uno dei due mi ha fatto sedere in un posto mettendomi tra le mani un telefono (per filmare l’attentato, ndr). Hanno preso padre Jacques. Hanno cominciato a picchiarlo, sempre di più… lo hanno colpito e fatto inginocchiare. Lo hanno massacrato, povero. Si è difeso con i suoi piedi, come poteva. L’ho sentito dire: “Vade retro Satana”, e in seguito, come un ordine, “Vattene Satana”. Poi è finito tutto, perché uno dei due lo ha sgozzato», ha raccontato Guy Coponet, oggi 92enne.

Lui si è salvato per miracolo: fingendosi morto dopo essere stato ricoperto di botte e accoltellato alla gola. «Ho stretto più che potevo la gola per evitare che sanguinasse troppo. Ho fatto il morto. Avevo male alla schiena… Ma non potevo muovermi altrimenti sarebbero venuti ad uccidermi». Si sono salvati anche Janine, quel giorno, e gli altri fedeli presenti in chiesa: grazie all’intervento tempestivo delle forze dell’ordine.

Il processo ai complici degli jihadisti

Ora, però, bisogna trovare «i veri responsabili», ha detto Guy Coponet, «quelli che hanno fomentato tutto ciò, che hanno progettato questo massacro. Quelli che hanno dato ordini, che hanno, a mio avviso, annebbiato la testa di quelli che lo hanno commesso». Lunedì è iniziato alla Corte d’assise speciale di Parigi il processo per l’assassinio di Jacques Hamel, 85 anni. Alla sbarra non c’erano i due terroristi islamici affiliati a Daesh, Adel Kermiche e Abdel-Malik Petitjean, entrambi diciannovenni, che hanno ucciso padre Hamel. C’erano invece i tre presunti complici: Farid Khelil, 36 anni, Yassine Sebaihia, 27, e Jean-Philippe Jean-Louis, 25, tutti accusati di «associazione a delinquere con finalità di terrorismo».

I tre uomini, sospettati di essere al corrente dei progetti barbari di Kermiche e Petitjean, facevano propaganda jihadista su Telegram e più volte hanno tentato di partire per la Siria (Jean-Philippe Jean-Louis gestiva un canale Telegram dove raccoglieva denaro per finanziare le partenze verso il territorio siro-iracheno). Il quarto imputato, Rachid Kassim, presunto mandante dell’attentato, verrà giudicato in contumacia. Tra i più influenti foreign fighters francesi, Kassim è stato infatti ucciso nel febbraio del 2017 a Mosul, in Iraq, nel corso di un attacco compiuto con droni da combattimento.

Il superstite accoltellato alla gola: «Perché tali orrori?»

«Abbiamo fiducia nell’istituzione giudiziaria: bisogna fare giustizia e conoscere la verità», ha dichiarato padre Hugues de Woillemont, segretario generale della Conferenza episcopale francese (Cef), prima di aggiungere: «È necessario per la famiglia di padre Jacques Hamel e per chi ha vissuto quelle ore tragiche. Ma è necessario anche per gli accusati e i loro familiari. La verità permetterà di avere giustizia». Il verdetto è atteso per il prossimo mese.

Secondo quanto riportato dal suo avvocato Méhana Mouhou, Guy Coponet «vuole capire, attraverso il processo, in che modo dei giovani appena usciti dall’adolescenza siano arrivati a commettere tali orrori». Anche Roseline e Chantal, le due sorelle di padre Hamel, vorrebbero “capire chi erano gli autori” e quali erano le loro “motivazioni”. Perché scegliere come bersaglio un uomo di pace come Jacques? Le due sorelle vorrebbero avere risposte anche sulle “insufficienze dell’arsenale di prevenzione”, ossia sulle falle nella sorveglianza dei servizi segreti francesi, visto che uno dei due assassini aveva il braccialetto elettronico al momento dell’attentato, dopo aver tentato di raggiungere la Siria.

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