Scuole serali

Alle elezioni anche noi voteremo Totila (c’è sempre un Benedetto da seguire)

Di Giammario Gatti - Mauro Grimoldi
21 Febbraio 2013

È possibile immaginare che i benedettini avessero simpatia per Totila?
L’accostamento che si propone in alcune parti del mondo cattolico è quello tra la situazione attuale e l’epoca del monachesimo.
Come è noto, i benedettini escono dalle città e costruiscono monasteri, comunità che provvedono a loro stesse attraverso il lavoro dei monaci, per “quaerere deum”, secondo l’espressione di Benedetto XVI: «…Non era loro intenzione di creare una cultura e nemmeno di conservare una cultura del passato. La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio» (Incontro con il mondo della Cultura al College des bernardins, Parigi, venerdì 12 settembre 2008).

È l’epoca delle invasione barbariche: la coscienza sociale comincia a essere permeata dal cristianesimo e l’invasione delle tribù germaniche (re)introduce una cultura pagana. Potremmo dire un’epoca di meticciato.
Poiché tutti ricordiamo San Benedetto, ma pochi conservano memoria di Totila, re dei Goti, vale la pena raccontare qualcosa del loro incontro, così come lo rievoca San Gregorio Magno.
La cosa potrebbe essere istruttiva.

Al tempo dei Goti, il loro re Totila, avendo sentito dire che il santo era dotato di spirito di profezia, si diresse al suo monastero. Si fermò a poca distanza e mandò ad avvisare che sarebbe tra poco arrivato. Gli fu risposto dai monaci che senz’altro poteva venire.

Dunque il re (un barbaro, non dimentichiamolo) vuole incontrare il santo, ed è lui, il potente, a muoversi verso il monaco, l’autorità; quest’ultimo, dotato di spirito di profezia, gli può infatti dire qualcosa circa la consistenza, la natura e lo scopo del potere; e Totila è sommamente interessato a questo. Sarà pure un Goto, ma si tratta di un Goto intelligente.
Da parte sua, San Benedetto lo riceve senz’altro: Dio è entrato personalmente nella realtà e Totila che, immaginiamo, aveva come unico riferimento l’accadere e il succedersi dei fatti della realtà (oggi, forse, diremmo di lui che era un pragmatico) costringe il monaco cristiano a definire l’orizzonte della sua ragione, del suo «quarere Deum».
San Tommaso dirà, a proposito della verità: «adaequatio rei et intellectus».

Insincero però com’era, volle far prova se l’uomo del Signore fosse veramente un profeta. Egli aveva con sé come scudiero un certo Riggo: gli fece infilare le sue calzature, lo fece rivestire di indumenti regali e gli comandò di andare dall’uomo di Dio, presentandosi come fosse il re in persona. (…)
Appena Riggo entrò nel monastero, ornato di quei magnifici indumenti, e circondato dagli onori del seguito, l’uomo di Dio era seduto in un piano superiore. Vedendolo venire avanti, appena fu giunto a portata di voce, gridò forte verso di lui: “Deponi, figliolo, deponi quel che porti addosso: non è roba tua!”. Impaurito per aver presunto di ingannare un tal uomo, Riggo si precipitò immediatamente per terra e, come lui, tutti quelli che l’avevan seguito in questa gloriosa impresa.

Il potente, il politico, è insincero. L’uomo è insincero, finge di essere quel che non è o si nasconde e manda avanti al suo posto chi è disposto a fargli da servo.
Dice Geremia: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo».
Per questo bisogna diffidare dagli impuri che si presentano come puri.
Non per nulla Dante insegna che la menzogna, la bestia «che tutto ‘l mondo appuzza», ha faccia «d’uom giusto».

Ecco la ragione per cui temiamo l’attuale sinistra italiana, che guarda alla realtà come astrazione perfettibile (sovente con l’apporto interessato della magistratura).
Rievocando gli anni della caduta del muro di Berlino, Piero Sansonetti, nell’introduzione al suo libro La sinistra è di destra, scrive: «Tra l’ipotesi di lavorare per ricostruire un nuovo asse tra libertà ed eguaglianza e l’ipotesi di costruire invece un nuovo asse tra ex Pci e i giudici, (i dirigenti comunisti ndr.) preferirono la seconda strada, che sembrava molto più semplice… Tornava l’idea della “potenza esterna” che arrivava in soccorso e portava in dono il potere. È iniziata così la morte della sinistra».

Totila allora si avviò in persona verso l’uomo di Dio. Quando da lontano lo vide seduto, non ebbe l’ardire di avvicinarsi: si prosternò a terra.

Il barbaro si rende conto che l’autorità di Benedetto non ha radice in una affermazione di sé. Egli è un uomo di Dio, testimonia una verità che non gli appartiene; al contrario è lui, il monaco, ad appartenere alla Verità.
Per questo Totila si inchina davanti a lui. Quando vede il Bene lo riconosce, contrariamente all’uomo che confida solo in se stesso: da quest’ultimo non viene nulla di buono.
Egli dimora «in luoghi aridi» e la sua presunzione trasforma il mondo «in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere» (sempre Geremia 17).

Quando da lontano lo vide seduto, non ebbe l’ardire di avvicinarsi: si prosternò a terra. Il servo di Dio per due volte gli gridò: “Alzati!”, ma quello non osava rialzarsi davanti a lui. Benedetto allora, questo servo del Signore Gesù Cristo, spontaneamente si degnò avvicinarsi al re e lui stesso lo sollevò da terra.

La speranza di Totila, a questo punto, è Benedetto: è il Santo a rialzarlo da terra, a dare conforto e fondamento al suo potere. Senza l’iniziativa di Benedetto, Totila sarebbe condannato a strisciare per terra. Il suo potere non sarebbe niente. Poiché c’è Benedetto, Totila può contribuire al Bene comune.

Dopo però lo rimproverò della sua cattiva condotta e in poche parole gli predisse quanto gli sarebbe accaduto. “Tu hai fatto molto male – gli disse – e molto – ne vai facendo ancora; sarebbe ora che una buona volta mettessi fine alle tue malvagità. Tu adesso entrerai in Roma, passerai il mare, regnerai nove anni, al decimo morirai”. 

Benedetto non è tenero con Totila: come i profeti della Bibbia dice la verità, anche se questa è ruvida, ma non gli impedisce di assumersi la responsabilità del potere. Anzi lo spinge a farlo, ricordandogli i limiti dalla sua azione.

Lo atterrirono profondamente queste parole, chiese al santo che pregasse per lui, poi partì.
Da quel giorno diminuì di molto la sua crudeltà.

Per la politica è più importante che ci sia Benedetto del fatto che qualcuno si presenti onesto e moralmente puro.
Se c’è Benedetto, allora anche Totila può fare qualcosa di buono: non è lui a minacciare la polis.

Veniva spesso a trovare il servo di Dio il vescovo di Canosa, e Benedetto lo amava molto per la sua degnissima vita. Un giorno discorreva con lui dell’entrata di Totila in Roma e della distruzione della città che per opera di quel re sarebbe stata distrutta e resa inabitabile. Il servo di Dio gli rispose: “Roma non verrà distrutta dai barbari; ma colpita dalle tempeste, uragani, fulmini e terremoti, cadrà da se stessa in rovina”.

Ecco perché aderiamo all’appello di Tempi: anche noi voteremo Totila.
Non è lui la nostra salvezza; non è lui la nostra dannazione.
Noi speriamo in Benedetto.
È lui che seguiamo.
C’è sempre, infatti, un Benedetto da seguire.

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2 commenti

  1. annamaria

    A prescindere dal voto o non voto a Totila….queste sono solo le mie riflessioni sul Totila storico.

    Credo che Totila sia andato a far visita a San Benedetto perché, in fondo, anche in Totila c’era del bene. Infatti, anche il re dei Goti nutrì, a suo modo, ideali cristiani di pietà e di giustizia. Procopio di Cesarea, autore della “Guerra Gotica” e contemporaneo di Totila, lo evidenzia bene (e lo evidenzia pur essendo un bizantino, e quindi un “nemico”). Totila non era un barbaro che si abbandonava a crudeltà gratuite. Il re dei Goti risparmiò la vita ai prigionieri bizantini dopo le battaglie del Mugello e di Faenza. Invitò i Goti a comportarsi con giustizia dopo le loro vittorie con queste parole: «Se volete conservare la fortuna che vi è capitata, dovete rispettare la giustizia. Se cambierete condotta, avrete contro di voi Dio. Egli infatti non ha intenzione di proteggere una particolare razza o una determinata nazione, ma chiunque mostri di osservare maggiormente la giustizia». Inoltre, non esitò a infliggere un castigo esemplare a un soldato goto che aveva violentato la figlia di un cittadino romano. Ai generali che gli chiedevano di lasciarlo impunito perché era un buon combattente, rispose: «Non è possibile che un uomo che si è macchiato compiendo un atto di violenza acquisti gloria in combattimento». Quando conquistò Roma, impedì ai Goti di linciare la vedova di Boezio e di infierire sui civili. Nel Liber Pontificalis si legge persino che Totila abitò con i Romani come un padre con i figli (habitavit cum romanis quasi pater cum filiis: Vita Vigili, 7, 107 ). A Napoli, diede viveri alla popolazione affamata e persino alla guarnigione nemica per consentirle una ritirata decorosa. Questi fatti sono tutti riportati nella “Guerra Gotica” di Procopio di Cesarea. Tradizionalmente, si attribuisce a un ordine di Totila la decapitazione di Sant’Ercolano, vescovo di Perugia, da parte di un comandante goto. Mi chiedo come sia possibile che un sovrano capace di tanta illuminata clemenza abbia ordinato l’uccisione di un uomo vecchio e inerme. Una spiegazione storicamente plausibile è che il comandante, nell’impeto del saccheggio, abbia ucciso di propria iniziativa Ercolano e abbia poi addotto come scusa quella di aver eseguito un ordine del re. Del resto, Totila era lontano da Perugia e i suoi soldati, a dispetto delle sue esortazioni al rispetto della giustizia, si lasciarono andare ai loro istinti approfittando del fatto che il re non era sul posto a controllarli. Purtroppo, la guerra ha sempre avuto questo effetto sugli esseri umani. Anche oggi è difficile per un generale prevedere i comportamenti dei suoi soldati quando viene pianificato un intervento militare. Insomma, per la sua epoca, Totila fu un uomo di notevole umanità. Se San Benedetto lo ammonì in occasione del loro incontro, lo fece per amore fraterno e perché credette di poter risvegliare quella bontà che si trovava assopita nel cuore del sovrano. E il fatto che il re diede ascolto ai suoi ammonimenti, rivela che in lui c’era del bene. Se fosse stato veramente malvagio, avrebbe indurito il suo cuore e sarebbe stato sordo a ogni ammonimento.

  2. Lucia

    Stupendo! La storia è veramente qualcosa che riaccade e che porta inscritto un giudizio vivo, sempre attuale. Per questo bisogna studiarla. Grazie per questo contributo.

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