
Al Qaeda invoca la Sharia per la Tunisia. Diventerà come Pakistan, Indonesia e Arabia Saudita?
«Il popolo tunisino si deve ribellare» a Ennahda, il partito islamista che ha vinto la maggioranza in Parlamento nel paese dove la “Primavera araba” ha avuto origine. E lo deve fare perché ha accettato che la Costituzione del paese abbia fonti del diritto diverse dalla Sharia. Parola del leader di Al Qaeda Al Zawahiri, che domenica ha diffuso un messaggio audio dove spiega che Ennahda è colpevole perché promuove «un islam approvato dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dagli sceicchi del Golfo, un islam che accetta i casinò e le donnacce nude».
«È strano vedere un partito che gode della leadership che pretende di essere islamista moderato ma allo stesso tempo non vuole che sia l’islam a comandare», insiste Al Zawahiri, che ha chiesto alla gente di «ribellarsi e chiedere a gran voce la Sharia, perché tutti si rendano conto di quale complotto sta danneggiando l’islam». La Costituzione della Tunisia dovrebbe essere approvata a ottobre. A fine maggio, un portavoce del partito Ennahda ha dichiarato che gli integralisti che vogliono la Sharia come principale fonte del diritto resteranno delusi: «Noi vogliamo l’unità del popolo, non permetteremo divisioni». La Costituzione tunisina manterrà probabilmente la dicitura che prevede l’islam come religione di Stato e la Sharia potrebbe comunque essere inclusa tra le fonti del diritto, al pari di altre.
I salafiti sono già sul piede di guerra, in Tunisia come in Egitto. Al Cairo i fondamentalisti islamici hanno minacciato di mobilitare grandi proteste in tutto il paese se la nuova Costituzione violerà la Sharia. I salafiti hanno chiesto che la nuova Costituzione preveda la Sharia come unica fonte del diritto e non che i suoi principi siano presi in considerazione come la fonte principale insieme ad altre. Viene proprio da un salafita la proposta, tuttora al vaglio in Parlamento, di amputare mani e gambe e crocifiggere chi ruba o uccide. I Fratelli Musulmani, che già dominano la Camera alta e bassa del Parlamento e potrebbero vedere un proprio esponente vincere la presidenza del paese tra una settimana, hanno annunciato che si “accontenteranno” di vedere la Sharia come fonte principale del diritto nella Costituzione.
Tra i paesi che vogliono inserire la Sharia come fonte di ispirazione c’è anche la Libia, che ha approvato a inizio maggio una legge che prevede l’ergastolo per chi «offende la morale dei cittadini».
Egitto, Libia e forse Tunisia potrebbero così diventare come il Pakistan, repubblica islamica ispirata alla Sharia, dove la legge sulla blasfemia prevede la condanna a morte o l’ergastolo per chiunque dissacri il Corano o diffami il nome di Maometto. O come l’Indonesia, paese definito moderato da Barack Obama e David Cameron, dove però la presenza dei fondamentalisti islamici è forte e perseguita la minoranza cristiana. Nella provincia di Aceh è stata introdotta la Sharia e nel paese il 52 per cento desidera una legislazione islamica, il 40 per cento della popolazione è favorevole alla mutilazione delle mani per chi ruba.
Il quadro insomma non è incoraggiante. Ancora più difficile è la situazione di quei paesi dove la Sharia è legge in senso stretto, come in Arabia Saudita e Iran. La libertà religiosa, ad esempio, in questi paesi è inesistente. È di pochi mesi fa la notizia che il Gran Muftì Sheikh Abdul Aziz bin Abdullah, la massima autorità della legge islamica in Arabia Saudita, avrebbe consigliato al Qatar di non costruire più chiese e demolire quelle esistenti, perché la penisola arabica può accettare solo una religione: l’islam.
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