L’economia è fondamentale per la Cina, ma la stabilità del Partito comunista al potere è ancora più importante. Così si potrebbe riassumere il significato delle linee guida, pubblicate il 15 settembre dall’Ufficio generale del Pcc, che contengono le istruzioni del presidente Xi Jinping per estendere il controllo del regime anche alle aziende del settore privato.
«ACCETTARE LA DIREZIONE DEL PARTITO»
Dietro parole al miele di questo tipo – «la dimensione dell’economia privata continua a espandersi, rischi e sfide sono cresciute di conseguenza, bisogna capire che l’esistenza e lo sviluppo del settore privato è inevitabile» – si nasconde il vero obiettivo di Xi: «Rafforzare il fondamento ideologico del settore privato, compagnie e individui, unificarne i membri attorno alla leadership del partito».
Riassume il senso del documento Radio Free Asia: «Le direttive richiedono alle imprese private di accettare la direzione del Partito comunista quando fanno business, assumono e licenziano dipendenti». In tutte le imprese che ancora non li hanno, dovranno essere formati comitati del partito, e dove già ci sono dovranno essere rafforzati.
«XI METTE LE MANI SULLE IMPRESE PRIVATE»
Pechino non sta «facendo la corte alle imprese», sottolinea lo storico indipendente Feng Zhi reagendo ai tanti commentatori che stanno dando questa interpretazione del documento, il regime piuttosto «sta parlando di prendere il controllo del settore privato. Non vuole conquistare la sua fiducia, vuole controllarlo e basta, renderlo una pedina nel suo gioco complessivo».
Xi Jinping sta eliminando alla radice tutti i suoi oppositori, nel partito e fuori. La settimana scorsa il ricchissimo Ren Zhiqiang, re dell’immobiliare cinese e veterano comunista, è stato processato dopo che a marzo aveva scritto un durissimo articolo contro il presidente per criticare la sua gestione della pandemia.
ALTRO CHE ALFIERE DELLA GLOBALIZZAZIONE
Secondo lo storico Zhi, l’obiettivo di Xi è tornare all’economia pianificata di stampo maoista. Il primo passo è mettere le mani sul settore privato e assicurarsi, come spiega il New York Times, «che sia pronto a sostenere le priorità politiche ed economiche del governo». Obbedendo concretamente alle sue direttive.
A tutti coloro che da quattro anni applaudono il presidente cinese come alfiere della globalizzazione, in contrapposizione all’omologo americano Donald Trump, profeta del nuovo protezionismo, queste nuove direttive devono servire da lezione e avvertimento. La Cina con Xi Jinping non va verso una liberalizzazione dell’economia e dell’iniziativa privata, salvo che a parole, ma verso la trasformazione di ogni singolo imprenditore e commerciante in megafono del Partito comunista.
DOPO MAO E DENG, ARRIVA XI
Mao Zedong voleva abolire il capitalismo in Cina. Morto il fondatore della Repubblica popolare, Deng Xiaoping ha trasformato il Dragone nel paese più capitalista del mondo, promuovendo una crescita senza regole. Ora Xi Jinping vuole imprimere alla seconda economia mondiale una nuova direzione, imponendo una sola regola allo stesso sfrenato capitalismo: per esistere e continuare a fare affari, devi obbedire in tutto e per tutto al Partito comunista.
Foto Ansa