Tasse e imposte in Italia hanno raggiunto livelli mai visti prima. Dopo che nel 2012 con il governo Monti la pressione fiscale ha raggiunto il «record storico» del 44 per cento, infatti, con il governo Letta è aumentata ancora fino a toccare quota 44,3 per cento nel 2013. E l’intensità del carico non sembra essere destinata a diminuire almeno fino al 2017. Anche perché, checché né dica l’esecutivo, la ripresa è ancora lungi dall’essere una prospettiva reale. Peccato, però, che, come spiega a tempi.it Mariano Bella, responsabile dell’Ufficio Studi di Confcommercio, l’attuale livello della pressione fiscale è «incompatibile con ogni seria ipotesi si crescita».
Bella, dati alla mano, la pressione fiscale è aumentata ancora?
Lo dimostrano i conti che ha fatto il governo, quelli contenuti nell’audizione del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni sulla nota di aggiornamento del Def, il Documento di economia e finanza 2014. Non li abbiamo inventati noi, né tantomeno li abbiamo “rielaborati” in modo originale. E i numeri dicono che la pressione fiscale, dopo il balzo record al 44 per cento del 2012, nel 2013 è aumentata dello 0,3 per cento e crescerà ancora. La pressione fiscale, infatti, si conferma superiore al 44 per cento nel 2014, nel 2015 e nel 2016. Forse dal 2017 scenderà, ma di poco.
Se veramente la pressione fiscale dovesse diminuire dall’attuale 44,3 al 44,2 per cento nel 2014, come i dati testimoniano, penso che la delusione sia più che legittima. Ad ogni modo, le previsioni del governo sono formulate sulla base dell’ipotesi che il Pil l’anno prossimo cresca dell’1 per cento. Un tasso di variazione che, peraltro, solo il governo (e nessun altro soggetto) ha accreditato come certo, ma che nelle attuali condizioni economiche del paese non sarà certo facile raggiungere.
È vero che inasprire il prelievo fiscale quando non si cresce deprime ulteriormente l’economia?
Non solo è vero, ma è proprio ciò che dimostra la recente storia del nostro paese. Dopo aver approfittato poco della ripresa che pur c’è stata tra il 2008 e il 2009, infatti, l’Italia nel 2012 ha registrato un balzo della pressione fiscale mai visto prima, con l’effetto che i consumi sono calati del 4,2 per cento. Un crollo che non si era mai verificato prima nella storia del paese. A conferma della correlazione che c’è tra l’aumento dell’imposizione fiscale e la compressione del reddito disponibile, e tra il conseguente calo dei consumi e la riduzione del Pil, seguendo un effetto a valanga.
A conferma anche del fatto che la strada per uscire dalla crisi passa inevitabilmente dalla riduzione delle imposte.
Il carico fiscale va ridotto in modo certo, progressivo e sostenibile, altrimenti sarà poco verosimile assistere alla ripresa già a partire da quest’anno. Anche perché la Legge di stabilità influisce in maniera pressoché irrilevante sul livello della pressione fiscale. Mentre i cittadini, le famiglie e le imprese hanno più che mai bisogno di un segnale di speranza e la soluzione potrebbe essere quella di istituire un fondo “taglia tasse” a cui dovrebbero essere destinati i proventi sia della lotta all’evasione fiscale sia della riduzione degli sprechi della pubblica amministrazione, per impiegarli appunto nella riduzione di tasse e imposte.