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Meno tasse nel 2014? Letta e Saccomanni promettono «ma i conti fatti dal governo mostrano il contrario»

Intervista a Mariano Bella (Ufficio Studi Confcommercio): pressione fiscale «incompatibile con ogni seria ipotesi si crescita. Subito un fondo "taglia tasse"»

Matteo Rigamonti
10/01/2014 - 3:10
Economia
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Tasse e imposte in Italia hanno raggiunto livelli mai visti prima. Dopo che nel 2012 con il governo Monti la pressione fiscale ha raggiunto il «record storico» del 44 per cento, infatti, con il governo Letta è aumentata ancora fino a toccare quota 44,3 per cento nel 2013. E l’intensità del carico non sembra essere destinata a diminuire almeno fino al 2017. Anche perché, checché né dica l’esecutivo, la ripresa è ancora lungi dall’essere una prospettiva reale. Peccato, però, che, come spiega a tempi.it Mariano Bella, responsabile dell’Ufficio Studi di Confcommercio, l’attuale livello della pressione fiscale è «incompatibile con ogni seria ipotesi si crescita».

Bella, dati alla mano, la pressione fiscale è aumentata ancora?
Lo dimostrano i conti che ha fatto il governo, quelli contenuti nell’audizione del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni sulla nota di aggiornamento del Def, il Documento di economia e finanza 2014. Non li abbiamo inventati noi, né tantomeno li abbiamo “rielaborati” in modo originale. E i numeri dicono che la pressione fiscale, dopo il balzo record al 44 per cento del 2012, nel 2013 è aumentata dello 0,3 per cento e crescerà ancora. La pressione fiscale, infatti, si conferma superiore al 44 per cento nel 2014, nel 2015 e nel 2016. Forse dal 2017 scenderà, ma di poco.

Meno tasse? Intanto però la pressione fiscale è salita
Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni ha detto che quest'anno caleranno le tasse. Sarà, ma intanto nel 2013 la pressione fiscale è salita al 44,3 per cento, nuovo record assoluto nella storia del nostro Paese dopo quello già raggiunto nel corso del 2012, e nel 2014 resterà ben oltre il 44 per cento. A documentarlo è un'analisi dell'Ufficio Studi di Confcommercio sull'evoluzione del carico fiscale in Italia. «Per riavviare il processo di crescita – spiega la Confcommercio – occorerebbero più coraggio e più incisività nei tagli alla spesa pubblica e, soprattutto, politiche fiscali dal lato dell'offerta, a cominciare da una incisiva riduzione degli oneri fiscali che gravano sui fattori produttivi, primo fra tutti il lavoro». Per la Confcommercio, inoltre, «la riduzione del carico fiscale deve essere l'obiettivo prioritario e irrinunciabile dell'azione di Governo nel prossimo futuro». Ma «non spostare o rimodulare», bensì «ridurre, semplicemente ridurre in modo certo, progressivo e sostenibile la pressione fiscale è l'esigenza fondamentale di lavoratori, imprese, pensionati». «È il solo modo, questo, per rilanciare le forze produttive vitali, ben presenti nel nostro Paese.
«Nell'anno che si è appena concluso – prosegue Confcommercio – il prelievo sotto forma di imposte e contributi previdenziali è aumentato di circa 1,6 miliardi di euro rispetto al 2012». Mentre, «nello stesso arco di tempo, il Pil nominale ha subìto una flessione di oltre 8,7 miliardi di euro». Il «rapporto aritmetico che esprime la pressione fiscale«», pertanto, è «salito al 44,3 per cento, lo 0,3 in più rispetto al livello del 2012». Motivo per cui, spiega Confcommercio, «invece che di riduzione delle tasse, si dovrebbe più correttamente parlare di incremento assoluto delle tasse nonché di incremento del carico fiscale (cioè in proporzione al Pil)». E come se non bastasse, sempre nel 2013, per ogni euro prodotto in Italia la frazione di imposte, tasse e contributi pagata è cresciuta di altri 3,5 decimi di punto percentuale assoluto, aggiornando il record assoluto della pressione fiscale apparente nella storia d'Italia già raggiunto nel corso del 2012».
In pratica, prosegue Confcommercio, «non c'è stato affatto l'avvio di un percorso di riduzione della pressione fiscale e si è assistito, invece, a parziali effetti redistributivi che modificano il mix del gettito tra le diverse categorie di contribuenti». E, «purtroppo anche nel 2014 la riduzione della pressione fiscale è soltanto illusoria (le previsioni governative parlano di centesimi di punto percentuale) e il livello si manterrà sopra il 44,2 per cento». La previsione governativa della pressione fiscale nel 2014 al 44,2 per cento, peraltro, è «compatibile con una crescita del Pil reale dell'1 per cento, un tasso di variazione che nelle attuali condizioni economiche del Paese non sarà facile raggiungere». Ad ogni modo, nel 2014, se il Pil crescerà di più di 46 miliardi di euro, come indicato da Confcommercio, il prelievo sotto forma di imposte e contributi previdenziali aumenterà di oltre 19 miliardi.
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Il premier Letta e il ministro Saccomanni, però, hanno annunciato meno tasse nel 2014.
Se veramente la pressione fiscale dovesse diminuire dall’attuale 44,3 al 44,2 per cento nel 2014, come i dati testimoniano, penso che la delusione sia più che legittima. Ad ogni modo, le previsioni del governo sono formulate sulla base dell’ipotesi che il Pil l’anno prossimo cresca dell’1 per cento. Un tasso di variazione che, peraltro, solo il governo (e nessun altro soggetto) ha accreditato come certo, ma che nelle attuali condizioni economiche del paese non sarà certo facile raggiungere.

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È vero che inasprire il prelievo fiscale quando non si cresce deprime ulteriormente l’economia?
Non solo è vero, ma è proprio ciò che dimostra la recente storia del nostro paese. Dopo aver approfittato poco della ripresa che pur c’è stata tra il 2008 e il 2009, infatti, l’Italia nel 2012 ha registrato un balzo della pressione fiscale mai visto prima, con l’effetto che i consumi sono calati del 4,2 per cento. Un crollo che non si era mai verificato prima nella storia del paese. A conferma della correlazione che c’è tra l’aumento dell’imposizione fiscale e la compressione del reddito disponibile, e tra il conseguente calo dei consumi e la riduzione del Pil, seguendo un effetto a valanga.

A conferma anche del fatto che la strada per uscire dalla crisi passa inevitabilmente dalla riduzione delle imposte.
Il carico fiscale va ridotto in modo certo, progressivo e sostenibile, altrimenti sarà poco verosimile assistere alla ripresa già a partire da quest’anno. Anche perché la Legge di stabilità influisce in maniera pressoché irrilevante sul livello della pressione fiscale. Mentre i cittadini, le famiglie e le imprese hanno più che mai bisogno di un segnale di speranza e la soluzione potrebbe essere quella di istituire un fondo “taglia tasse” a cui dovrebbero essere destinati i proventi sia della lotta all’evasione fiscale sia della riduzione degli sprechi della pubblica amministrazione, per impiegarli appunto nella riduzione di tasse e imposte.

@rigaz1

Tags: confcommerciodefFabrizio Saccomannilegge di stabilitàMariano bellaPilpressione fiscaletagliare la spesa pubblica
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