A parte la soddisfazione per il sorpasso nella crescita del Pil, c’è poco da gongolare per la frenata del sistema tedesco. Assieme al cuore produttivo del Vecchio Continente sono a repentaglio non soltanto varie filiere della nostra manifattura, ma la stessa Unione Europea
Protesta davanti al Reichstag a Berlino nel luglio scorso contro il cancelliere Olaf Scholz per il taglio dei fondi per gli aiuti internazionali previsto nel bilancio federale (foto Ansa)
A Pordenone hanno capito subito che quel sorpasso sarebbe stato un problema. Quando a fine luglio il Fondo monetario internazionale ha fatto sapere che l’economia italiana cresceva più e meglio di quelle dei “principali competitor europei”, cioè Germania e Francia, e della stessa media continentale, gli industriali del legno-arredo ma anche i loro dipendenti non hanno ceduto per un attimo alla tentazione di gonfiare il petto tricolore.
Pensare alla Germania come a un concorrente, anziché come a una perenne opportunità, è cosa forse possibile nei palazzi della politica romana, non certo tra i capannoni di Prata e di Porcia, in quel distretto del mobile e dei pannelli già flagellato da anni di crisi ma che se resiste e tuttora esiste è perché c’è un mercato tedesco che compra italiano, anzi friulano, e fa girare la ruota dell’economia locale. Che la revanche fosse un sentimento inopportuno, e che avessero ragione padroncini e colletti blu d...