A volte certe cose, si sa, sono così belle che vorremmo mangiarle. Ma superati da tempo i giochetti delle nature morte che sembrano vere, delle sculture a forma di frutta tanto realistiche che quasi ci si aspetta di sentirne l’odore, la sfida, diventata ormai molto commerciale, è quella di creare dei cibi così estetizzati da poter esser considerati opere d’arte. Ma cosa può trasformare l’estro culinario in un’arte a tutti gli effetti? Quando la creatività degli chef e di coloro che si divertono a giocare con gli strumenti che normalmente si trovano accanto ai fornelli può ritenersi tanto interessante da diventare soggetto di una mostra a tutti gli effetti?
Sono domande a cui cerca di rispondere la retrospettiva Cookbook – Art and culinary process, appena inaugurata presso il Palais des Beaux-Arts di Parigi (e aperta al pubblico fino al 9 gennaio 2013), che pare esser un richiamo interessante per i golosi di occhi, ancor più che di gola. E quando l’ormai non più nuovissima nouvelle cuisine lascia spazio all’ingegno postmoderno, ecco che vengono sfornati piatti artistici e stravaganti non più destinati alla tavola, ma alla chiacchiera tipica dei vernissage dell’ora dell’aperitivo. E se da una torta (Selz Garden Cake) nasce un giardino, mentre un radicchio diventa soggetto vanitoso di un gioco di cubi specchiati e delle sardine essiccate ricordano delle tele d’arte povera, sarà stato raggiunto l’obiettivo di un prodotto da museo fatto in cucina?