Sei mesi in carica fanno avere un’idea della linea che il governo Renzi segue sui temi eticamente sensibili. Non interessa come il premier e i suoi ministri la pensino personalmente a proposito di divorzio sprint, matrimonio fra persone dello stesso sesso, droga, legge sull’omofobia, eccetera; piuttosto interessa capire – se c’è – quale è il filo conduttore che lega quanto accaduto su vita e famiglia dal 21 febbraio, giorno del giuramento del nuovo esecutivo.
Renzi finora ha seguito due strade concorrenti; quando tiene a far approvare qualcosa sceglie la strada del decreto-legge: tempi obbligatoriamente veloci, dibattito parlamentare ridotto al minino, voto di fiducia in un ramo del Parlamento, ratifica ancora più rapida nell’altro. Così è passato a maggio lo scandaloso decreto sugli stupefacenti, che ha fatto tornare indietro di trent’anni col ripristino dell’antiscientifica distinzione fra droghe “pesanti” e “leggere”, con la pratica depenalizzazione dello spaccio di strada e con la possibilità di detenere sostanze senza limite di quantità se “per uso personale”.
Così sarà quando fra breve verrà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il decreto “taglia-liti”, che introduce la possibilità di divorziare con un accordo davanti a un avvocato, senza necessità di ricorrere al giudice: in tal modo riducendo il matrimonio a un contratto privato, privo di rilievo pubblicistico, per sciogliere il quale vale esclusivamente la manifestazione di volontà dei coniugi, senza alcun tentativo di ricomposizione.
Ma a fianco vi è una seconda strada. Corte costituzionale, parte della magistratura, sindaci, Regioni… si alternano con provvedimenti demolitori di quel poco che resta in piedi. Per esempio, la Consulta reintroduce la fecondazione eterologa, pur lasciando spazi per un intervento legislativo che argini derive da far west procreativo come quelle antecedenti la legge 40; il governo sembra sul punto di varare un decreto-legge – il ministro Lorenzin ne annuncia alla Camera i passaggi essenziali – ma in un secondo momento opta per demandare la decisione al Parlamento. Le Regioni non intendono aspettare e, trainate da quelle a maggioranza di centrosinistra, col singolare appoggio del Veneto leghista, concordano linee-guida che vanno oltre le indicazioni dei giudici costituzionali.
Ancora; alcuni sindaci istituiscono i registri che trascrivono in Italia i matrimoni fra persone dello stesso sesso contratti all’estero: una pratica illegittima che andrebbe stroncata, richiamando al rispetto del nostro ordinamento. Invece tutto tace, a Palazzo Chigi come al Viminale. Non mancano casi simili: la seconda strada è allora quella che, quando istituzioni diverse dall’esecutivo adottano iniziative pur praeter o contra legem non si interviene, nemmeno per contenere i danni; il “lavoro sporco” e le conseguenti polemiche sono lasciati volentieri e per intero ad altri.
La prudenza sul ddl Scalfarotto
Seguendo i percorsi paralleli delle due vie, è smentito l’assioma secondo cui Renzi sia solo annunci. Sui temi etici le novità intervenute negli ultimi sei mesi ci sono, pur se tutte di segno negativo: se la reazione continuerà a essere blanda, e comunque a non cogliere il quadro d’insieme della pesante accelerazione su punti cruciali della vita quotidiana, i due bracci della tenaglia continueranno a operare.
Un ultimo dettaglio: Renzi ha imposto un freno, probabilmente provvisorio, al disegno di legge Scalfarotto. Si è convinto che è veramente liberticida? Certamente è stato indotto a prudenza dalla protesta di tante piazze italiane e da tante voci critiche: è una ragione in più per dilatare lo sguardo, non mollare la presa ed estendere l’attenzione all’intero fronte dei temi eticamente sensibili.