Yemen, la strage (dimenticata) degli innocenti: 100 mila morti in cinque anni
Cinque anni fa, l’8 luglio 2014, i ribelli Houthi conquistavano in Yemen la città di Amran, innescando la devastante reazione dei paesi arabi sunniti, una guerra tanto rovinosa quanto ignorata dai media e la «peggiore crisi umanitaria al mondo», come sancito dall’Onu. Da quando la coalizione di paesi arabi guidati dall’Arabia Saudita ha invaso lo Yemen nel marzo 2015, per impedire al gruppo sciita alleato dell’Iran di prendere il potere, sono già morte almeno 91 mila persone, per la maggior parte civili.
STRAGE SAUDITA
I bombardamenti sauditi hanno causato il doppio delle vittime civili di tutte le altre forze sul campo. L’80 per cento circa della popolazione ha bisogno di aiuti alimentari «urgenti», 16 milioni di yemeniti non hanno accesso a cure ospedaliere. Solo da gennaio 2019 si sono registrati nel paese 195 mila casi di colera, che dal 2016 ha ucciso più di 3.000 civili.
Dopo la primavera araba del 2011, il dittatore Ali Abdallah Salah è stato costretto a dimettersi, ma il potere è stato assunto dal suo vice, Abd Rabbo Mansour Hadi, appoggiato da Riyad. Lamentando l’estromissione dal potere e accordi di pace penalizzanti, gli Houthi, che rappresentano circa il 40 per cento della popolazione, hanno lanciato un’offensiva nel luglio 2014, conquistando molte città chiave del paese, compresa la capitale Sanaa e il fondamentale porto di Hodeida.
Nel marzo 2015 il presidente Hadi è costretto a fuggire in esilio a Riyad e l’Arabia Saudita, alla testa di una coalizione di nove paesi arabi sunniti e con il sostegno degli Stati Uniti, lancia la campagna di bombardamenti a tappeto “Tempesta decisiva”, schierando 150 mila militari e 100 aerei da guerra. La missione viene poi sostituita da un’altra, che si avvale di bombardamenti e di un rigido blocco terrestre, marittimo e areo che mette in ginocchio la popolazione.
L’ASSASSINIO DEL DITTATORE
Il 2 dicembre 2017 l’ex dittatore Saleh, da sempre un nemico degli Houthi ma loro alleato nella guerra per riprendere il potere, compie un brusco voltafaccia e tende la mano ai sauditi. Due giorni dopo i ribelli Houthi riescono a ucciderlo e il presidente Hadi lancia una campagna per riconquistare la capitale Sanaa.
Nel dicembre 2018 viene firmata a Stoccolma una tregua tra il governo di Hadi e i rappresentanti degli Houthi per interrompere i combattimenti nella regione di Hodeida, principale punto di ingresso degli aiuti umanitari internazionali. Nel maggio 2019, le forze ribelli cominciano a ritirarsi dalla città portuale, anche se la tensione rimane alta.
I BAMBINI, LE PRIME VITTIME
Tra maggio e luglio gli Houthi intensificano gli attacchi contro l’Arabia Saudita, che risponde con bombardamenti su Sanaa e il nord dello Yemen. La pace è ancora lontana, la crisi umanitaria immensa e il conto delle vittime altissimo. Riyad, nonostante alcune sparute critiche della comunità internazionale, continua a bombardare il paese senza pietà, causando vittime civile nell’indifferenza generale. Più di 2.770 bambini sono rimasti uccisi dall’inizio del conflitto, secondo l’Onu: la metà è vittima dei bombardamenti sauditi.
Foto Ansa
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