Yemen, la guerra dimenticata. L’Arabia Saudita ha cacciato gli sciiti ma ora governano Al-Qaeda e Isis

Di Leone Grotti
04 Novembre 2015
I jihadisti si sono impossessati della capitale provvisoria Aden, senza che la coalizione sunnita abbia sparato un colpo per impedirlo
A Shiite fighter, known as a Houthi, walks past of a house damaged by Saudi-led airstrikes in Sanaa, Yemen, Wednesday, Oct. 28, 2015. (AP Photo/Hani Mohammed)

A tre mesi e mezzo dalla cacciata dei ribelli sciiti houthi dalla seconda città più importante dello Yemen, Aden, il potere è di fatto passato ai jihadisti di Al-Qaeda e non solo. Ma la coalizione sunnita guidata dall’Arabia Saudita, che da aprile bombarda ininterrottamente lo Stato più povero della Penisola arabica, anche con le proibitissime bombe a grappolo, non sembra così interessata a fermarne l’ascesa.

«NESSUNO FA NIENTE». «Avanzano a gran velocità», dichiara al Le Monde la direttrice di una Ong locale: «Minacciano, uccidono e nessuno fa niente. I militari sauditi e degli Emirati, che hanno contribuito a liberare la città dai ribelli houthi, se ne stanno chiusi nelle loro basi, nel porto e nell’aeroporto». Nel resto della città, però, Al-Qaeda spadroneggia alla luce del sole: sul commissariato del quartiere Tawahi sventola il loro minaccioso drappo nero, per le strade i terroristi sfilano in parata a volto scoperto.

[pubblicita_articolo]UN ANNO DI GUERRA. Il caos si è impadronito del paese fin dall’inizio dell’anno: a gennaio gli Houthi avevano conquistato i principali centri di potere nella capitale Sana’a. I ribelli discesi dal nord del paese, un tempo diviso dal sud, chiedono da tempo di essere più rappresentati negli organi decisionali. L’assalto, che ha portato alla cacciata del premier e alla fuga del presidente Abdrabuh Mansur Hadi in Arabia Saudita, ha aperto uno scontro tra gli sciiti, le milizie fedeli al presidente e i secessionisti del sud. Ad aprile, l’Arabia Saudita temendo un nuovo dominio sciita al confine, ha cominciato a bombardare il paese a tappeto per stanare i ribelli, facendo più di 5.000 vittime (la metà civili).

NUOVI PADRONI. Aden è stata liberata a luglio e a metà settembre il governo yemenita ha fatto ritorno, dopo che Riyad ha temporaneamente spostato in città la capitale da Sana’a in attesa di tempi migliori. Ma appena tre settimane dopo, il 6 ottobre, l’hotel che ospitava il governo e il quartier generale della coalizione sunnita è stato devastato da due attentati kamikaze. Gli attacchi non sono stato rivendicati dai ribelli sciiti, ma dai miliziani dello Stato islamico. Mentre il governo tornava comodamente indietro in Arabia Saudita, jihadisti di diverse fazioni facevano il bello e il cattivo tempo nella capitale provvisoria yemenita.

SHARIA IN CITTÀ. Il 17 ottobre un ufficiale degli Emirati Arabi Uniti è stato assassinato, il 25 ottobre il più grande supermercato di Aden è stato invaso da terroristi che hanno reclamato la rigida separazione dei sessi e il velo obbligatorio per le donne. Lo stesso giorno la prigione centrale è stata assaltata, con conseguente liberazione di importanti criminali, mentre il 26 ottobre è toccato all’università. Uomini mascherati hanno interrotto i corsi e hanno imposto una netta divisione tra maschi e femmine, chiedendo all’ateneo di applicarla per tutti i corsi entro tre giorni. Il giorno prima della scadenza dell’ultimatum è esplosa una bomba nel campus come avvertimento: il 29 ottobre la segregazione dei sessi e il velo per le donne è stato approvato.

AL-QAEDA, ISIS, FRATELLI MUSULMANI. Approfittando della dissoluzione dello Stato yemenita, Al-Qaeda nello Yemen (Aqap) è riuscita ad espandere la sua già capillare presenza nel paese. I terroristi islamici, tra i successi più importanti, sono riusciti a conquistare Mukalla, nel sud del paese, quarta città più importante dello Yemen. Ad Aden non c’è solo Aqap, anche l’Isis è entrato in molti quartieri insieme a milizie riconducibili ai Fratelli Musulmani. La coalizione sunnita ha portato decine di migliaia di soldati in Yemen, eppure Maha Awadh, residente di Aden, ammette sconsolata: «I jihadisti mi fanno paura. Sono potenti, organizzati e per ora non c’è nessuno che li voglia fermare». Neanche i sauditi.

@LeoneGrotti

Foto Ansa/Ap

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