Walesa. L’operaio protagonista del «miracolo» polacco che tolse alla sua generazione il diritto di essere pessimista
Forse per un perdurante pregiudizio ideologico, c’è una data che è stata rimossa dalla coscienza europea di cui nessuna parla, di cui nessuno si ricorda, eppure è da quel giorno di venticinque anni fa che in Europa tutto è cambiato, è da quel giorno di venticinque anni fa che l’assetto dell’Unione Europea è quello che conosciamo oggi e per il quale recentemente si è votato in ventotto paesi.
Uno dei fondatori di Solidarnosc, Konstanty Gebert, ha dichiarato in una recente intervista: «Uno che ha visto l’89 perde per sempre il diritto morale di essere pessimista, perché quello che è accaduto allora non sarebbe mai dovuto accadere: il comunismo che crolla senza che sia sparsa una goccia di sangue? L’Unione Sovietica che dice “scusateci” e se ne va? Ma figuriamoci! Se un anno prima dell’89 qualcuno me lo avesse detto, io avrei riso. Allora, noi che l’abbiamo visto, noi che in qualche modo abbiamo anche contribuito a quegli eventi non abbiamo più il diritto di essere pessimisti, di dire a qualcun altro “non funzionerà, non avete nessuna possibilità di farcela”, perché noi abbiamo visto un miracolo».
Quell’evento aveva le sue radici nelle lotte degli operai e degli intellettuali polacchi iniziate fin dal 1956, continuate nel 1970 e nel 1976, e culminate negli scioperi di Danzica del 1980 e nella conseguente nascita di Solidarnosc, il primo sindacato libero in un paese comunista, che arrivò a contare dieci milioni di iscritti, e che non venne eliminato neppure durante lo Stato di Guerra introdotto dal generale Wojciech Jaruzelski il 13 dicembre del 1981, perché continuò a vivere in forma clandestina.
L’intervista con Oriana Fallaci
Al Festival del cinema di Venezia lo stesso Andrzej Wajda aveva detto: «Io ho visto la Polonia prima sotto l’occupazione tedesca, poi invasa dalla Russia, e so quanto sia difficile valutare chi siano davvero i colpevoli. Invece non è difficile capire chi è il nostro eroe. Prima di lui, i tentativi di liberare la Polonia guidati dagli intellettuali e dall’aristocrazia erano finiti con l’insuccesso. È dovuto arrivare questo elettricista per portarci alla liberazione dal regime senza spargimento di sangue. Ho ammirato Walesa fin dal primo istante in cui l’ho conosciuto, durante i colloqui tra Solidarnosc e la delegazione del governo. Ho cercato di mostrare oltre alla dimensione psicologica e “locale” il contesto internazionale della sua ascesa».
Il film prende come spunto narrativo la famosa intervista che Oriana Fallaci (una sorprendete Maria Rosaria Omaggio) fece al leader di Solidarnosc nel 1981, e che fa da contrappunto ai numerosi flashback e alla narrazione degli eventi anche seguenti quell’incontro, così come fanno da contrappunto la fede e l’orologio d’oro che Walesa, interpretato con incredibile somiglianza e fedeltà dall’attore Robert Wieckiewicz, lascia sul tavolo di casa, perché la moglie li venda per comprare da mangiare, ogni qualvolta egli esce senza avere la certezza di tornare o di non essere ucciso.
Non c’è alcun intento agiografico nella narrazione asciutta e scevra da ogni tentazione all’esaltazione e o alla mitizzazione. E, quindi, viene affrontata senza timore e reticenze anche la controversa questione della firma che Walesa appose, sotto ricatto, nel 1970 in calce alla dichiarazione di lealtà al regime, quando venne arrestato per aver partecipato alle manifestazioni di piazza, mentre sua moglie partoriva il loro primo figlio, e i suoi compagni venivano massacrati di botte nei corridoi della Milicja.
Il ruolo centrale della Chiesa
Il regista spinge la sua indagine sia nella sfera politica e pubblica, sia in quella psicologica e personale del leader di Solidarnosc, ed entra nel suo privato, nella sua sfera più intima e familiare per cogliere lo sviluppo della sua trasformazione da semplice operaio elettricista in leader carismatico, e inoltre mette in luce il ruolo fondamentale avuto dalla moglie Danuta (interpretata magistralmente da Agnieszka Grochowska) di cui mostra il coraggio anche nei momenti più duri, davanti ai ripetuti licenziamenti e ai continui fermi di polizia del marito, durante le brutali perquisizioni della polizia in casa, riuscendo in tutto questo a combattere la propria lotta contro la dura quotidianità degli anni Ottanta in Polonia, e a prendersi cura dei sette figli, supportando e dando coraggio al marito nella triste e cupa esistenza della Repubblica Popolare Polacca che viene presentata in tutti i suoi aspetti: dai negozi vuoti, alla violenza dei manganelli della polizia, a tutte le sue assurdità, attraverso filmati di repertorio e piccoli dettagli, come spesso accade nei film di Wajda.
Allo stesso modo, le figure femminili riportano alla memoria il ruolo centrale avuto nel corso di tutta la storia polacca dalle donne, vere custodi e anima della nazione. Così nel film, accanto a Danuta, ci sono Anna Walentynowicz, l’operaia il cui licenziamento portò allo scoppio della protesta nell’agosto 1980, Henryka Krzywonos, la guidatrice di tram che paralizzò le comunicazioni a Danzica, Halina Pienkowska, che insieme alle altre fermò gli operai che volevano tornare a casa. E poi c’è la folla di madri, mogli, sorelle, fidanzate che davanti ai cancelli dei cantieri occupati portavano cibo e conforto e, soprattutto, con i loro corpi formavano una barriera di difesa contro un possibile attacco dei carri armati.
Il ruolo centrale avuto dalla Chiesa polacca nel fondare, far crescere e proteggere la coscienza della nazione polacca, di Walesa e di tutto il movimento di Solidarnosc è indicato da due momenti, apparentemente secondari, ma in realtà centrali: la richiesta degli operai che sia celebrata una Messa all’interno dei cantieri in sciopero e soprattutto le immagini della Messa celebrata da Giovanni Paolo II nel 1979 a Varsavia, quando durante l’omelia disse: «Scenda il tuo Spirito e rinnovi la faccia della terra… di questa terra», che molti in Polonia indicano come il vero momento di inizio del rinnovamento e della presa di coraggio della nazione polacca, come il vero inizio degli eventi che sarebbero accaduti un anno dopo. Walesa in quel momento è in carcere, a casa Danuta deve subire un’ennesima perquisizione, alla radio risuonano le parole del Papa e uno dei poliziotti si inginocchia, subito redarguito dal suo superiore.
La festa del 4 giugno
Il 4 giugno scorso in Polonia, davanti ai capi di Stato di mezzo mondo con il titolo di “Spegnere il sistema” si è festeggiato il venticinquesimo anniversario della caduta del comunismo. Il giorno dopo è stato inaugurato a Varsavia il Giardino Universale dei Giusti in cui saranno onorate figure di coraggio civile di tutti i genocidi e di tutti i totalitarismi del XX secolo. Il film di Wajda sul grande protagonista di quegli eventi, come già era accaduto con Katyn e con il film di Rafal Wieczynski su padre Popieluszko, si inserisce in un filone storico e storiografico del recente cinema polacco che di fronte a molti, troppi silenzi di storici e uomini di cultura contribuisce a non farci perdere la memoria di uomini e donne che hanno lottato per la libertà e la verità.
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