Da Van De Sfroos a Mozart, da Giacomino all’Innominato: ecco «l’inaudito spettacolo di amore che si consuma per noi»
Erano anni che non si vedeva uno spettacolo così, capace di far percepire che il cristianesimo non è qualcosa di noioso, triste, cupo, “da preti”, ma un avvenimento bello, ricco ed entusiasmante. Quarantamila persone hanno stipato ieri sera piazza Duomo a Milano rispondendo all’invito del cardinale Angelo Scola, che ha esposto la Croce con la reliquia del santo Chiodo.
Le brevi parole di Gemma Capra, la vedova del commissario Luigi Calabresi, hanno fatto riflettere sul mistero del perdono, letture potenti come la conversione dell’Innominato dai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni sul mistero della misericordia e passi struggenti dell’Interrogatorio a Maria di Giovanni Testori sul mistero dell’amore di Gesù per gli uomini.
IL VERO PROTAGONISTA. Lo spettacolo è durato due ore e tutto era fatto bene senza sbavature: i musicisti erano bravi, i cantanti erano bravi, gli attori erano bravi e nonostante fossero tutti “one man show” nessuno ha cercato di rubare la scena al protagonista, la Croce che stava al centro del sagrato. Neanche il cardinale, che prima di far recitare il Credo e cantare il Regina Coeli, ha detto: «In questo fiume di grazia che è la storia cristiana noi siamo l’ultimo anello della ininterrotta catena delle generazioni. Ognuno porti questa bellezza nella sua vita ordinaria: in famiglia, al lavoro, nei momenti di riposo».
Articoli correlati
2 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Grande spettacolo, cioè “mezzo o strumento per guardare” (etimo.it) il ‘cielo’, il profondo. “Non puro, ma grande” (Bono), diciamocelo. A costo di risultare “ma chi si crede d’essere?”, dico che il Vangelo non è testo teatrale, da drammatizzare con quell’insistito registro esageratamente enfatico e giurassico di alcuni degli ‘attori’ (addirittura, nell’ultimo brano di san Luca, Stefania Pepe ha letto Gallilea, sì, con due elle!), che ha trovato il culmine nello straziante Interrogatorio, che chi l’abbia sentito da Testori sa cosa voglio dire (partecipo alla Via Crucis dal Duomo e provo sofferenza nel dover sentire le letture di Paola Villoresi e collega). E più improponibile ancora come è stata straziata Halleluja, la più ‘vissuta’ canzone Cohen, neppure Buckley c’era riuscito (tentando di ridurre l’inno alla Vita che è a ode all’orgasmo). E’ più facile dire grazie a Poretti.
Caro amico,
è proprio vero il detto che “manca sempre un soldo per far mille lire”!
Giovedì scorso io (io e la mia famiglia) c’ero e lo confesso ho pianto di commozione sentendo la testimonianza della vedova Calabresi, ascoltando (una volta ancora) il passo della conversione dell’Innominato e quello ancor più tragico de “Interrogatorio a Maria”.
Forse ti aspettavi altro ma, almeno questa è stata la mia esperienza, il protagonista non dovevamo cercarlo tra gli attori o cantanti o comici (Poretti, un genio, con “quando sarò di la, gli chiederò come ha fatto a perdere la testa per una come Te!): il protagonista, pur nella sua fissa immobilità, era li a braccia aperte pronto ad accoglierci tutti, conoscendoci ad uno ad uno; e quel Chiodo pronto a ricordarci l’infinita sofferenza patita e l’infinito amore a noi donato.
Per lo spettacolo, prego accomodarsi dall’altra parte della Galleria Vittorio Emmanuele.