
Un Da Vinci mai visto prima. A Milano la più grande mostra sul genio del Rinascimento

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Il 15 aprile, a Palazzo Reale di Milano, si inaugurerà la più grande mostra mai realizzata in Italia su Leonardo. Quello stesso giorno il genio toscano era venuto al mondo nel borgo di Vinci. Era il 1452; suo padre, messer Piero, era un giovane di 25 anni avviato alla carriera notarile e già promesso sposo a una giovane benestante del contado. Sua madre era monna Caterina, di estrazione sociale inferiore. Fu il frutto di una relazione clandestina o illegittima, come si diceva una volta. Appena nato venne subito accolto nella famiglia paterna e la madre fatta maritare a un contadino attaccabrighe.
Visse con la matrigna (che morì giovane e senza figli) e seguì il padre a Firenze, dove questi si risposò altre due volte; l’ultima quando Leonardo aveva 23 anni, era già membro della Compagnia di San Luca dei pittori fiorentini e aveva già firmato la sua prima opera certa, un Paesaggio con fiume datato 5 agosto 1473, un disegno con una veduta a volo d’uccello della valle dell’Arno, oggi al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi. Suo padre ebbe in tutto 12 figli: l’ultimo nacque quando Leonardo aveva 46 anni e viveva da sedici a Milano, alla corte di Ludovico il Moro. Con i fratellastri ebbe pochissimi rapporti, ma gli diedero molti problemi nella contesa sull’eredità, dopo la morte del padre.
La mostra di Palazzo Reale, costata circa 4,4 milioni di euro e coprodotta da Skira con il Comune di Milano e il contributo di Bank of America Merrill Lynch (circa 300mila euro), è curata da Pietro C. Marani (già soprintendente alle Belle Arti di Milano) e da Maria Teresa Fiorio (già direttrice delle civiche raccolte del Castello Sforzesco), due tra gli storici dell’arte italiani più importanti a livello internazionale per gli studi su Leonardo, al lavoro su questo progetto dal 2009. Intitolata “Il disegno del mondo”, aperta fino al 19 luglio, sostenuta e inaugurata a ridosso dell’apertura del Salone del Mobile e di Expo, la rassegna presenta una visione di Leonardo non mitografica, né retorica, né celebrativa (come l’ultima grande mostra allestita in Triennale nel 1939) e posa uno sguardo trasversale su tutta l’opera del poliedrico personaggio, che fu artista e scienziato, scenografo e ingegnere. Infatti, dopo avere frequentato la bottega fiorentina del Verrocchio e avere appreso i segreti della pittura e della scultura, Leonardo si era avvicinato, tra il 1474 e il 1479, al mondo della scienza; con l’anziano geografo e astronomo Paolo dal Pozzo Toscanelli aveva approfondito gli studi di anatomia, assisteva alla dissezione dei cadaveri a lume di candela, nelle camere mortuarie degli ospedali, studiava la fisica (il moto delle acque, il volo degli uccelli) e la meccanica e verificava le sue teorie tramite esperimenti diretti.
I curatori della mostra – che non vuole rivolgersi soltanto agli specialisti, bensì a tutti i visitatori di Expo 2015 – hanno puntato su alcuni temi centrali del lavoro di Leonardo: il disegno; il continuo paragone tra le arti (è più nobile dipingere o scolpire?); il confronto con l’antico; la novità assoluta di dare forma bidimensionale ai moti dell’animo (come si rappresentano felicità e paura?). Il loro sforzo si è concentrato anche nell’illustrare i progetti utopistici di Leonardo, veri e propri sogni dell’umanità fin dal tempo di Icaro (come volare nel cielo?) e di Gesù di Nazareth (come camminare sull’acqua?).
In mostra sarà allestita un’apposita sezione dedicata all’automazione meccanica grazie al prestito, da parte del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia intitolato al grande maestro, di tre modelli storici di macchine: il carro automotore, il maglio battiloro e il telaio meccanico, mentre apparirà più chiaro a tutti quanto Leonardo rielaborasse antichi trattati arabi e medioevali, ponendosi a cavallo di due epoche: ultimo grande mago medioevale come Alberto Magno, l’alfiere dell’unità del sapere e primo grande scienziato dell’evo moderno, che osserva la Natura senza soggezione, la misura e la sfida.
Dal percorso espositivo risulta chiara anche la vocazione dell’artista all’interdisciplinarietà e al continuo intrecciarsi di interessi, riassunti e culminanti nei suoi dipinti più tardi. Accanto a opere autografe di Leonardo – una decina di dipinti, oltre cento disegni, codici, incunaboli, cinquecentine e manoscritti (la Biblioteca Ambrosiana è tra i massimi prestatori della mostra), ci sono le opere dei suoi predecessori pittori, scultori, tecnici, teorici dell’arte e del colore: Antonello da Messina, Botticelli, Filippino Lippi, Paolo Uccello, Ghirlandaio, Verrocchio, Lorenzo di Credi, Antonio e Piero del Pollaiolo, Jean van Eyck, Della Robbia, Jacopo di Mariano detto il Taccola, Guido da Vigevano, Francesco di Giorgio Martini, Bonaccorso Ghiberti, Giuliano da Sangallo, Bramante e altri trattatisti anonimi dei secoli XV e XVI.
La fortuna critica dei modelli di Leonardo è rappresentata in mostra da opere di Boltraffio, Marco d’Oggiono, Francesco Napoletano, Solario, Francesco Melzi, Giampietrino, Cesare da Sesto, Girolamo, Giovanni Ambrogio Figino, i cosiddetti leonardeschi, mentre non mancano alcuni capolavori provenienti dall’estero come il San Gerolamo della Pinacoteca Vaticana, la Madonna Dreyfuss della National Gallery di Washington e ben tre dipinti dal Louvre di Parigi: Belle Ferronière, Annunciazione, San Giovanni Battista. In mostra ci sarà anche una riproduzione del Cenacolo di Santa Maria delle Grazie, arricchita da pannelli descrittivi e postazioni interattive con le informazioni sull’opera capitale di Leonardo, iniziata nel 1494 e terminata nel 1498, e sul suo restauro (1999).
Foto Ansa
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Esiste una piccola possibilità, ma non nulla, che la principale opera di Leonardo in mostra, non sia a Milano ma a Torino: La Sindone. I geni tendono ad operare in modo simile e ad avere un volto somigliante. Se la Sindone è “autentica”, allora è un “autoritratto” di nostro Signore Gesù. Se non è lo è, ed è fatta da mani d’uomo, potrebbe essere un ritratto veritiero di Gesù (volto) eseguito dal “mago” Leonardo da Vinci senza modello e che lui ne sarebbe il prototipo. L’autoritratto di Leonardo somiglia al volto sindonico. L’immagine della ferita al costato della Sindone ingrandita ricorda il guerriero centrale urlante della Battaglia di Anghiari di Leonardo. E il volto di profilo presente nell’immagine delle ferite ai piedi, sarebbe il ritratto dell’autore, come si usava nei quadri rinascimentali, ove l’artista si inseriva nelle opere che realizzava. Come nell’Adorazione dei Magi dove Leonardo si ritrasse sulla destra mentre si allontanava da Firenze per andare a Milano. Le mani apparentemente di lunghezza diversa dell’uomo sindonico, ricordano quelle anormalmente lunghe delle Dama con l’ermellino di Leonardo. In entrambi i casi il volto sindonico sarebbe veritiero riguardo Ns. Signore. Cfr. Ebook. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.