Esce l’ultimo video sul traffico di feti abortiti in America. Ma alla sbarra ci è finito l’accusatore
Martedì è stato pubblicato l’ultimo dei dodici video girati “undercover” all’interno delle cliniche di Planned Parenthood nell’ambito di una rumorosa inchiesta su un presunto commercio illegale di organi e tessuti di feti che ha inferto un duro colpo all’industria americana dell’aborto, riportandola al centro dell’attenzione mediatica e politica. Paradossalmente però in questo momento è David Daleiden, il 27enne cattolico fondatore del Center for Medical Progress (Cmp, l’organizzazione pro life che ha condotto l’indagine), a dover affrontare un processo in Texas nei panni dell’imputato. Il giovane infatti è stato incriminato per «manomissione di documenti governativi» e «tentato acquisto di organi umani», e invece nessuna accusa è stata formulata nei confronti dei vertici di Planned Parenthood, che sono stati ripresi da Daleiden mentre parlano di compensi da incassare in cambio di tessuti prelevati da bambini abortiti. È quello che documenta anche l’ultimo video diffuso di questa serie.
[pubblicita_articolo]NATI VIVI? Questa volta l’investigatore del Cmp, fingendosi un intermediario interessato a rifornirsi di tessuti fetali da rivendere a terzi, parla con Jennefer Russo, direttrice della clinica Planned Parenthood of Orange & San Bernardino Counties, in California. Nel corso del dialogo Russo ammette con disinvoltura che nella struttura si praticano aborti senza usare la digossina, un veleno iniettato nel feto in grembo che serve a ucciderlo prima di estrarlo dall’utero materno. Come sottolinea il Cmp, senza digossina è possibile che i bambini nascano vivi, prima di essere “abortiti”. L’accusa è che questa procedura serva a ottenere tessuti “intatti” da vendere a prezzo più alto. Ma per il “Born-Alive Infants Protection Act” è un reato punibile con multe fino a 250 mila dollari e due anni di carcere. Nel video appare anche il listino prezzi dell’impresa Da Vinci Biosciences, un’altra ditta di intermediazione di tessuti fetali che collabora con la clinica in questione da anni: 750 dollari per il cervello di un bambino, 500 per le ghiandole linfatiche, 350 per un fegato.
“RIMBORSI” PER “DONAZIONI”. La presidente nazionale di Planned Parenthood, Cecile Richards, fin dall’inizio dello scandalo innescato dall’uscita dei video del Cmp si è difesa respingendo l’accusa: le presunte compravendite illegali di organi e tessuti fetali sarebbero in realtà “donazioni alla ricerca” effettuate per volontà delle pazienti, mentre le cliniche incassano denaro come semplice “rimborso” a fronte delle spese sostenute. David Daleiden sostiene invece che «più e più volte abbiamo sentito dalle loro bocche che fanno i soldi vendendo parti di bambini abortiti e che lo fanno per motivi di profitto».
«NUOVE REGOLE». La grande stampa americana, se ha parlato dello scandalo Planned Parenthood lo ha fatto quasi sempre per difendere il colosso degli aborti omettendo di raccontare le atrocità testimoniate dall’inchiesta video del Cmp. Lo schermo protettivo non ha impedito però che il caso giungesse fino ai palazzi della politica, rimettendo in discussione le centinaia di milioni di dollari destinati ogni anno all’organizzazione dallo Stato. Proprio in questi giorni la Corte suprema americana prepara una sentenza “storica” sulla legislazione texana del business abortista, e Daleiden si è rivolto ai giudici del massimo organo giudiziario degli Stati Uniti per ricordare loro che il caso Planned Parenthood dimostra quanto sia «critica» la «necessità di un’autorità forte per la regolamentazione dell’industria dell’aborto».
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1 commento
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Daleiden se lo doveva aspettare, visto che ha osato disturbare il padrone del vapore (alias quelli che foraggiano i futuri – e passati – presidenti & affini).
E’ il mercato, bellezza. E in una nazione nella quale tutto si può mercanteggiare, la sua inchiesta ha fatto lo stesso effetto di un urlo a squarciagola durante la festicciola silente dei nuovi e vecchi trafficanti.