Uno studio rivela l’entità dei massacri nel Tigrai: «Almeno 7.000 vittime»
Millenovecento vittime della guerra nel Tigrai identificate con nome e cognome, almeno 7.000 secondo le testimonianze individuali diffuse su internet. È il bilancio ancora provvisorio dell’eccidio compiuto da soldati etiopi, eritrei e milizie etniche nella regione del Tigrai in oltre 150 massacri. Le violenze sono ancora in corso dal momento che l’ultimo attacco risale a pochi giorni fa. Le vittime più anziane identificate hanno oltre 90 anni, mentre le più giovani pochi giorni.
La guerra nel Tigrai continua
La lista è stata compilata da una squadra composta da ricercatori dell’Università belga di Ghent, che studiano il conflitto fin dal suo inizio l’anno scorso. Per stabilire numero e identità delle vittime, gli studiosi hanno compiuto più di 2.000 telefonate, incluse 100 interviste approfondite con testimoni oculari. La ricerca è stata pubblicata giovedì.
Il conflitto nella regione del Tigrai, in Etiopia, vede combattere da una parte l’esercito etiope con l’aiuto di milizie eritreee e amhara, e dall’altra i ribelli del Fronte popolare di liberazione del Tigrai (Tplf). Gli scontri sono iniziati a novembre, quando il premier etiope Abiy Ahmed ha sciolto il governo regionale tigrino guidato dal Tplf, che aveva tenuto le elezioni nonostante fossero state rinviate in tutto il paese a causa della pandemia di Covid-19. Le milizie tigrine hanno risposto occupando la base militare del Comando del Nord delle forze armate etiopiche nel Tigrai. Il premier ha lanciato quindi una campagna militare, inviando 50 mila truppe (senza contare quelle eritree e amhara) nella regione, che ha anche subito pesanti bombardamenti.
Massacri ed esecuzioni di massa
Nonostante a fine novembre Addis Abeba abbia dichiarato rientrata la crisi, i massacri non si sono ancora fermati da allora e c’è il rischio che sfocino in un’operazione di pulizia etnica. Uno dei dati più impressionante è il modo in cui sono state uccise le vittime: solo il 3% dei decessi è avvenuto in generici attacchi aerei o dell’artiglieria. Il 97%, invece, è frutto di massacri intenzionali ed esecuzioni di massa.
Ad Axum, ad esempio, almeno 800 persone sono state massacrate nel giro di due giorni fuori dalla chiesa di Santa Maria di Sion, dove secondo la tradizione sarebbe custodita l’Arca dell’Alleanza. Altre 600 sono morte a Mai Kadra. Venti dei massacri identificati sono avvenuti negli ultimi 30 giorni: 250 persone sono state uccise a Humera pochi giorni fa, 13 a Grizana otto giorni fa. Una di loro era un bambino di appena due anni.
In un recente servizio, la Cnn ha documentato atrocità impensabili: civili fatti a pezzi, donne legate e violentate per giorni da cinque o sei soldati davanti ai figli e ai mariti, ragazzine con le ossa rotte dopo essere state stuprate da 15 o 16 uomini consecutivamente. Madri incinte ammazzate, uomini vittime di esecuzioni sommarie, corpi di bambini abbandonati per strada, preda di animali feroci.
Le vittime sono più di 7.000
La ricerca belga è stata guidata dal professor Jan Nyssen, che al Guardian ha dichiarato:
«Queste persone non devono essere dimenticate. I crimini di guerra devono essere investigati. Il nostro studio dimostra l’enormità di quanto sta succedendo. Sappiamo che le vittime sono molte di più, intorno alle 7.000, ma di queste 1.900 conosciamo nome e cognome».
Secondo lo studio il 90% delle vittime è composto da uomini e il 14% è stato ucciso da soldati etiopi, il 45% dagli eritrei e il 5% dalle forze paramilitari amhara. Nel 18% dei casi etiopi ed eritrei hanno commesso insieme le violenze. Il premier etiope, Abiy, vincitore del premio Nobel per la pace nel 2019, ha ammesso per la prima volta il mese scorso in Parlamento che «nonostante le esagerazioni del Tplf, sono state compiute atrocità nel Tigrai». L’Eritrea, invece, sostiene che «sono tutte bugie» e che nessun crimine di guerra è stato commesso.
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