Testimoni del massacro di cristiani ad Axum: «Gettati in fosse comuni»
Il massacro di cristiani ad Axum, in Etiopia, nella regione del Tigrai al centro di un violentissimo conflitto, c’è stato ed è anche più «orribile» di quanto si pensasse inizialmente. Con il parziale ripristino delle telecomunicazioni da parte del governo nella regione, emergono i primi dettagli raccontati da testimoni oculari su quanto avvenuto a fine novembre nella chiesa di Santa Maria di Sion, dove si crede sia custodita dai monaci ortodossi l’Arca dell’alleanza.
L’IRRUZIONE DEI SOLDATI ERITREI IN CHIESA
Un diacono della Chiesa ortodossa che risiede ancora ad Axum, e pertanto ha preferito parlare in condizione di anonimità, ha raccontato telefonicamente all’Associated Press ciò che ha visto. Quando i soldati eritrei sono entrati in città, la chiesa ospitava centinaia di persone, scappate lì da altre località per sfuggire alle violenze. I militari hanno fatto irruzione nella chiesa, trascinando fuori i fedeli e sparando a tutti coloro che cercavano di fuggire. «Io mi sono salvato per caso insieme a un sacerdote», spiega. «Siamo scappati calpestando i corpi di chi era già stato ucciso, cercando un posto dove nasconderci».
Il conflitto nel Tigrai vede contrapposti l’esercito etiope, sostenuto da milizie eritreee e amhara, e i ribelli del Fronte popolare di liberazione del Tigrai (Tplf). Gli scontri sono cominciati a novembre, quando il premier etiope Abiy Ahmed ha sciolto il governo regionale tigrino guidato dal Tplf per avere tenuto autonomamente le elezioni regionali, nonostante queste fossero state rinviate in tutto il paese a causa della pandemia. Le milizie tigrine, hanno risposto occupando la base militare del Comando del Nord delle forze armate etiopiche in Tigrai. Il premier ha lanciato allora una campagna militare, inviando 50 mila truppe (senza contare quelle eritree e amhara) nella regione, che ha anche subito pesanti bombardamenti.
ALMENO 800 LE VITTIME
Secondo il diacono ortodosso, almeno 800 persone sono state massacrate fuori dalla chiesa di Santa Maria di Sion nel giro di due giorni. «Hanno cominciato a uccidere chi cercava di rientrare a casa dalla chiesa e chi si spostava per strada», racconta un altro testimone, il docente universitario Getu Mak, che si trovava in un hotel nel momento dell’attacco. «È stato orribile: a ogni angolo di strada c’era un cadavere». Un terzo testimone, che è riuscito a scappare nella capitale regionale, Mekele, fatica anche a parlarne: «Come posso descrivere quel che è successo? Così tanti morti».
I soldati hanno anche impedito agli abitanti di Axum di prendersi cura dei cadaveri e di dare loro degna sepoltura. Presto la città ha iniziato a puzzare e secondo il diacono la notte si potevano sentire le iene scendere dalle colline per mangiare i corpi di chi era rimasto senza vita. «Un giorno alcuni abitanti sono andati a recuperare con un carretto trainato da un cavallo 20 cadaveri, ma i soldati eritrei hanno impedito loro di farlo. E li hanno costretti a rigettare i cadaveri a terra», spiega Getu.
«SEPPELLITI IN FOSSE COMUNI»
Quando l’esercito se n’è andato, continua il diacono, i corpi sono stati recuperati «ma non abbiamo potuto fare dei funerali appropriati. Li abbiamo seppelliti in fosse comuni vicino alla chiesa». Un ultimo testimone, Mhretab, ora rifugiato negli Stati Uniti, afferma di aver trasportato decine di cadaveri in una fossa comune «che conteneva dai 300 ai 400 corpi».
Il conflitto nel Tigrai non si è ancora concluso e secondo il diacono nei villaggi attorno alla città sono state uccise migliaia di persone. Il sacerdote ortodosso continua a «proteggere la chiesa. Sono sempre qui, non siamo armati, non possiamo fare altro che stare a guardare. E ovviamente pregare Dio affinché ci protegga».
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