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Vietato l’aborto in Texas. Con una legge a prova di pro choice

Congegnato per non essere impugnabile in tribunale, l'heartbeat bill vieta le interruzioni di gravidanza dopo la sesta settimana e incarica i cittadini di denunciare i trasgressori: non le donne ma le cliniche. Che non trovano sponda nemmeno alla Corte Suprema

Caterina Giojelli
03/09/2021 - 1:00
Esteri
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Manifestazione pro life contro l'aborto e in favore della vita negli Stati Uniti
Manifestazione pro life contro l’aborto e in favore della vita negli Stati Uniti (foto Ansa)

L’ultimo aborto fuori tempo massimo si è registrato poco prima della mezzanotte: da mercoledì 2 settembre in Texas non è più possibile interrompere una gravidanza dopo la sesta settimana. E a deciderlo non è stata la “solita” legge repubblicana ma una legge «senza precedenti». Così l’ha definita il giudice capo della Corte Suprema John Roberts dissentendo dalla maggioranza dei togati che ha deciso di non bloccarla. Una legge che per l’ala progressista della corte resta «palesemente incostituzionale», «progettata per vietare alle donne di esercitare i loro diritti costituzionali ed eludere il controllo giudiziario». E che i colleghi “conservatori” non hanno voluto sospendere, come richiesto dalle cliniche abortive.

Aborto vietato dalla sesta settimana

Ma cosa dice la legge del Texas e perché rappresenta un unicum nella lunga ondata di norme restrittive promulgate dai repubblicani e bloccate dai tribunali federali? Il Senate Bill 8 firmato a maggio dal governatore repubblicano Greg Abbott – come altri “heartbeat bill”, almeno una dozzina, promossi in altri Stati ma mai entrati in vigore – proibisce l’aborto una volta che un medico è in grado di rilevare il battito cardiaco del feto nel grembo materno, cioè intorno alla sesta settimana, quando molte donne non sospettano nemmeno di essere incinte. Prova ne è che l’85-90 per cento (dati Aclu) degli aborti effettuati in Texas viene erogato a donne che si trovano “almeno” alla sesta settimana di gravidanza. O meglio “veniva erogato” quando l’aborto, prima dell’entrata in vigore del Senate Bill 8, era consentito fino alla ventesima settimana. La nuova legge prevede inoltre eccezioni in caso di “emergenze sanitarie”, non in caso di stupro o incesto.

Secondo le cliniche abortive che hanno presentato l’appello d’emergenza per bloccarla alla Corte Suprema, la legge del Texas «ridurrebbe immediatamente e catastroficamente l’accesso all’aborto in Texas, escludendo le cure per almeno l’85 per cento delle pazienti e costringendo molte cliniche per l’aborto a chiudere».

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Saranno i cittadini a denunciare i trasgressori

La legge del Texas si pone in contrasto con precedenti pronunciamenti della Corte Suprema, che proibiscono agli Stati di vietare l’aborto prima della “vitalità” fetale, a circa 22-24 settimane. Ma è stata congegnata apposta per rendere complicatissimo sfidarla in tribunale. A farla “funzionare” e garantirne il rispetto non sono infatti i funzionari statali bensì i privati: la legge incarica e consente a tutti i cittadini (non solo texani) di poter citare in giudizio i fornitori di aborto e chiunque aiuti una donna ad ottenere la procedura oltre la data consentita, pagandole l’interruzione di gravidanza o anche solo accompagnandola ad interromperla all’interno dello Stato. Non incrimina la donna che abortirà, il paziente non può essere denunciato. Ma rende potenziali imputati cliniche, medici, chiunque si renderà in qualche modo complice di un reato. Ai querelanti non è richiesto di dimostrare alcun collegamento con i soggetti portati in causa: in caso di vittoria in aula la legge dà loro diritto a un risarcimento delle spese legali più un “premio” di almeno 10 mila dollari.

L’esclusione dei funzionari statali, imputati necessari ad ogni processo per fermare le restrizioni all’aborto, e la “consegna” dell’incarico ai cittadini ha complicato gli sforzi delle cliniche per affossare il provvedimento contestandone la costituzionalità con una procedura d’emergenza: «La corte non può bocciare la legge stessa. Piuttosto, può ordinare di farla applicare. Ma i funzionari di governo sono esplicitamente sollevati dall’incarico», ha spiegato il procuratore generale del Texas, Ken Paxton.

La Corte Suprema non blocca la legge

Annullata dalla corte d’Appello un’udienza fissata dal giudice federale per bloccarla, la legge è entrata in vigore dopo che la Corte Suprema, con una maggioranza di 5 a 4, ha respinto la richiesta di intervento presentata dai suoi oppositori. Secondo i giudici Clarence Thomas, Samuel Alito, e i tre nominati da Trump Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett, i ricorrenti non hanno soddisfatto l’onere elevato richiesto per una sospensione della legge. «Nel giungere a questa conclusione, sottolineiamo che non intendiamo risolvere definitivamente alcuna pretesa giurisdizionale o sostanziale nella causa dei ricorrenti. In particolare, questo ordine non si basa su alcuna conclusione in merito alla costituzionalità della legge del Texas e non limita in alcun modo altre contestazioni procedurali corrette alla legge del Texas, anche nei tribunali statali del Texas».

Furioso Joe Biden: «Questo provvedimento viola palesemente il diritto costituzionale», ha tuonato l’alfiere dalla codifica della Roe v. Wade in legge federale. «La mia amministrazione è profondamente impegnata sul diritto costituzionale stabilito dalla Roe v. Wade cinque decenni fa e proteggerà e difenderà quel diritto». «Abbiamo bisogno di evacuare donne e ragazze dal Texas. I talebani repubblicani stanno imponendo il loro estremismo religioso» è il refrain che corre su Twitter, mentre l’America aspetta la decisione della Corte Suprema sul “caso del Mississippi”.

Il caso del Mississippi

In autunno comincerà infatti l’esame della legge varata nel 2018 per vietare la maggior parte degli aborti dopo la 15esima settimana di gravidanza e bloccata da un giudice federale. Non a caso i giornali parlano già di posta in gioco per le elezioni di Mid Term del 2022: dopo aver respinto la revisione dei divieti del Mississippi (che ha approvato tante leggi statali simili) una dozzina di volte, dopo una lunga riunione a porte chiuse, i giudici hanno deciso a maggio di accettare il caso. E di rispondere a una domanda: se tutti i divieti di praticare un aborto prima del punto di vitalità fetale (quando cioè il feto può sopravvivere al di fuori dell’utero) sono incostituzionali. In altre parole, prendendola dal punto di vista procedurale e non del diritto costituzionale ad abortire, i giudici si esprimeranno sul cuore stesso di Roe v. Wade. Andando a confermare, rivedere o abolire il quadro di moltissime leggi e con queste la conversione di Joe Biden all’oltranzismo pro choice.

Tags: Abortojoe bidentexasUSA
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