
Tecnica e tecnologia (e del desiderio umano di stabilire primati)

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Rimini. A promuovere la serie di colloqui sono state due attivissime realtà associative scientifiche italiane, l’associazione di scienziati Euresis e la Fondazione Ceur, che offre residenze, borse di studio e formazione agli studenti universitari, ma il titolo per qualche insondabile motivo era in inglese: al Meeting di Rimini per una settimana genetisti, fisici, scrittori, parlamentari e docenti di filosofia hanno risposto a domande aventi come tema “What’s human about technology”. Che, sperando di non sbagliare, tradurremmo: Che cosa c’è di umano nella tecnologia. Di tutti gli interventi quello che ci ha colpito di più è senz’altro quello di Francesco Botturi, docente di Filosofia morale e pro rettore dell’Università Cattolica di Milano. Perché ha messo a tema una distinzione che spesso non si fa, e che tutti gli altri relatori non hanno fatto: quella fra tecnica e tecnologia, con tutto ciò che dalla distinzione discende.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Sul tema bisognerà tornare con più calma e ampiezza, ma una sintesi parziale di quello che Botturi ha detto potrebbe essere la seguente. Dunque, l’uomo è un essere tecnico, la tecnica è parte integrante della definizione dell’umano così come la creatività artistica, la coscienza morale, il senso religioso, ecc. La tecnica si applica alla natura, la trasforma e la riconduce al mondo umano. È la mediazione strumentale fra sé e la natura. La strumentalità della tecnica consiste nel fatto che l’uomo la controlla completamente, la applica e la interrompe quando vuole. È una mediazione funzionale al mondo umano.
Parliamo invece di tecnologia quando l’impatto di una tecnica sull’uomo e sulla natura non è solo strumentale, perché finisce per inglobare ciò di cui è strumento. L’uomo si ritrova inglobato perché la tecnologia è talmente pervasiva che l’uomo non si trova più davanti la natura, ma la tecnologia. Non c’è un ritorno al mondo umano, ma la creazione di un globo. Nel caso delle tecniche ci sono uomo e natura, e c’è un intervento che rientra nel mondo dell’uomo. Nel caso della tecnologia, c’è un intervento che ha una tale forza di penetrazione che il mondo diventa un globo nel quale l’uomo stesso è inglobato. Il mutamento è causato dalla potenza della tecnologia. La tecnologia è così potente perché è fondata su conoscenze scientifiche sofisticate, che la rendono sempre perfettamente controllabile e verificabile, mentre le tecniche tradizionali sono legate all’esperienza comune di ogni uomo. La tecnologia costituisce essa stessa un ambiente, non c’è più l’ambiente umano luogo dell’esperienza, né l’ambiente naturale, sostituito interamente da un ambiente tecnologico: si pensi alle città di oggi. La tecnologia è un potere che cresce su se stesso, si autocostruisce, è autoreferenziale. Così nella storia cresce l’ipotesi di una gestione tecnocratica del mondo, non più politica, non più morale. La crisi delle ideologie oggi dipende semplicemente dal fatto che non servono più, per gestire il mondo. Elites e potentati intendono sfruttare la tecnologia per realizzare un mondo lineare senza religioni, ideologie, culture, ecc.
Il globo tecnologico tende a identificarsi col mondo: non ci sono più l’uomo e il suo mondo, l’uomo di fronte alla natura, ma tutto è inglobato nel globo tecnologico. Il naturalismo ambientalista, reazione a questo processo, fa l’operazione inversa: identifica il mondo col cosmo. L’uomo ridiventa un pezzetto, un meccanismo del cosmo, come lo era prima della venuta di Cristo (il primo che ha spiegato questo è stato Agostino). Oggi ci troviamo schiacciati fra il mondo dell’uomo ridotto a globo (tecnologia/tecnocrazia) e il mondo umano ridotto a cosmo (naturalismo).
Chiarito questo, occorre dire che la natura della tecnica non è niente di tecnico. La capacità tecnica umana è mossa da qualcosa che non è tecnico. L’uomo coglie un’incompiutezza nelle cose, e prova un’inquietudine prima e dopo ogni esperienza del reale: un’inquietudine che preesiste all’esperienza ma anche l’accompagna. Anche la tecnica è caratterizzata da un’inquietudine: la logica della tecnica umana è la logica della possibilità, e non semplicemente del bisogno. La logica della tecnica degli animali è dettata esclusivamente dal bisogno, quindi mira a produrre un ambiente sicuro, e lì si ferma, è ripetitiva. Invece la logica della tecnica umana mira sì anche lei a produrre un ambiente sicuro per l’uomo, ma va oltre, ci spinge sempre più in là, verso i limiti del possibile per superarli sempre di nuovo. Tipico esempio di logica della tecnica che va al di là del bisogno per esplorare l’ampiezza delle possibilità è lo sport: il miglioramento tecnico non è funzionale a soddisfare un bisogno, è estetico: si fa sport non perché è utile ma perché piace, e piace primeggiare e stabilire primati. Il primato in sé non ha alcuna utilità, non soddisfa alcun bisogno, se non quello di realizzare una possibilità fino a quel momento mai realizzata. Si cercano sempre ulteriori possibilità, a costo di creare nuovi bisogni. La tecnologia crea nuovi bisogni nel mentre che li soddisfa. L’uomo vuole evidenziare la sua abilità, attuare nuove possibilità. Perciò possiamo dire che ogni bisogno è oggetto di un desiderio (quello delle possibilità da esperire) che lo ingloba e lo supera. È il desiderio di un rapporto ideale con la realtà, di una conciliazione e armonia fra la realtà e l’uomo nell’intera ampiezza delle sue capacità. La possibilità è possibilità che il mondo non sia obiezione ai desideri dell’uomo, ma si pieghi ad essi. Perciò l’uomo ricerca una sintesi sempre più avanzata fra la realtà limitata e la sua idea illimitata. La progressione del desiderio è illimitata e ambivalente: cerca realizzazioni illimitate, non accetta una forma permanente in cui arrestarsi. Ma così facendo l’uomo diventa un contenuto del globo tecnologico. Pertanto sarà razionale trattare l’uomo come una realtà tecnologica. E qui cominciano gli incubi per l’avvenire…
Teniamo d’occhio le librerie, perché fra la fine di quest’anno e l’inizio del 2017 sarà pubblicato un libro di Francesco Botturi proprio su questi temi.
Foto da Shutterstock
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