Cinquanta morti e 53 feriti. È il bilancio della strage compiuta negli Stati Uniti domenica al Pulse Club di Orlando, locale gay, da Omar Saddiqui Mateen. Il giovane di 30 anni, nato a New York da genitori afghani, prima di compiere la strage ha chiamato il 911 per giurare fedeltà allo Stato islamico.
TENDENZE JIHADISTE. Mateen lavorava come guardia giurata ed era già nel mirino dell’Fbi come possibile simpatizzante dell’Isis per alcuni commenti “incendiari” fatti ai colleghi nel 2013 e per il legame con un altro terrorista, poi partito per la Siria. A confermare la pista radicale, le opinioni del padre, Mir Saddiqui Mateen, a favore dei talebani afghani.
LA STRAGE. Mateen è entrato nel locale gay alle due del mattino armato di una pistola Glock 17 e un fucile semi-automatico Ar-15. Forse con sé aveva anche un ordigno. Dopo la strage ha preso con sé degli ostaggi, prima di essere neutralizzato e ucciso dall’intervento dei Swat Team alle cinque del mattino. Dopo il cordoglio per le vittime, inizialmente la politica americana e i giornali hanno ipotizzato un movente omofobico, apparentemente confermato dal padre dell’assassino: «La religione non c’entra, era solo rimasto scioccato dopo aver visto due uomini baciarsi».
«MIGLIOR REGALO PER IL RAMADAN». Nelle ore seguenti è stata poi confermata la pista jihadista, ideologia che non tratta certo con i guanti gli omosessuali, come si è visto in Siria, Iraq e Libia. Lo stesso Stato islamico ha confermato l’attacco: «Il migliore regalo possibile per il Ramadan. Possa Allah accettare l’eroe che ha compiuto la carneficina e ispirare altri a fare lo stesso. L’attacco che ha avuto come obiettivo un nightclub per omosessuali a Orlando in Florida e che ha causato oltre 100 tra morti e feriti è stato opera di un combattente di Is».
PROBLEMA DI ARMI? Come afferma l’ex moglie di Mateen, divorziata nel 2011, l’assassino non era particolarmente religioso, «era psicologicamente instabile, violento. Mi picchiava, anche solo perché il bucato non era pronto o cose simili». I democratici, con Barack Obama e Hillary Clinton, hanno rilanciato il tema della moratoria sulle armi ma il problema del terrorismo islamista sembra molto più grave.
Foto Ansa/Ap