Sono settant’anni che ci raccontano le stesse bugie sulle paritarie

Di Emanuele Boffi
18 Novembre 2024
L'emendamento Malagola cerca solo di porre un piccolo rimedio a un antico sopruso. Ma la sinistra non ne vuole sapere di considerare pubblico anche ciò che non è statale
No Meloni day, la manifestazione degli studenti pro Palestina e contro la politica sulla scuola del governo italiano, Torino, 15 novembre 2024 (foto Ansa)
No Meloni day, la manifestazione degli studenti pro Palestina e contro la politica sulla scuola del governo italiano, Torino, 15 novembre 2024 (foto Ansa)

Il nostro caro amico don Antonio Villa ricordava sempre che al suo primo convegno sulla scuola sentì un monsignore arringare la folla sull’urgenza di una legge per la parità scolastica. Erano i primi anni Cinquanta e sono passati settant’anni e, sebbene una legge sia stata fatta (62/2000) e alcune regioni virtuose abbiano introdotto con successo il buono e la dote scuola, siamo qui ancora a constatare un’ingiustizia palese. Nel nostro paese non c’è libertà educativa perché, sebbene la Costituzione dica chiaramente che «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli» (articolo 30), le famiglie, soprattutto quelle meno abbienti, non sono libere di mandarli negli istituti che preferiscono.

Non staremo a ripetervi numeri e storie che conoscete e di cui trabocca l’archivio degli articoli di Tempi. Ma se c’è una vicenda che conferma quanto sia ancora radicato il pregiudizio di tanta sinistra nei confronti delle scuole non statali è quella capitata nei giorni scorsi dopo che Lorenzo Malagola ha presentato un emendamento alla manovra. In esso il deputato di Fdi chiede di introdurre un voucher di 1.500 euro all’anno per chi iscrive i figli agli istituti paritari, dalla primaria fino al primo biennio delle medie superiori.

Leggi anche
Le foto di Giorgia Meloni, Matteo Renzi, Matteo Salvini e Giuseppe Valditara bruciate con un fumogeno durante il corteo degli studenti a Genova, 15 novembre 2024 (foto Ansa)

Le solite balle

È bastato questo e la significativa apertura di credito del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara – quel ministro che studenti teppisti vorrebbero bruciare in piazza – per scatenare le reazioni delle forze progressiste.

Da Nicola Fratoianni (Avs) a Marco Furfaro (Pd) non si è fatto altro che ripetere stancamente i polverosi slogan cui siamo abituati: si toglie ai poveri per dare ai ricchi, la destra se ne infischia del precariato, delle classi pollaio e del tempo pieno, eccetera. Sulla stessa linea, ovviamente, i grillini, la Cgil e la Uil: tutti concordi nel denunciare lo «sconcertante» emendamento Malagola che penalizza «la scuola statale, nazionale e laica», in favore di quella «privata». Quante balle: basterebbe loro citare Gramsci o Berlinguer (Luigi) per farli arrossire.

Leggi anche

Un’ingiustizia clamorosa

Se è da anni che dibattiamo della questione, è perché non ci si sposta di un millimetro dal considerare “pubblica” anche la scuola paritaria, come ben chiarito dalla stessa legge 62/2000, e come dovrebbe essere ben evidente a chiunque conservi un po’ di onestà intellettuale per riconoscere il servizio che tanti istituti paritari svolgono – soprattutto a livello di scuola primaria e medie – in tanti paesi e città d’Italia, a beneficio delle casse dello Stato e del portafoglio di tutti (Fratoianni e Furfaro compresi).

L’emendamento Malagola, in fondo, non fa altro che porre un piccolo rimedio a un’ingiustizia clamorosa. Un’ingiustizia che va avanti da settant’anni.

Leggi anche

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.