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Siria, il piano sul disarmo chimico di Assad? Un fallimento. «C’è stata ipocrisia da parte di tutti»

Assad ha fatto uscire dalla Siria solo 4 tonnellate su 1300 e il termine è scaduto ieri. Intervista all'esperto del Corriere della Sera, Guido Olimpio: «Il ritardo non è una sorpresa, l'Occidente ha un po' chiuso gli occhi»

Leone Grotti
06/02/2014 - 3:00
Esteri
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Se tutto fosse andato come da accordi internazionali, ieri l’ultimo carico di armi chimiche e agenti tossici sarebbe partito dai porti della Siria. Il 5 febbraio, infatti, era la “deadline” stabilita nell’ottobre scorso da Russia e Stati Uniti perché Assad svuotasse i suoi arsenali, che dovevano poi essere distrutti entro il 30 giugno. Invece, ad oggi, il regime ha fatto uscire dal paese poco più di 4 tonnellate su 1.300.
«Il ritardo era previsto, non è certo una sorpresa», spiega a tempi.it Guido Olimpio, giornalista del Corriere della Sera, esperto di Medio Oriente e terrorismo. «L’accordo è stato frutto di un’ipocrisia da parte di tutti».

Cosa succederà ora?
La scadenza sarà spostata ai primi di marzo, ma ci andrei cauto sulle date.

Il regime si è giustificato affermando che i trasporti, a causa della guerra e delle imboscate dei ribelli, sono difficili.
È vero che in alcune zone i trasporti sono complicati ma c’è un fondato sospetto che Assad stia cercando di prendere tempo.

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A quale scopo?
Assad è un maestro in questo, come suo padre: prendere tempo è tipico di questi regimi. Pensano: “Vediamo cosa succede”. È un modo per tastare il polso dell’opposizione internazionale. Se ci si pensa bene, gli ultimi rapporti dicono che è saldo al potere: non può riprendersi tutto il paese ma nessuno può spodestarlo.

Ieri la Libia ha annunciato di aver completato il processo cominciato da Gheddafi di distruzione del suo arsenale chimico. Tutti si sono complimentati perché ci sono voluti solo 10 anni. Era realistico pensare che la Siria ne impiegasse appena uno?
Quando fu firmato l’accordo, molti esperti dissero che era difficile realizzarlo: poi però ci furono molte rassicurazioni. Io penso che ci fosse la voglia di chiudere in fretta l’accordo per evitare l’attacco militare americano. Non dico che si sono chiusi gli occhi, ma i termini sono stati accettati con troppa facilità. Sulla carta il piano, grazie alla tecnologia, era plausibile ma la Siria è un paese in guerra.

Perché ha parlato di “ipocrisia”?
Perché alla Russia interessava solo di proteggere la Siria e gli occidentali volevano una scusa per non impelagarsi in una guerra complicata. Per questo hanno preso per buone certe promesse da parte di un regime che è bugiardo e bara sistematicamente da 10 anni.

Quali promesse?
Negli ambienti internazionali gira il sospetto, ma ribadisco che è un sospetto puro, che il regime abbia nascosto delle armi chimiche e non le abbia consegnate tutte.

L’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche dell’Onu, che anche per questo accordo ha vinto il Nobel per la pace, come si sta comportando?
Fanno il lavoro dei notai e guardano che il piano vada avanti, ma con difficoltà. L’Onu certifica le azioni del regime ma non ha armi per fare pressione, come si vede anche dai colloqui di Ginevra II, perché comunque incontrerebbe il veto di Cina e Russia.

A due settimane dall’inizio della missione, un diplomatico occidentale ha criticato i ribelli, accusandoli di rallentare il lavoro degli ispettori Onu e del governo siriano.
I ribelli hanno tutto l’interesse a creare difficoltà al regime e sono contrari a questa soluzione perché ha aiutato Assad senza metterlo abbastanza in difficoltà. Se guardiamo bene, dopo questo accordo in effetti non è stato bombardato dagli Stati Uniti e ha continuato a colpire le città con le bombe. Io non sono favorevole a un intervento militare ma bisognerebbe mettergli pressione.

Il ritardo nella consegna delle armi chimiche potrebbe essere affrontato durante i nuovi colloqui a Ginevra II che dovrebbero partire il prossimo 10 febbraio?
È inutile firmare accordi se poi non hanno effetti sul terreno. Per me a Ginevra II non si otterrà niente: Assad ha già detto che non mollerà e l’opposizione non vuole trattare se non da questo punto di partenza. Ma mentre parlano, Assad lancia i barili bomba su Aleppo e questo fa capire come il regime abbia ampi margini di manovra.

I ribelli hanno le loro responsabilità?
Gli occidentali non hanno aiutato i ribelli quando era il momento, favorendo così la nascita di gruppi radicali molto pericolosi che ora spaventano lo stesso Occidente, che ha davanti agli occhi la fine fatta dalla Libia. I ribelli, dividendosi e frammentandosi, hanno indebolito la loro posizione. Loro potrebbero anche accettare un eventuale “cessate il fuoco” ma l’Isis (o Isil, ndr) non accetterà certo compromessi.

@LeoneGrotti

Tags: armi chimicheassadassad armi chimicheassad ribelliCorriere della Seraginevra iiguido olimpioONUonu armi chimicheopcwribelliribelli armi chimicheribelli assadSiriasiria armi chimicheusa armi chimiche
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