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Schlein e un partito radicale (che vorrebbe essere) di massa

Con l'elezione della nuova segretaria si completa l'itinerario ideologico che ha trasformato la natura del Pci in un partito dei "diritti". I cattolici che ci stanno ancora a fare?

Marco Invernizzi
02/03/2023 - 5:50
Politica
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La neo segretaria del Pd Elly Schlein, Roma, 28 febbraio 2023 (Ansa)
La neo segretaria del Pd Elly Schlein, Roma, 28 febbraio 2023 (Ansa)

Probabilmente con l’elezione a segretario di Elena “Elly” Schlein il Partito democratico ha completato il suo itinerario ideologico, dal partito delle due ideologie che erano alla base della sua nascita, nel 2007, a un partito radicale, ma di massa, a differenza del partito radicale vero nomine, quello di Marco Pannella. Quest’ultimo, infatti, è stato un piccolo partito, mai premiato elettoralmente, ma che ha profondamente influenzato la cultura politica italiana a partire dagli anni Settanta — gli anni in cui stava per finire l’epoca delle ideologie —, quando, “indossando” le idee e le pulsioni del Sessantotto, riuscì a far fare al corpo sociale una “rivoluzione antropologica”. Il 1989 poi, con la caduta del Muro di Berlino, segnò definitivamente questo passaggio. Si apriva così la stagione dei cosiddetti diritti, rigorosamente individuali, al centro dei quali appunto vi era il single, un soggetto fluido, senza identità, né nazionale, né famigliare, né sessuale.

La Schlein incarna tutto questo itinerario.

La rivoluzione del ’68

Credo non sia inutile ripercorrerlo brevemente perché, per capire quanto accade oggi, bisogna sempre tornare indietro, cercare le cause, e quanto più si ritorna indietro nel tempo, tanto più si riesce a comprendere.

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A questo proposito, il soggetto da tenere sotto osservazione è il processo di secolarizzazione che ha investito l’Italia (e l’Europa) a livello di massa nella seconda metà del XX secolo, dopo avere investito le élite a partire dal Settecento. Questo processo non era nato per iniziativa delle forze socialcomuniste (Psi e Pci) che, al contrario, lo subirono malvolentieri perché toglieva forza alla loro azione rivoluzionaria, impostata sulla lotta di classe.

Il passaggio dalle élite alle masse avvenne con la rivoluzione culturale del 1968, che ebbe due aspetti principali. Il primo fu un tentativo di rinnovare integralmente la proposta comunista, ideologicamente, facendo riferimento al marxismo cinese o latino-americano invece di quello burocratico e triste realizzato in Urss, ma anche nei metodi, imboccando la strada del terrorismo. Il secondo aspetto del Sessantotto fu invece la rivoluzione antropologica, cioè la sovversione portata all’interno dell’uomo attraverso la rivoluzione sessuale, la diffusione della droga, infine l’ideologia gender.

Il Partito d’Azione

Chi portava avanti questa nuova fase del processo rivoluzionario? Secondo il filosofo Augusto Del Noce (1910-1989) e altri autori che seguirono il fenomeno, i protagonisti del cambiamento furono le forze culturali che facevano riferimento al Partito d’Azione, nato al tempo della Resistenza e attivo nel secondo dopoguerra, le quali, a differenza del Pci, lamentavano la mancata penetrazione in Italia del riformismo “luterano”, cioè dell’individualismo, che avrebbe potuto scalfire l’influenza della Chiesa cattolica che si era manifestata tale per lungo tempo dopo il Concilio di Trento (1545-1563): questa “egemonia cattolica” doveva essere contrastata frontalmente a differenza di quanto faceva il Pci sotto la guida di Palmiro Togliatti (1893-1964).

Il Partito d’Azione fallì completamente dal punto di vista politico-parlamentare, ma diversi dei suoi intellettuali avranno un peso importante nella storia italiana, contribuendo a cambiare la cultura del Paese attraverso le scuole e le università, condizionando la magistratura, influenzando diverse forze politiche, usando la stampa e l’editoria.

La svolta della Bolognina

Negli Anni Ottanta cambiò tutto. Cambiò la società, con la rivoluzione tecnologica che contribuì alla radicale diminuzione di numero della classe operaia, si esaurì il tentativo terroristico delle Brigate Rosse e, in generale, anche l’impulso della Rivoluzione bolscevica del 1917, come disse il segretario comunista Enrico Berlinguer (1922-1984) in una sua famosa intervista. La caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la fine dell’Urss nel 1991 saranno gli episodi emblematici di un cambio d’epoca.

Finita la stagione delle ideologie, iniziò il mondo attuale, post-moderno, dominato dal relativismo. Il Pci, con il segretario Achille Occhetto, fu il primo a capire quanto stava avvenendo e, con la “svolta della Bolognina”, la prima sezione storica del partito, nel 1991 cambiò nome e identità al partito, rinunciando al marxismo-leninismo in favore di una ideologia socialdemocratica poco caratterizzata, che cominciò ad abbracciare i cosiddetti “nuovi diritti” come punto di riferimento sempre più importante della propria azione politica. Era l’inizio della trasformazione dell’ex partito comunista nel partito radicale di massa.

Da Tangentopoli a Renzi

Sul versante cattolico, gli Anni Ottanta videro la scomparsa della Dc, travolta dalle inchieste dei giudici milanesi sulla corruzione politica (la cosiddetta Tangentopoli), ma anche dal venire meno della necessità di una “diga” anticomunista con la fine del pericolo “rosso”, in seguito allo scioglimento dell’Urss. Senza la Dc, i democristiani si divisero e la componente di “sinistra”, attraverso diverse peripezie di cui in questa sede non possiamo dare conto, arriverà a confluire nel 2007 nel Partito democratico, in cui erano confluiti i Democratici di sinistra dell’ex Pci e, appunto, la Margherita, gli ex Dc di sinistra, in una sorta di riedizione postuma del compromesso storico dei primi anni Settanta.

Il Partito democratico non ebbe mai una identità culturale precisa, sia per il venire meno della centralità della questione sociale, sia per la difficoltà di tenere insieme componenti diverse. Il Pd cercherà di “coprire” le nuove questioni, quella ecologica e quella relativa ai diritti, spostando il partito su posizioni sempre più radicali e laiciste, oltre che estranee alle esigenze e alle preoccupazioni della maggior parte della popolazione, la gente “normale” poco interessata a questioni ritenute del tutto secondarie, come l’inquinamento atmosferico e la questione ecologica, la legalizzazione del matrimonio omosessuale, l’utero in affitto, l’eutanasia o la legalizzazione delle varie droghe, e invece molto preoccupata della crisi economica che investì la classe media nel contesto della globalizzazione. Il Pd attraversò anche un conflitto interno al tempo della segreteria di Matteo Renzi, quando il Pd passò elettoralmente nel giro di pochi anni “dalle stelle alle stalle”, cioè dal 41 per cento dei voti raccolti alle elezioni europee del 2014 a un pesante ridimensionamento, fino all’uscita di Renzi dal partito cinque anni dopo.

I cattolici democratici

Sono decenni che sentiamo i “cattolici democratici” dentro il Pd periodicamente lamentarsi per le posizioni radicali e laiciste assunte dal partito nelle diverse circostanze storiche, ma costoro non hanno mai trovato il coraggio (e la lungimiranza) di prendere una posizione pubblica contraria alla linea del partito: gli interessi della “ditta” hanno sempre prevalso.

Sarà così anche dopo l’elezione della Schlein, quando il passaggio verso un partito radicale di massa sembra veramente essersi attuato completamente?

Tags: Achille Occhettoaugusto del noceelly schleinenrico berlinguerMatteo RenziPdursswalter veltroni
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