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Scaramucce, liti, ripicche. È proprio finito in Sicilia il “modello Crocetta”

La mozione di sfiducia al presidente presentata dagli ex "alleati" dell'M5s non passerà. Ma dal Muos allo scandalo formazione, così si sancisce la rottura tra grillini e il governatore siciliano

Chiara Rizzo
29/10/2013 - 19:42
Politica
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È in corso in queste ore la discussione della motivazione di sfiducia al presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, che è stata presentata dal Movimento cinque stelle, insieme al Gruppo Musumeci (la lista del candidato del Pdl principale avversario di Crocetta alle elezioni, ndr).
Il risultato in realtà è già scritto: Crocetta conta su 48 voti su 90 all’Assemblea regionale siciliana (Ars), tra Pd, lista il Megafono e Pdl, mentre difficilmente la mozione raggiungerà la quota 46 voti necessaria per essere approvata. Tuttavia esattamente un anno dopo l’elezione di Crocetta e l’avvio di quello che presto era stato battezzato “modello Crocetta”, l’alleanza cioè tra il centro sinistra e l’M5s, che nel parlamentino è risultato il partito con il maggiore numero di seggi: e oggi può essere indicata sicuramente come la fine di questo modello.

COME CROMWELL. Basterebbe ascoltare le parole scelte da Giancarlo Cancelleri, capogruppo dell’M5s per l’occasione. Ha citato il discorso di Oliver Cromwell nel 1653 al parlamento inglese, all’alba della rivoluzione che portò la repubblica nella Gran Bretagna: «È tempo per me di fare qualcosa che avrei dovuto fare molto tempo fa: mettere fine alla vostra permanenza in questo posto – ha esordito quindi Cancelleri –. Siete un gruppo fazioso, nemici del buon governo, banda di miserabili mercenari, scambiereste il vostro Paese con Esaù per un piatto di lenticchie. Siete diventati inesorabilmente odiosi, portate via la vostra chincaglieria luccicante e chiudete le porte a chiave». Siamo ad anni luce di distanza, dunque, dalle parole con cui Crocetta esortava l’allora segretario del Pd Pier Luigi Bersani a perseguire quel suo modello vincente, «il modello Sicilia», fatto da «una maggioranza in aula senza inciuci».
Anni luce di distanza anche dalle rassicurazioni che Crocetta, ancora in primavera, dava a tempi.it (leggi l’intervista), sebbene usando parole leggermente diverse: «Non è finito il “modello Sicilia”. Noi non abbiamo mai governato con i grillini, loro hanno dato solo la compiacenza a certi atti, e ora probabilmente in commissione Bilancio ci sono stati atteggiamenti inammissibili per loro. Ho esaminato i loro emendamenti, e li faremo nostri».

IL CASO MUOS. In questo arco temporale di dodici mesi, che in politica siciliana equivale quasi a tutte le ere geologiche messe insieme, ci sono stati prima maldipancia, poi ripicche, poi scandali, infine, appunto rottura. All’inizio una delle prime vicende a creare grattacapi è stata quella del Muos. I cinquestelle da tempo erano contrari alla base Nato realizzata in provincia di Gela: ma la base aveva il permesso dello stesso Governo italiano, oltre che del predecessore di Crocetta in Regione. Per i grillini tuttavia, Crocetta, dopo qualche esitazione, si mise persino contro gli Stati Uniti, ritirando il decreto di autorizzazione ai lavori. A luglio ha dovuto però annullare il suo stesso decreto di sospensione dei lavori nella base, dato che l’Istituto superiore della Sanità ha escluso pericoli per la salute dei siciliani.
Ad aprile si è aperta una seconda, lacerante, spaccatura, nella discussione sulla legge finanziaria e di Bilancio: i soli grillini in quell’occasione hanno presentato 400 emendamenti, che però sono stati rigettati in toto. I grillini hanno allora minacciato la rottura definitiva ma Crocetta all’ultimo minuto è riuscito a recuperarli, promettendo di inserire, prossimamente il reddito di cittadinanza, o di dignità, desiderato ardentemente dai grillini: operazione che sicuramente per il momento risulta un po’ dura, dato che in Sicilia c’è un deficit di 2,5 miliardi di euro, e Crocetta con i suoi assessori hanno dovuto fare i salti mortali per garantire una pezza d’appoggio al welfare attuale almeno per questo 2013, evitando la macelleria sociale. Infine sono scoppiati gli scandali, che hanno messo in discussione questo precario equilibrio e gioco delle parti.

FONDI UE. Decisivi sono stati i fondi europei: a luglio i M5s e il Pdl di Musumeci (che all’epoca non si aveva ancora creato il proprio gruppo autonomo all’Ars, ndr) hanno presentato la prima mozione di sfiducia perché la Sicilia rischia di perdere almeno 600 milioni di euro di Fondi Ue per la mancata programmazione politica della spesa. Crocetta ha risposto promettendo che sicuramente i fondi sarebbero stati sbloccati per tempo e avrebbe risolto tutto, facendo i salti mortali: ma ad oggi il problema rimane aperto. È stata proprio la mancata spesa dei fondi il motivo per cui anche ora si è arrivati alla sfiducia firmata da M5s e Gruppo Musumeci.

FORMAZIONE PROFESSIONALE. All’inizio dell’estate è scoppiato lo scandalo formazione, con l’indagine partita a Messina che ha portato fin dall’inizio all’inquisizione di Francantonio Genovese, deputato Pd, risultato il primo degli eletti in Sicilia e recordman di preferenze, di sua moglie, del cognato e di altre persone.
Tra queste è finita ai domiciliari anche la moglie dell’ex sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca (del Pdl), che, come la signora Genovese, lavorava nella formazione. Quello che secondo l’accusa sarebbe emerso è un sistema di prestazioni gonfiate, corsi fasulli, fondi frodati per spese personali: sprechi da almeno 2,5 milioni di euro, che secondo gli inquirenti sarebbero stati agevolati anche da una dirigente del Dipartimento formazione professionale della regione, Concetta Cimino, collaboratrice di Genovese e tesoriera del Pd di Messina.
Pochi giorni dopo è esploso lo scandalo Ciapi, un’inchiesta su 15 milioni di euro per corsi di formazione professionale mai partiti, che ha coinvolto 34 persone tra ex assessori e attuali dirigenti regionali.
A ottobre è esploso lo scandalo della formazione anche a Catania, con quattro enti di formazione che avrebbero frodato 61 milioni di euro di fondi regionali (con dettagli di prestazioni lavoro mai eseguite per almeno 9 milioni di euro). Per tutto ciò la responsabilità di Crocetta sarebbe, secondo i suoi avversari politici, esclusivamente e squisitamente politica. Crocetta si era fatto paladino di una rivoluzione, che avrebbe dovuto eliminare gli sprechi proprio a partire da questo specifico settore. Invece, né lui, né l’assessore all’Istruzione Nelli Scilabra avrebbero fatto alcunché, nemmeno i più ovvi controlli sul sistema regionale di spesa e di suddivisione dei fondi. Così oggi in aula si è arrivati alle parole di Cancelleri: «La rivoluzione di Crocetta non ha portato a niente».

Tags: Fondi UeMovimento 5 StellePalermoPdpier luigi bersaniRosario Crocettasfiduciasicilia
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