La preghiera del mattino

Più che una riforma della giustizia, è panico da referendum

Di Lodovico Festa
08 Febbraio 2022
Rassegna ragionata dal web su: il Mattarella bis che trasforma tutto in emergenza, la "sorprendente" sensibilità della procura di Milano verso la privacy degli indagati (se sono pm) e molto altro ancora
Mario Draghi e Marta Cartabia
Il premier Mario Draghi con il ministro della Giustizia Marta Cartabia (foto Ansa)

Su Atlantico quotidiano Anna Bono scrive: «In poco più di un anno nell’Africa subsahariana sono stati realizzati sei colpi di Stato. Sarebbero sette se non fosse fallito quello appena tentato in Guinea Bissau».
Il frenetico (e talvolta persino positivo) attivismo di Emmanuel Macron non può far dimenticare il suo fallimento in un’area decisiva per la Francia: si colgono così con la massima nettezza gli evidenti limiti di un potere essenzialmente tecnocratico.

Su Open si riporta una frase di Giuseppe Conte: «C’è un piano politico-sostanziale e uno giuridico-formale che segna questa sospensione. Sospensione a cui si risponde con un bagno di democrazia».
C’è sempre qualcosa di irresistibilmente ridicolo in ciò che dice Conte, che al suo meglio ricorda Groucho Marx quando fa il primo ministro in Duck Soup.

Su Formiche Giuseppe Fioroni scrive: «Dice Graziano Delrio che il centro è una proposta vecchia».
Fioroni, Delrio, Mattarella, Enrico Letta ma anche Dario Franceschini, Lorenzo Guerini, Luigi Zanda e così via: la discussione reale nel Pd avviene tra andreottiani, morotei, basisti, forzanovisti, fanfaniani. Ogni tanto interviene un ex comunista tipo Goffredo Bettini, e tutti ammiccano.

Su Huffington Post Italia Claudio Paudice scrive: «Se la Bce “dovesse alzare rapidamente i tassi, questo avrebbe un impatto sui prezzi dell’energia? Non credo proprio”. Oppure: “Scatenerebbe all’improvviso un meraviglioso traffico di container e camion? Non credo nemmeno questo”. A pochi giorni dal Consiglio direttivo che per la prima volta ha aperto all’ipotesi (non escludendola) di un rialzo dei tassi nel corso del 2022 Christine Lagarde ha incontrato la Commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo per parlare dello spettro che aleggia sulla ripresa economica dopo il Covid: l’inflazione».
Nell’Unione Europea stanno iniziando a capire che cosa significa avere una Lagarde invece di un tipo come Draghi alla Bce. In Italia vedremo presto che cosa implica non avere un Draghi al Quirinale.

Su Formiche Gennaro Malgieri scrive del centrodestra: «Un deserto di macerie dal quale nessuno degli interessati avrà la forza, in tempi ragionevoli, per rimuoverle ed inventarsi una “cosa“ nuova, piuttosto che una “fusione a freddo” a puro scopo elettorale».
Tra il pessimismo e il catastrofismo dell’intelligenza c’è nonostante tutto una piccola differenza.

Su Dagospia Carlo Calenda dice: «L’ultimo sondaggio ci dà al 5,1 per cento: siamo il sesto partito italiano. Con gli amici di +Europa possiamo arrivare al 10 per cento, c’è uno spazio gigantesco».
Calenda continua a usare lo shampoo Libera e bella che gli ha consigliato il suo vecchio amichetto Luca Cordero di Montezemolo. Però quest’ultimo non gli ha spiegato che oltre a lisciargli il ciuffo, gli monta la testa.

Su Huffington Post Italia si cita questo passo del discorso di giuramento di Sergio Mattarella: «Poteri economici sovranazionali tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico».
Dette da chi ha distorto (politicamente, non illecitamente, sia chiaro) il processo democratico lavorando per evitare che il voto anticipato ricostruisse una base di legittimità a un Parlamento evidentemente sbandato, queste parole hanno un suono particolarmente marziano.

Su Huffington Post Italia Federica Fantozzi scrive: «In partenza per l’Italia a bordo del camper elettorale, Matteo Renzi aziona il freno sul grande centro: “No al futuro costruito in provetta o con operazioni dall’alto».
Come diceva la volpe di Esopo (tradotta in latino) dell’uva che non riusciva a raggiungere? «Nondum matura est». Non è ancora matura.

Su Affaritaliani si scrive: «La posizione pro-Cremlino dell’ex cancelliere ha turbato Berlino, soprattutto nel contesto delle tensioni tra Mosca e i paesi occidentali sull’Ucraina al punto che la deputata Fdp Marie-Agnes Strack-Zimmermann ha reagito all’annuncio di Gazprom, chiedendo di mettere in discussione i privilegi di Schröder come ex cancelliere, compreso un ufficio e uno staff nel parlamento tedesco. Su Twitter, lo ha accusato di “danneggiare lo Stato che dovrebbe servire” “lasciandosi pagare profumatamente da un autocrate”».
Il nostro giornalista collettivo nazionale ha iniziato una campagna sul putinismo di Matteo Salvini che impensierirebbe Washington. Così a occhio mi pare che negli Stati Uniti siano molto più attenti a che cosa sta combinando il Gerhard Schröder di cui parlano le righe pubblicate sopra, già a lungo cancelliere e ancora autorevole esponente della Spd del cancelliere Olaf Scholz.

Su Strisciarossa Oreste Pivetta scrive: «Dovremmo ancora chiederci se a meglio riflettere il paese e la sua politica e la sua morale sia stata l’assemblea che l’altro ieri ha applaudito cinquantacinque volte Mattarella o quella che, solo pochi giorni prima, saltabeccante e inconcludente, incompetente e irrispettosa, non sapeva a che santo voltarsi, all’inseguimento di un “colpo di mano” vincente o semplicemente di una “proroga”, in nome della sopravvivenza. Ovviamente tendo al secondo corno dell’alternativa».
Ovviamente.

Dagospia cita Luigi Ferrarella che in una articolo sul Corriere della Sera scrive di una perizia effettuata sul cellulare del pm Fabrizio De Pasquale: «Milano non la consegna: perché trova generica la richiesta, adduce la privacy dell’indagato».
Fantastico: la procura di Milano (poi ridotta a più miti consigli) solleva questioni di privacy. Come se YouPorn ponesse una questione di pudore violato.

Su Atlantico quotidiano Tommaso De Filippo scrive: «L’ipotesi federalista potrebbe in tal senso rivelarsi risolutrice, basandosi sul merito: non verrebbero più prelevati soldi dalle casse di alcune Regioni per compensare i deficit economici di altre. L’impossibilità di ricevere aiuti economici a fondo perduto, figli di una visione assistenzialista ed obsoleta, potrebbe favorire l’assunzione di responsabilità delle classi dirigenti e dei cittadini in determinati contesti della nostra penisola. Una soluzione drastica ma necessaria per risollevare le sorti del Sud Italia, che ad oggi sembra destinato a rimanere l’anello debole della catena produttiva nazionale, aggrappato in troppe fasce sociali ad esclusive visioni di comodo e giustificazioni campanilistiche. Una vergognosa abitudine che ferisce e indigna i tanti meridionali che non si rassegnano a questa prospettiva, ritenendo che il Sud possa e debba allinearsi agli standard di efficienza del resto del paese. Pertanto, è ancor più necessario riprendere la battaglia federalista, accanto ad una retorica dei doveri, pari e non inferiore a quella dei diritti, in tutta Italia».
La forzatura costituzionale della rielezione (legittima ma appunto forzata) di Sergio Mattarella, il 75 per cento di italiani che vorrebbero una elezione diretta del presidente, la corsa forsennata a una riforma della magistratura che eviti il referendum: sono tutti segni che la crisi dell’Italia non è solo dei partiti ma proprio dello Stato. De Filippo centra il terzo tema urgente anche per preparare una fase dopo quella ultra centralizzata rappresentata dal contrasto alla pandemia e dalla gestione rapida degli investimenti Pnrr: il federalismo. Magari si potrebbe, poi, fare anche un’escursione su un legame tra nuovo finanziamento della politica e primarie. Bisognerebbe però dare un orizzonte concreto e unificante alle questioni che sono in campo. Non si può pensare a una nuova costituente?

Su Tgcom si scrive: «”C’era una direttiva mia, del ministero dell’Interno, per tutto il periodo della pandemia” che vieta i cortei “per ragioni di salute pubblica, però d’altra parte evidentemente c’è stato un cortocircuito” tra i ragazzi che volevano manifestare e le forze di polizia che si sono trovate “con una cinquantina di persone che volevano manifestare in una zona non prevista”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, a proposito delle manifestazioni, represse dalle forze dell’ordine, per la morte di un 18enne in provincia di Udine, nell’ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro».
Il cortocircuito è stato determinato da un ministro che dovrebbe avere una mentalità da politico e invece ragiona come quel prefetto (anche capace) che è.

Sul Sussidiario Antonio Pagliano scrive: «La grande riforma della magistratura passa dunque, prima di tutto, dalla riforma dei meccanismi di progressione di carriera e quindi della valutazione di professionalità, che avrebbe anche il pregio di responsabilizzare il magistrato per ciò che fa. Non è un mistero che oggi il giudice non risponde mai a nessuno della qualità del proprio lavoro, venendo così totalmente deresponsabilizzato, nella consapevolezza che tanto andrà avanti ugualmente. Ebbene, questo tema è del tutto ignorato dal progetto di riforma, che si limita a prevedere l’introduzione di un ulteriore livello di giudizio».
La riforma Cartabia sembra più un provvedimento da panico per il referendum che quella scelta organica di cui c’è bisogno. La rielezione di Sergio Mattarella allontanando quel ritorno della politica che solo un voto anticipato che rilegittimi il Parlamento può garantire, trasforma tutto (oltre ai sacrosanti contrasto alla pandemia e attuazione degli investimenti Pnrr) in una confusa emergenza. Draghi o il caos? Il caos.

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