Per l’ansia di non essere “divisivi” i cattolici finiranno per tacere su tutto

Di Peppino Zola
17 Luglio 2019
Oggi tanti cristiani vivono un equivoco: pensano che la polemica sia contraria alla carità. Falso: si può essere polemici proprio per carità verso l’altro e verso un intero popolo
autocensura

Caro direttore, ogni tanto, la moda (questa grande nemica dell’originalità cristiana – vedansi Chesterton e don Giussani) impone l’uso di alcune parole, che di solito coincidono con ciò che desidera il “pensiero unico”. Nel nostro tempo, poi, la moda impone anche grandi sciocchezze, come quella apparsa in questi giorni su La civiltà cattolica”, ex autorevole rivista dei gesuiti: vi si legge, infatti, a proposito di «migranti», che «Adamo ed Eva devono lasciare la loro prima dimora, il Paradiso» (sic!!!). Considerare Adamo ed Eva dei migranti è una cosa da frizzi e lazzi! Ma torniamo a noi.

In questo periodo c’è una espressione che i cattolici, divenuti schiavi della “moda”, sentono il dovere di pronunciare continuamente, per sentirsi accettati dal “mondo”. E l’espressione è questa: “Non dobbiamo essere divisivi”. È evidente che la pace deve essere preferita alla guerra e che l’armonia deve essere preferita all’odio: mi pare quasi banale. Ma il problema è che dobbiamo vivere nella realtà e, soprattutto, non dobbiamo tradire la verità per l’ossessione di non essere “divisivi”.

Mi risulta che un grande evento culturale gestito da cattolici si è rifiutato di organizzare un incontro sul tema del “fine vita”, perché esso sarebbe, cosa orribile, “divisivo”. Ho letto che il vescovo Vincenzo Paglia, che dovrebbe tutelare sempre e comunque la vita, di fronte all’assassinio di Vincent Lambert, sia più preoccupato di sottolineare che il “conflitto” non aiuta che di condannare senza se e senza ma un tragico episodio che fa tornare indietro la nostra civiltà di duemila anni. Vedo molti cattolici molto preoccupati di organizzare incontri solo con persone e intellettuali che sicuramente non creeranno problemi, cioè con gente che, sostanzialmente, la pensa allo stesso modo: così sono sicuri di non essere “divisivi”.

Esasperando, come si sta facendo, la preoccupazione di non essere divisivi, si finirà con il tacere su tutto; non si riuscirà più a parlare di alcunché, neppure di calcio (tema altamente divisivo) e tanto meno di donne (con grave crisi dei bar). Ma tornando seri, si potrà continuare a votare, visto che le campagne elettorali sono altamente divisive? Si potrà ancora discutere? O saremo messi a tacere dal potere di turno? I dittatori, infatti, non sono “divisivi”, ma potentemente “unitari”.

Penso che questa vera e propria ossessione di non essere “divisivi” deriva, nei cristiani, dalla grande scomodità di essere creature “nuove”, cioè diverse da quello che vorrebbe il “mondo”. Senza accorgersi, i cattolici non “divisivi” stanno diventando dei piccoli borghesi, paurosi di essere una minoranza nel mondo e, quindi, venendo meno al dovere di essere sale e lievito. I cattolici non sono chiamati ad essere dei perbenisti borghesi, ma persone pronte al martirio, pur di testimoniare la verità e la carità di Cristo. Così facendo, tra l’altro, dimenticano alcune pagine fondamentali del Vangelo.

Faccio un esempio: ieri, nel rito romano, la lettura del Vangelo proponeva un testo molto scomodo, che il sacerdote non ha, naturalmente, commentato, perché, ha detto, ci vorrebbe san Bonaventura (era il santo del giorno) per spiegare un testo «così strano». Il testo “strano” era quello che diceva così:

«Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Perché sono venuto a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno i suoi famigliari».

Ed allora come la mettiamo? Anche Gesù era “divisivo”? Evidentemente no, ma ci profetizzava ciò che avviene quando noi riusciamo a testimoniare in modo integrale che Cristo, con tutto ciò che da Lui consegue, è morto per noi ed è risorto. Quando noi siamo veri nel nostro annuncio, è impossibile non fare arricciare il naso (quando tutto va bene) al “mondo”. E se il mondo ci accetta tranquillamente, quasi sempre è perché noi siamo molto tiepidi in questo annuncio. Troppo spesso l’ossessione di non essere divisivi coincide con il desiderio di stare tranquilli e di essere accettati dalla mentalità mondana. Cristo stesso è stato ucciso, perché ritenuto “divisivo”: Egli non ha preferito la Sua tranquillità.

Il servo di Dio don Luigi Giussani, nel suo libro L’io il potere le opere, cita un autore che leggeva in seminario, il quale scriveva che «Dio è entrato nel mondo in polemica con il mondo». Forse, oggi tanti cattolici vivono un equivoco: pensano che la polemica sia contraria alla carità. Totalmente falso: si può essere polemici, per amore della verità, proprio per un gesto di carità verso l’altro e verso un intero popolo.

Lo stesso don Giussani, al termine di un suo memorabile intervento al Meeting di Rimini ebbe ad augurare a noi adulti di «non stare mai tranquilli». Preghiamolo perché ci aiuti ad essere veri e integrali nella carità. Senza paura di essere minoranza o di essere perseguitati.

Peppino Zola

Foto seeyou/Shutterstock

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